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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 9 al 15 dicembre.
Danza e teatro
Di fronte al dolore degli altri
Con un nuovo cast, Virgilio Sieni ripropone una produzione di molti anni fa ma oggi più che mai attuale: Sonate Bach. Di fronte al dolore degli altri (a Firenze, Cango Cantieri Goldonetta, dal 19 al 22 dicembre). Lo spettacolo si compone di 11 danze dedicate ad altrettante efferate tragedie di guerra (Gaza, Jenin in Palestina, Sarajevo, etc..) sulle musiche di J. S. Bach. Il coreografo parte dagli scatti fotografici di alcuni reporter di guerra per costruire delle danze “in omaggio”. Il sottotitolo Di fronte al dolore degli altri fa riferimento al libro di Susan Sontag Davanti al dolore degli altri.
Nelle società contemporanee, in cui i mezzi di informazione hanno un ruolo sempre più centrale, le immagini di guerra ci rendono sempre più indifferenti. Nella visione di Sieni attraverso la danza e il gesto possiamo trasfigurare il dolore con un affondo che commuove profondamente. Sono 11 coreografie che deflagrano nel gesto del dolore e della pittura, e ci rammentano altrettanti avvenimenti tragici accaduti nei conflitti recenti.
11 date emblematiche raccolte intorno agli 11 brani che compongono le 3 Sonate di J.S.Bach. Fotografie di corpi che si diluiscono attraversando la dinamica e la figura, cercando un approccio irrisolvibile all’orrore. La danza qui afferma lo sforzo di evocare da queste macerie di esistenza una bellezza impossibile e paradossale, da cesellare con lo strumento etico e politico per eccellenza: il gesto. L’attenzione torna quindi alla questione del corpo, al suo significato, alla sua complessità e attualità. La sola risposta che si offre è ancora quella rivolta allo sguardo del pittore del ‘300: la sublimazione della tragedia nella trasfigurazione artistica senza commento, che coinvolge insieme l’umano e il sacro, il singolare e l’universale.
Il Gennareniello di Lino Musella
Dopo il successo del felice allestimento del 2020 Tavola tavola, chiodo chiodo – nel quale dava voce e corpo alle parole di Eduardo De Filippo rintracciate tra lettere, appunti, carteggi, discorsi istituzionali e i molti appelli riguardanti le vicende per la riapertura del Teatro San Ferdinando – l’attore e regista Lino Musella torna ad omaggiare il teatro e la figura di Eduardo scegliendo di mettere in scena una delle meno rappresentate e conosciute commedie del maestro qual è Gennareniello, scritta nel 1932, un anno dopo Natale in casa Cupiello. «Gennareniello – dichiara il regista – è uno spettacolo molto diverso e lontano da Tavola tavola, chiodo chiodo. Lì la sfida era affrontare la complessità di Eduardo come uomo di teatro, attivista, intellettuale militante».
«Qui – continua Musella – l’intenzione è di restituire la “lezione della semplicità”, l’altra faccia di una stessa medaglia. Gennareniello è, in fondo, una sorta di bozzetto del teatro di Eduardo, del suo modo di raccontare la famiglia, le sue varianti. In questo spaccato naturale si osserva il semplice trascorrere del tempo senza particolari avvenimenti o intrecci, si ascoltano versi di poesie e canzoni, che a Napoli spesso sono la stessa cosa, e si partecipa alla vita che accade mentre si lascia spazio al sonetto che contiene. A Gennareniello basta affacciarsi a una terrazza per esistere, per regalarci l’umanità che porta in scena, per sussurrarci quel che di unico è racchiuso tra la disperata e commovente bellezza della vita che passa».
“Gennareniello”, di Eduardo De Filippo, regia Lino Musella, con Tonino Taiuti, Gea Martire, Lino Musella, Roberto De Francesco Ivana Maione, Dalal Suleiman, Alessandro Balletta, Daniele Vicorito, scene Paola Castrignanò, costumi Ortensia De Francesco, disegno luci Pietro Sperduti, sound design Guido Marziale. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. A Napoli, Teatro Mercadante, dal 20 dicembre 2024 al 5 gennaio 2025.
Lo Schiaccianoci al Teatro dell’Opera di Roma
È il tradizionale balletto delle feste natalizie ad aprire la stagione di danza 2024/25 del Teatro dell’Opera di Roma. Dal 15 al 24 dicembre torna Lo schiaccianoci di Čajkovksij nella visione coreografica di Paul Chalmer. Gli elementi oscuri e psicologici della trama originale lasciano il posto a una favola amata da grandi e piccoli che racconta di come, allo scoccare della mezzanotte di un magico Natale, i sogni e i desideri della giovane Clara inizino a realizzarsi.
Il 15, 22 e 24 dicembre sono attesi due ospiti internazionali: Maia Makhateli, principal del Dutch National Ballet, e Julian MacKay, principal del Bayerische Staatsballett, che sale per la prima volta sul palcoscenico del Costanzi, rispettivamente nei ruoli della Fata Confetto e del suo Cavaliere. Con loro si alternano le stelle dell’Opera di Roma, le étoiles Alessandra Amato e Rebecca Bianchi, i primi ballerini Federica Maine, Marianna Suriano e Michele Satriano, e i solisti Mattia Tortora e Giacomo Castellana; questi ultimi vestono anche i pan ni di Drosselmeyer in alternanza con il primo ballerino Claudio Cocino.
L’étoile Alessio Rezza è il Principe Schiaccianoci con il solista Walter Maimone e con Simone Agrò. L’allestimento del Teatro dell’Opera di Roma vede le scene di Andrea Miglio, i costumi di Gianluca Falaschi, i video di Igor Renzetti e Lorenzo Bruno e le luci di Valerio Tiberi che hanno fatto sognare già al debutto assoluto dello scorso anno. Sul podio romano sale per la prima volta la direttrice Andrea Quinn.
Haber nella coscienza di Zeno
Capolavoro della letteratura del Novecento di respiro europeo, ironico e affascinante, La coscienza di Zeno ha celebrato nel 2023 i cent’anni dalla pubblicazione. Il romanzo psicanalitico di Italo Svevo possiede una vivace teatralità per la sperimentazione di una scrittura innovativa e per il suo essere dominato dalla coinvolgente, complessa e attualissima figura di Zeno Cosini, emblema dell’uomo senza qualità novecentesco.
Avendo smarrito tutte le certezze e i punti di riferimento, Zeno è incapace di prendere qualunque decisione, a cominciare dalla più semplice come smettere di fumare; conseguentemente è votato al fallimento nei rapporti interpersonali, nel matrimonio, negli affari. Nello spettacolo diretto da Paolo Valerio il protagonista ha il volto di Alessandro Haber, un attore dal carisma potente e dall’istinto scenico assolutamente personale, che sa coniugare ironia e profondità fuori da ogni cliché.
«Ho voluto racchiudere in questa esperienza teatrale – dichiara il regista – alcune pagine che trovo straordinarie, indimenticabili, costruendo un altro Zeno accanto all’Io narrante. Quindi Zeno, interpretato da Haber, si racconta e si rivive attraverso il corpo di un altro attore. Zeno ci rivela l’inciampo, l’umanità… E anche il personaggio di Haber s’intreccia a questa inettitudine e talvolta, durante lo spettacolo, si sovrappone l’uomo all’attore, per sottolineare l’originalità della vita».
“La coscienza di Zeno”, di Italo Svevo, adattamento Monica Codena e Paolo Valerio, con Alessandro Haber, Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo; regia di Paolo Valerio, scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, luci di Gigi Saccomandi. Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production. A Palermo, Teatro Biondo, dal 17 al 22 dicembre.
Il Teatro delle Ariette e Noi siamo un minestrone
In uno spazio quadrato, al centro su tavoli bassi ci sono due pentole e tutto il necessario per fare il minestrone. Attorno, attori e spettatori, seduti sulle sedie partecipano alla preparazione di questo piatto, così umile e quotidiano da appartenere alla vita di tutti. Più che uno spettacolo meglio pensarlo come «un incontro, un pezzo di tempo, un’ora di tempo vissuta poeticamente cercando quello che c’è prima delle parole e quello che resta dopo che sono state pronunciate e dimenticate. Un pezzo di vita per tutte le cose da raccontare, sull’amore, sul teatro, sulla forza delle piante e l’energia degli animali, su come sarebbe facile, in fondo, essere felici. In un tempo di guerre, uno spettacolo per raccontare l’amore e per ritrovare il senso e il piacere del gioco. Uno spettacolo per immaginare il presente».
Noi siamo un minestrone prosegue il percorso di ricerca del Teatro delle Ariette. «Abbiamo più di sessant’anni, ci conosciamo dal 1978, da 35 anni viviamo alle Ariette e la nostra compagnia ne ha compiuti ventotto. Anni fatti di mesi, di giorni, di ore e minuti. Un tempo infinito, un’eternità, un attimo – scrivono Paola Berselli e Stefano Pasquini, la compagnia degli attori-contadini, del teatro da mangiare, dell’autobiografia. – È il cammino della vita, la ricerca dell’identità. È la risposta a quella prima domanda: chi siamo noi? Noi chi? Paola e Stefano, oppure io e te, attori e spettatori, noi gruppo, società, massa? Siamo un minestrone.
Noi siamo un minestrone [Imagine], la nuova creazione del Teatro delle Ariette, Arriva al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, dal 18 al 21 dicembre.
Cinismo e ironia di Generazione Disagio
Due spettacoli di Generazione Disagio, ad alto tasso di cinismo e ironia (a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 16 e 17, e il 18 e 20 dicembre). Crisi personali, generazionali e mondiali viste attraverso prospettive ribaltate che moltiplicano le risate. Dopodiché stasera mi butto, che ha debuttato all’Elfo 10 anni fa, è un gioco dell’oca che invita lo spettatore a scaricare tutti i suoi problemi su un attore-pedina. Capitalism* è un cortocircuito di domande e risposte tra terapeuta e paziente… Si ride, ci si affligge, soprattutto si ride. Un po’ si sogna.
Enrico Pittaluga e Graziano Sirressi qui si alternano in un monologo comico a due voci che parte da un interrogativo fondamentale: può esistere un nuovo modello di società o l’unica via è il Capitalismo? Anzi Capitalism*, perché è un problema che riguarda tutt*. Lo spettacolo attraversa tentativi grotteschi di scardinare il sistema, per uscire dal tunnel in cui viviamo. Si viaggia nel tempo e nello spazio alla ricerca della felicità, cercando di conciliare la voglia di affermazione e l’identità, la fragilità e la competizione, il senso della vita e il senso di colpa, le citazioni motivazionali di Walt Disney e Karl Marx.
Un nuovo Schiaccianoci al Teatro San Carlo di Napoli
Nuova produzione dello Schiaccianoci del Teatro San Carlo di Napoli, affidata al coreografo Simone Valastro, che rilegge la storia natalizia senza tempo, ricca di magia (dal 20 dicembre al 3 gennaio). Il balletto in due atti e tre scene, avrà la direzione di Matthew Rowe♭, e la presenza dei primi ballerini Luisa Ieluzzi, Anna Chiara Amirante, Giorgia Pasini, nel ruolo di Clara, e Alessandro Staiano, Danilo Notaro, e Salvatore Manzo in quello del Principe; le scene sono firmate da Nicola Rubertelli, i costumi da Giusi Giustino, e le luci da Madjid Hakimi. Nato dalla collaborazione tra il coreografo Marius Petipa e il musicista Petr Ilic Cajkovskij, l’attuale popolarità de Lo Schiaccianoci – una delle composizioni più eseguite e rivisitate nel corso del tempo – è, in parte, dovuta a Willam Christensen, fondatore della compagnia San Francisco Ballet, che importò il lavoro negli Stati Uniti nel 1944 e, in parte, a George Balanchine che, con la prima rappresentazione nel 1954, rese il balletto una delle opere natalizie messe in scena ogni anno.
La Signora delle camelie
Se Marguerite Gautier è il fantasma al centro del racconto di Armand Duval, nella messinscena di Giovanni Ortoleva, giovane promessa della regia contemporanea, si manifesta una forte riflessione sul fantasma di una società patriarcale che sfoga le sue tensioni sul corpo della donna. Una storia di allora che ancora riguarda tutte e tutti noi. La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, testo di sorprendente violenza sociale, ha dato origine ad uno degli “stereotipi” femminili più intensi dell’800 diventando modello di moltissimi prodotti artistici di grande successo.
Nel corso dei secoli l’amore impossibile tra Marguerite Gautier e Armand Duval ha continuato a ripetersi diventando, forse, il più grande mito romantico moderno, ma il romanzo di Dumas figlio è piuttosto basato su una storia vera e ha mantenuto intatta anche tutta la sua brutalità, nonostante le intenzioni reazionarie e moralizzanti del suo autore. E così, mentre il mito, ripetizione dopo ripetizione, si fa più stucchevole e sentimentale, La signora delle camelie diviene soprattutto la cronaca impietosa di un omicidio sociale, in cui la violenza classista smaschera il romanticismo che l’ha coperta. Uno spettacolo teso tra l’Ottocento e l’ultra contemporaneo, che racconta, insieme agli struggimenti e alla nobiltà d’animo della sua eroina, il voyeurismo e la perversione di una società che sfoga le sue tensioni sul corpo della donna.
“La signora delle camelie”, liberamente tratto dal romanzo di Alexandre Dumas figlio, drammaturgia e regia Giovanni Ortoleva, dramaturg Federico Bellini, con Gabriele Benedetti, Anna Manella, Alberto Marcello, Nika Perrone, Vito Vicino; scene Federico Biancalani, costumi Daniela De Blasio, musica Pietro Guarracino, movimenti di scena Anna Manella, disegno luci Davide Bellavia. Produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, Elsinor – Centro di Produzione Teatrale, TPE – Teatro Piemonte Europa, Arca Azzurra Associazione Culturale. A Torino, Teatro Astra, dal 17 al 22 dicembre.
Il Re Chicchinella di Emma Dante
Dopo La Scortecata e Pupo di zucchero, con Re Chicchinella, adattato da una fiaba de Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerelle, meravigliosa raccolta di novelle in lingua napoletana di Giambattista Basile, la regista Emma Dante conclude il progetto con l’immaginifico universo dello scrittore campano affidandone l’interpretazione a Carmine Maringola e una numerosa compagnia di attori. C’era una volta un re che un giorno se ne tornava dalla caccia felice e soddisfatto quando sentì il bisogno di andare di corpo.
Re Chicchinella racconta la storia di un re malato, solo e senza più speranze, circondato da una famiglia anaffettiva e glaciale che ha un solo scopo, ricevere un uovo d’oro al giorno. L’animale vive e si nutre, divorando lentamente le viscere del re, fino a quando non si scopre che per il mondo il re e la gallina sono la stessa cosa. Dopo 13 giorni d’inedia, Re Carlo III d’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, principe di Giugliano, conte d’Orleans, visconte d’Avignon e di Forcalquier, principe di Portici Bellavista, re d’Albania, principe di Valenzia e re titolare di Costantinopoli, entra nella sua nuova esistenza e, appollaiato sul trono, riceve il plauso di tutta la Corte.
“Re Chicchinella”, di Emma Dante, con Carmine Maringola, Angelica Bifano, Viola Carinci, Davide Celona, Roberto Galbo, Enrico Lodovisi, Yannick Lomboto, Davide Mazzella, Simone Mazzella, Annamaria Palomba, Samuel Salamone, Stephanie Taillandier, Marta Zollet, scene e costumi Emma Dante, luci Cristian Zucaro. A Macerata, Teatro Lauro Rossi il 17 e 18 dicembre, e al Teatro Rossini di Pesaro, dal 19 al 22.
District Dance Festival a Roma
Prosegue a Roma, la terza edizione di District Dance Festival, festival dedicato alla danza contemporanea, ideato e organizzato dalla compagnia Atacama con la direzione artistica di Patrizia Cavola e Ivan Truol (dal 10 al 22 dicembre), che ha visto in scena alcune compagnie italiane: EgriBiancoDanza, Ariella Vidach Aiep, Res Extensa, Ersilia Danza, Luna Dance Theatre, Compagnia Petranuradanza – Megakles Ballet, Fabula Saltica.
Al debutto romano, dal 20 al 22 dicembre la Compagnia Atacama presenta tre performance tratte dal progetto Lost Solos, l’ultima produzione che, ispirandosi alla rotta migratoria sbagliata di uccelli solitari fuori dallo stormo di appartenenza, dà corpo alla creazione di tre assoli per differenti danzatori (Lost Solos – Bianco con Nicholas Baffoni, Lost Solos – Blu con Camilla Perugini, Lost Solos – Rosso con Valeria Loprieno) in un progetto coreografico a cura di Patrizia Cavola e Ivan Truol di intersezione delle arti, unendo l’elaborazione della danza/poesia fisica a un lavoro di costruzione delle immagini pittorico e visionario, all’uso della parola e del suono.
Riflessioni politiche, nell’era del virtuale e delle guerre, delle pandemie e dell’emergenza climatica, del consumismo e del capitalismo, sono presenti in Essence (il 20 dicembre) a cura di Mandala Dance Company, compagnia diretta da Paola Sorressa, che affronta la delicata questione di cosa, nonostante le apparenti diversità, ci lega indissolubilmente gli uni agli altri a brevi e lunghe distanze temporali e territoriali.
Lo Schiaccianoci al Teatro Massimo di Palermo
Tra i balletti più amati e attesi del repertorio classico, torna in scena al Teatro Massimo di Palermo, fino al 22 dicembre, Lo Schiaccianoci, la fiaba di Natale, musicata da Pëtr Il’ič Čajkovskij. Il balletto viene riproposto nella versione con le coreografie di Jean-Sébastien Colau e Vincenzo Veneruso per il Corpo di ballo del Teatro. Sul podio dell’Orchestra del Teatro dirige la giovane e affermata direttrice slovena Mojca Lavrenčič.
La coreografia riscrive la favola basandosi sulla storia di E. T. A. Hoffmann, attualizzandola e ambientandola a Palermo pur rispettando i due temi principali dello Schiaccianoci e del genere “racconto di Natale”: l’elemento fantastico e l’attenzione ai problemi sociali, trattati sempre con la leggerezza della fiaba. I personaggi principali non sono più Marie e lo Schiaccianoci, ma Maria e Dario, un povero ambulante, che vende castagne e frutta secca insieme al fratello Pietro per le strade della città di Palermo. Sarà lui, Pietro, a subire l’incantesimo del Re dei topi e a rimanere chiuso nel guscio di legno del pupazzo Schiaccianoci, nell’impossibilità di comunicare col mondo e suggerendo con questa trasformazione una metafora dei problemi che oggi opprimono molti ragazzi: la malattia, la droga, la generale difficoltà di comunicare, in un’epoca in cui si è sempre connessi. Nei ruoli principali si alternano due coppie di solisti: Yuriko Nishihara e Alessandro Cascioli e Martina Pasinotti e Alessandro Casà.
Daniele Pecci è Oscar Wilde
Divagazioni e Delizie, il testo teatrale di John Gay, autore statunitense recentemente scomparso, è formato totalmente da scritti di Oscar Wilde, siano essi romanzi, brevi racconti, commedie, saggi, lettere o semplicemente aforismi. La bravura dell’autore è stata quella di inventare il presupposto per cui Wilde, nell’ultimo anno della sua vita (1899), uscito dal carcere ed esule in Francia, stanco, grasso, malato e completamente in bancarotta, per cercare di tirare avanti, affitti piccole sale teatrali per dar spettacolo di sé, presentandosi al pubblico parigino come “il mostro”, “lo scandalo vivente”.
Una sorta di conferenza autobiografica, a tratti interrotta da piccoli colpi di scena, happenings e contrasti con i due inservienti/macchinisti del teatro. Seppur velata da una costante malinconia e da un sarcasmo feroce, la prima parte del testo scivola via fra vecchi ricordi, aneddoti, e racconti spesso molto divertenti.
La seconda parte invece, attinge a piene mani dal quel doloroso e terribile atto d’accusa che è il De Profundis. Il fatale amore per Lord Alfred Douglas, il processo, il carcere, gli ultimi anni esule tra la Francia e Napoli, la malattia e il presagio della morte ormai imminente. Daniele Pecci ne fa, oggi (al Teatro Parioli di Roma, fino al 22 dicembre) uno spettacolo poetico, ironico, pieno di bellezza e malinconia, una prova d’attore.
Carlo Massari, come sopravvivere al vuoto
Con Strangers in the Night, creazione coreografica che esplora il concetto di alterità, solitudine e connessione, Carlo Massari, fondatore della C&C Company, offre un viaggio intimo e provocatorio, in cui i corpi si confrontano con il vuoto, trasportando lo spettatore in un’atmosfera densa di poesia e tensione. Un progetto cross disciplinare ispirato a La Metamorfosi di Kafka, che indaga profondamente e ironicamente sulla sottile linea che c’è tra realtà e finzione, tra l’onestà dell’essere e il ruolo da interpretare, tra “l’agire” concreto e la pantomima.
Come sopravvivere al vuoto, a se stessi, alla solitudine? Trasognato e sotterraneamente politico, Strangers in the night (a Reggio Emilia, Fonderia Aterballetto, il 17 dicembre) nasce con l’intento di combinare un realismo sociale ad una scrittura tragicomica, opponendosi ai pietismi e patetismi e invitando lo spettatore a riflettere sul presente attraverso uno humor nero e pungente. Una ricerca meta-teatrale, che buca la quarta parete e coinvolge il pubblico in un’escalation di follia, violenze, ironia. Seriamente ironica, la poetica compositiva impiega il linguaggio della sconfitta per parlare di speranza, della decadenza in attesa di una rinascita, della caduta che precede (forse) l’agognata risalita.
La nuova co-creazione firmata da Jos Baker, Linus Jansner e Carlo Massari è parte del percorso di ricerca sulle Metamorfosi e segna un importante passo verso l’affermazione dello stile compositivo identitario di C&C Company.
La visita di Romeo Castellucci
Martedì 17 dicembre alle ore 18.30 (in replica alle 20) sarà presentato l’evento conclusivo del progetto La visita ideato da Romeo Castellucci – Grand Invité per il quadriennio 2021-2024 – insieme a Silvia Rampelli (filosofa, performer e coreografa), e prodotto da Triennale Milano in collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Castellucci e Rampelli hanno selezionato tramite un bando pubblico di Triennale Milano quindici partecipanti e una dramaturg per il progetto – che giunge nel 2024 alla sua quarta e ultima edizione, dopo Nascondere (autunno 2021), La quinta parete (autunno 2022) e Il passo (autunno 2023).
Il gruppo, formato da professionisti e studenti nel campo delle arti contemporanee (arti visive, design, musica, grafica, fotografia, teatro), ha preso parte a quindici giornate di lavoro sul tema, condotte da Castellucci e Rampelli e tenutesi a partire dal 30 novembre presso Triennale Milano, i quali hanno ha coinvolto per La visita alcuni ospiti esterni in qualità di guide. Il progetto si conclude con una apertura al pubblico, durante la quale i partecipanti proporranno le loro azioni, concepite durante il percorso di quindici giornate.
L’ingresso è gratuito previa prenotazione a questo link fino a esaurimento posti disponibili.
La Casa Natale di Henry James
Protagonista inanimata ma onnipresente del racconto The Birthplace di Henry James (1843-1916) scritto nel 1902, oltre che suo spazio fisico, è lei: la Casa Natale, luogo di nascita del Bardo – sì, di William Shakespeare – sebbene il suo nome non ricorra mai nei sette capitoli che costituiscono il racconto originale.
«La prima dimora del supremo Poeta, la Mecca della stirpe anglofona», la definisce lo stesso James, ponendo queste parole sulle labbra di Morris Gedge: il modesto bibliotecario di una squallida cittadina della provincia inglese improvvisamente chiamato a diventarne custode e cicerone, insieme alla moglie Isabel, grazie alla tardiva riconoscenza di un uomo di potere. L’impatto col silente mistero «del tempio laico più insolito e più sacro, tra tutti quelli noti all’umanità intera», in assenza tuttavia di ogni traccia reale del Bardo, e al tempo stesso la pressione esercitata dalla becera moltitudine delle orde di visitatori che affollano in ogni stagione il presunto Birthplace, affamate solo di invenzioni e bugie sulla sfuggente biografia giovanile del Poeta, pone in crisi le speranze, e soprattutto la fede, con cui Morris aveva intrapreso, accettandola, un’ormai inattesa avventura professionale ed esistenziale. Personaggi e situazioni da vaudeville animano così – sino all’incandescenza di un finale “a sorpresa” – una trama in cui il gusto per il tratto dialogico e l’esibizione di gesti e andamenti teatrali sembrano pervadere il procedimento narrativo, quasi che quanto accade in molte pagine del racconto si stia già svolgendo su un palcoscenico.
“Casa natale”, di Henry James, traduzione e adattamento di Luigi Ferrari, regia Giacomo Giuntini, con Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Francesca Tripaldi, costumi Elisabetta Zinelli, luci Luca Bronzo. Nuova produzione Fondazione Teatro Due. A parma, Teatro Due, Spazio minimo, fino al 22 dicembre.