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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 16 al 22 gennaio.
Danza e Teatro
DUE CREAZIONI DI JOSEF NADJ
“Omma” l’ultimo lavoro del coreografo, danzatore, fotografo, artista visivo di origine ungherese e francese d’adozione Josef Nadj, è stato creato insieme a otto straordinari danzatori provenienti da Mali, Senegal, Costa Ivoriana, Burkina Faso e i due Congos, e mette a confronto una sorprendente freschezza interpretativa con le regole della coreografia europea. I performer, sempre in scena, formano un corpo plurale in cui ognuno afferma il proprio linguaggio e la propria identità: un movimento come esperienza di scambio, un ipnotico loop tra gruppo e individuo, in cui la danza è intesa come lingua universale nata insieme all’umanità, strumento primordiale capace di farci ritrovare le origini stesse dell’umano.
Echeggiando il cerchio della vita, fra ritmi serrati e un’incalzante colonna sonora, questo spettacolo evidenzia qualcosa di essenziale: la nostra capacità di guardare avanti per vedere meglio ciò che si trova nel profondo di noi, in un destino comune. L’antico termine greco Omma assume un nuovo significato: “occhio” ma anche “ciò che è visto o guardato”. Un invito sotteso a tenere in allerta tutti i nostri sensi. Inoltre il progetto fotografico e performativo “Mnémosyne” (al Teatro Arena del Sole, Sala Thierry Salmon, ogni giorno con tre turni da 20 minuti ciascuno alle ore 17.30, 19.30 e 21.30), dove, dentro una suggestiva camera oscura costellata di immagini che raccontano la storia personale e artistica dell’autore, lo spettatore assiste a un’azione che accade al buio, in cui ogni movimento entra in dialogo con gli scatti esposti.
“Omma”, coreografie Josef Nadj, con Djino Alolo Sabin, Timothé Ballo, Abdel Kader Diop, Aipeur Foundou, Bi Jean Ronsard Irié, Jean-Paul Mehansio, Marius Sawadogo, Boukson Séré, collaborazione artistica Ivan Fatjo, disegno luci Rémi Nicolas. A Bologna, Arena del Sole, nell’ambito del focus sulla drammaturgia fisica CARNE, dal 17 al 19 gennaio.
CCN BALLET DE LORRAINE
Tra le più importanti compagnie di danza europee, sarà al LAC il 21 gennaio, protagonista di una serata in cui presenta un programma di tre coreografie, diverse tra loro ma accomunate da un’intensa sperimentazione artistica. Ballet de Lorraine, con i suoi 26 danzatori, ha all’attivo un repertorio vastissimo che comprende coreografi del presente e del passato. Un nome su tutti quello di Merce Cunningham, pioniere indiscusso della post-modern dance americana. Proprio a questa figura e al suo sodalizio artistico con John Cage, i coreografi Petter Jacobsson e Thomas Caley dedicano il primo dei tre titoli in programma, “For Four Walls”, una coreografia fatta di un rigoroso formalismo e intricati schemi di movimento tra il grandioso e l’intimo.
Sulla scena enormi specchi moltiplicano il cast in un plotone aggrovigliato e sfrenato, mentre la pianista Vanessa Wagner esegue una partitura ipnotica. “Sounddance”, secondo titolo, venne creata nel 1975 da Cunningham: una coreografia veloce e dinamica, scandita dalla musica potente di David Tudor, che si apre e si chiude dietro ad un sontuoso sipario dorato.
“Static Shot” di Maud Le Pladec, coreografa tra le più brillanti della sua generazione, si ispira al mondo del cinema. Un’inquadratura fissa in cui il movimento dei danzatori e lo sguardo degli spettatori non si fermano mai, guidati da una musica travolgente che ci metterà voglia di danzare insieme alla compagnia.
DOPPELGÄNGER
Il doppio, la dualità come differenza, l’opposto che dà origine al mistero: questo lavoro parla e dà forma soprattutto all’incontro tra i corpi dei due interpreti, Francesco Mastrocinque, attore con disabilità, appartenente all’esperienza del Laboratorio Permanente di Nerval Teatro e Filippo Porro, danzatore. Un ossimoro in danza, un tentativo di svelare, tra sapiente ignoranza e disarmonica bellezza, il doppio viso della sfinge: due corpi diversi che cercano sulla scena l’origine della possibilità di esistere, una dirompente vitalità e un candore disarmante, attraverso l’astrazione della realtà che diventa visione.
“Doppelgänger-Chi incontra il suo doppio, muore”, uno spettacolo di Michele Abbondanza, Antonella Bertoni, Maurizio Lupinelli, con Francesco Mastrocinque, Filippo Porro, disegno Luci Andrea Gentili. A Roma, Teatro Palladium, nella stagione DANZA del Centro di Produzione ORBITA SPELLBOUND.
DANCING BRUNO
Una cavalcata nel ballo popolare tra inizio 900 e i primi anni 70, aggrappati alla sella dei cambiamenti sociali e politici che hanno trasformato il nostro modo di vivere gli spazi, le relazioni, i ruoli e i passi in comune. “Dancing Bruno” è un’esperienza partecipata dove pubblico e performer si fondono in uno stesso gioco, creando uno spazio surreale in cui il tempo si sospende tra note e sudori in un fare organico di gente che balla. Non c’è l’orchestra, ma un superstite strumento solitario che dialoga con i nuovi suoni dell’elettronica, destinati a soppiantare tragicamente le band. La danza contemporanea, in intermittenti interventi che punteggiano la serata, si fa portavoce di episodi e aperture poetiche su contraddizioni e fragilità umane che conferiscono al “popolare” il ruolo di rito collettivo in perenne riscrittura, sempre capace di risuonare in modo trasversale ed inclusivo. Quello che viene spontaneo domandarsi è cosa sia un dancing e soprattutto chi sia Bruno. È anche lui un’idea clandestina: quella di un teatro dove non c’è barriera tra pubblico e palco, il ricettacolo segreto e intimo di un universo popolare in cui affondiamo le radici, il custode di un mondo che non si perde mai del tutto ma si trasforma…
“Dancing Bruno”, ideazione Lara Guidetti, Saverio Bari, con i contributi di Marco De Meo, Marcello Gori, Susanna Gozzetti, Cecilia Vecchio, coreografie e regia Lara Guidetti, testi Saverio Bari, musiche originali e fonica Marcello Gori, musica dal vivo Andrea Vulpani, costumi Daniela De Blasio. Coproduzione Sanpapié e Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse. A Reggio Emilia, La Fonderia, il 21 gennaio.
C’E’ VITA SU VENERE
La Compagnia Abbondanza/Bertoni, una delle realtà più prolifiche del panorama italiano per le loro creazioni, per l’attività formativa e pedagogica e per la diffusione del teatro danza contemporaneo, presenta uno spettacolo che vede il ritorno alla scena di Antonella Bertoni. Si tratta di un solo che mette in evidenza la differenza e le diversità del corpo, tra anatomia e un senso più soggettivo del fisico femminile, nell’evolversi dell’età e del tempo. Un viaggio su Venere, dove la gravità è densa, dove nel suo lento andare il corpo si svelerà in una ultima metamorfosi.
È il racconto di un processo evolutivo scandito dalle note de Il Cigno di Saint-Saëns alternate a esplosioni di discomusic, una metamorfosi continua, un viaggio verso l’ignoto che diventa inarrestabile scoperta, ri-velazione di un’identità. Fino alla trasformazione finale in una creatura con le stampelle, essere mitologico, “meraviglioso ed enigmatico ippogrifo che lentamente si allontana, solitario passeggiatore tra passate rovine”.
“C’è vita su Venere”, di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, con Antonella Bertoni, luci Andrea Gentili, elaborazioni Sonore Orlando Cainelli, maschera e oggetti di scena Nadezhda Simenova, Abito Chiara Defant. A Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo, il 21 e 22 gennaio nella stagione DANZA del Centro di Produzione ORBITA SPELLBOUND; a Reggio Emilia, La Fonderia, l’1 febbraio.
AL TEATRO CANTIERE FLORIDA DI FIRENZE
L’esplosiva satira dei rapporti umani firmata dalla compagnia Premio Hystrio Vico Quarto Mazzini e, in prima assoluta, il nuovo spettacolo di Compagnia TPO/Teatro Metastasio di Prato: un percorso poetico nei territori dell’infanzia tra parola e danza. Questo fine settimana saranno due gli spettacoli sul palcoscenico del Teatro Cantiere Florida di Firenze, entrambi a cura di Elsinor Centro di produzione teatrale.
Il 20 e 21 gennaio “Livore”: il mito di Mozart e Salieri calato al giorno d’oggi per scavare le ragioni dell’invidia nel mondo contemporaneo, con Michele Altamura, Gabriele Palocà – anche registi del lavoro – e Francesco d’Amore – autore della drammaturgia. Due amici entrambi attori, uno di talento e senza un soldo, l’altro mediocre ma di successo, aiutato nella sua scalata da un agente capace di valorizzarne l’incapacità. Poche ore prima di una cena con “la gente che conta” l’attore di talento fa irruzione in casa della coppia, dando inizio a un match all’ultimo sangue.
Domenica 22 sarà il momento del debutto di “Nome”, di e con Sara Campinoti e Daniele Del Bandecca: viaggio tra i ricordi di un ragazzo per ricostruire lo straordinario rapporto che lo legava al suo giocattolo preferito, una bambola, e riscoprire l’importanza di un atto semplice: dare un nome alle cose.
L’OTELLO DI JURIJ FERRINI
L’attore e regista dirige e interpreta la più celebre tragedia sulla gelosia. L’intreccio di veleni e calunnie che, nella tragedia di Shakespeare, strangola il Moro di Venezia, la sua amata Desdemona e il perfido Iago diventa qui la cornice narrativa per una chiave di lettura in stretto dialogo con il nostro presente e incentrata sui temi scottanti della discriminazione, della cospirazione e dell’intolleranza. Tarli sociali della nostra contemporaneità, che troveranno specchio nello Iago androgino interpretato da Rebecca Rossetti, e nel suo piano di distruzione (e autodistruzione) macerato in un disarmante disprezzo per la vita.
“Otello”, di William Shakespeare, traduzione Emilio Cecchi e Giovanna Cecchi, regia Jurij Ferrini, con Jurij Ferrini, Rebecca Rossetti e con (in ordine alfabetico) Paolo Arlenghi, Sonia Guarino, Maria Rita Lo Destro, Agnese Mercati, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Michele Puleio, scene Jacopo Valsania, costumi Agostino Porchietto, luci Jacopo Valsania e Gian Andrea Francescutti. Progetto U.R.T. / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. A Torino, Teatro Gobetti dal 10 gennaio al 5 febbraio.
IL SEME DELLA VIOLENZA
Un testo stratificato e toccante: il caso Matthew Shepard, studente ucciso brutalmente negli anni 90 per motivi di odio omofobico. Un fatto che ha attirato l’attenzione dei media americani e dal quale il Presidente Obama ha creato una legge. Il testo non si limita a trattare una questione legata alle tematiche dell’omofobia e della paura della diversità in generale, ma parla anche della funzione che il teatro può avere come strumento vivo di confronto con la realtà e come catalizzatore di dibattiti che riguardano da vicino anche tutti noi. Grazie alla forza del racconto il copione viene utilizzato nelle scuole di tutto il mondo come materiale didattico per l’educazione contro i pregiudizi. Lo spettacolo nella sua versione americana nata dalla sensibilità di Moisés Kaufman e della sua compagnia è uno dei testi più rappresentati negli Stati Uniti.
“Il seme della violenza – The Laramie project, regia Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. scritto da Moisés Kaufman insieme ai membri del Tectonic Theater Project di New York, traduzione Emanuele Aldrovandi, con Margherita Di Rauso, Giuseppe Lanino, Umberto Petranca, Marta Pizzigallo, Marcela Serli, Nicola Stravalaci, Umberto Terruso, Francesca Turrini, luci Michele Ceglia, suono Giuseppe Marzoli. Produzione Teatro dell’Elfo, Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con Festival dei Due Mondi di Spoleto. A Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 17 gennaio al 5 febbraio.
TUTTO A POSTO
Torna dopo 28 anni, uno spettacolo teatrale brillante, scritto dall’eccellente penna di Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre e interpretato da sei giovani attori. Lo spettacolo, che debuttò nel 1994 sempre al teatro Cometa Off, illustra i sottili equilibri che regolano la vita di ogni uomo e di ogni donna: il rapporto tra il bello e il brutto, il visibile e l’invisibile e tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. L’estrema contemporaneità del testo permette di parlare in maniera diretta ad un pubblico ampio utilizzando l’ironia come mezzo per esorcizzare l’inquietudine del vero.
“Tutto a posto”, di Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre, con Clarissa Curulli, Federico Maria Galante, Giacomo Ciarrapico (jr), Giuseppe Zep Ragone/Filippo Maria Macchiusi, Kabir Tavani, Marco Landola, regia di Maurizio Lops, musiche Giuliano Taviani. A Roma, Teatro Cometa-off dal 18 al 20 gennaio.
NELL’IMPERO DELLE MISURE
Ateliersi esplora la sconfinata personalità della poetessa dissidente russa Marina Cvetaeva invitando gli spettatori a un’esperienza di ascolto delle sue poesie e dei suoi scritti in prosa, per connettersi a un’intima vibrazione con le sue parole. Un affresco prezioso che attraversa la vita personale e creativa dell’autrice, dall’infanzia all’età adulta, passando per i rapporti intensi e complessi con la madre e il suo pianoforte, con l’ambiente letterario e la Storia. Un universo affascinante che si svela nei versi, tra musica e biografia, di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi e con Angela Baraldi, Margherita Kay Budillon e Francesca Lico.
A Bologna, all’Atelier Sì, dal 17 al 20 gennaio.
IL FIGLIO DI FLORIAN ZELLER
Un autore da premio Oscar con un titolo (presentato nella scorsa estate alla Mostra del Cinema di Venezia) nato per il teatro tratto dalla trilogia di Florian Zeller. Il regista Piero Maccarinelli, dopo aver curato la messa in scena de “Il padre” con l’interpretazione di Alessandro Haber, torna nuovamente a confrontasti con un testo della trilogia dello sceneggiatore francese.
Come ne “Il padre”, anche la trama “Il figlio” ruota attorno a complesse dinamiche famigliari che riflettono le tensioni di rapporti intergenerazionali. La vicenda messa in scena racconta l’abbandono scolastico del liceale Nicola, secondo la madre provocato da una grave depressione. Quando però il ragazzo cambia scuola e chiede di trasferirsi dal padre e dalla sua nuova compagna, le cose cambiano. Una trama semplice, come è la vita di tutti i giorni, ma ricca di emozioni. un testo capace di conquistare grazie non solo alla bellezza del linguaggio ma alla capacità di introspezione, ai rimandi fra un personaggio e l’altro, al manifestarsi delle loro debolezze delle loro incapacità di capire se stessi e gli altri.
“Il figlio”, di Florian Zeller, traduzione e regia Piero Maccarinelli, scene Carlo Di Marino, costumi Gianluca Sbicca, con Cesare Bocci, Galatea Ranzi, Giulio Pranno, Marta Gastini. Produzione Il Parioli, Teatro della Pergola. A Venezia, Teatro Goldoni, dal 19 al 22 gennaio; a Roma, Teatro Parioli, dal 25 gennaio al 5 febbraio.
GAETANO COSÌCOMÈ
A dirigere il nuovo testo del drammaturgo e giornalista palermitano Salvatore Rizzo – autore di quel Le mille bolle blu col quale nel 2010 lo stesso Filippo Luna si aggiudicò il Premio della Critica dell’ANCT – è il regista e attore Vincenzo Pirrotta, erede del popolare genere siciliano del Cunto appreso dal maestro Mimmo Cuticchio. «Gaetano Cosìcomè. Come fosse un cognome, come se lo avesse acquisito, nascendo, all’anagrafe – scrive il regista -. Come un segno identitario, come a dire «Gaetano è questo, se vi va. E basta». Gaetano fa visita ai suoi per affermarsi, per dichiarare quello che è sempre stato, che gli altri magari hanno capito e fatto finta di non capire. Gaetano ha un’altra vita, un altro Paese ma vorrebbe che la sua vita, il suo Paese fossero lì, dove è nato, nato Cosìcomè. Non la sopporta più la menzogna, la recita, la doppiezza, quel Cosìcomè e come vorrebbero gli altri che fosse».
“Gaetano Cosìcomè”, di Salvatore Rizzo, regia Vincenzo Pirrotta, con Filippo Luna, accompagnato dal musicista Maurizio Capone, scene realizzate in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli – Corso di Scenografia del Prof. Luigi Ferrigno. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. A Napoli, Ridotto del Mercadante, fino al 22 gennaio.