In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 20 al 26 marzo.
L’EUROPEANA DI LINO GUANCIALE
Un susseguirsi di scampoli e flash di un secolo di storia europea, tra entusiasmi, tragedie, slanci, efferatezze, sarcasmi e guerre. Come un cronista giunto da un altro pianeta o dal futuro, venuto a raccogliere brandelli della civiltà europea nel più contraddittorio dei suoi secoli, Patrik Ourednik attraversa il Novecento con il suo “Europeana”, passando con disinvoltura dall’uso dei gas nelle trincee della Grande Guerra all’invenzione del reggiseno, dallo sbarco in Normandia alla comparsa di frigoriferi e asciugacapelli. Nasce così un racconto del nostro recente passato, terribile e divertente a un tempo, incredibile e semplice, dove eccezionalità e frivolezza trovano tutte un loro posto. Lino Guanciale, in dialogo con la fisarmonica dello sloveno Marko Hatlak, trasforma il fiume di episodi e racconti di Ourednik in una frase lunga uno spettacolo, dove si passa in un colpo dalla tragedia alla farsa e viceversa.
“Europeana. Breve storia del XX secolo”, di Patrik Ourednik, traduzione Andrea Libero Carbone, diretto e interpretato da Lino Guanciale, musiche Marko Hatlak, costumi ed elementi di scena Gianluca Sbicca, luci Carlo Pediani, coproduzione Wrong Child Production e Mittelfest2021, in collaborazione con Ljubljana Festival. A Milano, piccolo teatro Grassi, dal 21 marzo al 2 aprile.
RITRATTO DELL’ARTISTA DA MORTO
Che relazione esiste tra la sparizione di un dissidente politico durante la dittatura militare argentina del 1978 e quella di un pianista ebreo nell’Italia del 1941? Tra autobiografia e finzione, tra ricerca storica e investigazione poliziesca, Michele Riondino e Davide Carnevali portano in teatro una riflessione sulla barbarie dei totalitarismi che ha attraversato il Novecento.
Riondino porta davanti al pubblico un episodio di vita che oscilla tra l’autobiografia e l’invenzione narrativa: un viaggio a Buenos Aires per seguire la vicenda processuale di un appartamento conteso, acquistato da un presunto parente nel 1978, ma in realtà espropriato a un dissidente politico scomparso durante la dittatura militare, motivo per cui la cui famiglia della vittima ne chiede oggi la riassegnazione. Visitando il luogo del crimine, l’attore scopre che il desaparecido era un compositore argentino di origini italiane che, al momento della sparizione, stava lavorando sulle partiture di un pianista ebreo, di cui si erano perse le tracce durante la Seconda guerra mondiale. Come restituire la voce a chi è stato ridotto al silenzio? Come rappresentare sulla scena un corpo assente?
“Ritratto dell’artista da morto (Italia ’41 – Argentina ’78)”, scritto e diretto da Davide Carnevali, con Michele Riondino, scene e costumi Charlotte Pistorius, luci Luigi Biondi, Omar Scala, musiche Gianluca Misiti. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, coproduzione Comédie de Caen – CDN de Normandie, Comédie, Centre dramatique national de Reims, Théâtre de Liège. A Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, fino al 6 aprile.
UNA STORIA SEMPLICE
Un giallo dall’inequivocabile sapore sciasciano, che ha come sfondo mafia e droga; parole che l’autore si trova costretto a non nominare mai. Una storia in cui tutto vi appare al contrario di ciò che realmente è: un suicidio che potrebbe essere un omicidio, una masseria che potrebbe essere abbandonata, un prete che sembra un vero uomo di chiesa, così come un poliziotto che sembra un onesto servitore dello stato…eealtà e apparenza: apparenza e realtà.
Sciascia rinuncia a narrarci la mafia come ha fatto per tutta la sua vita, e ce la racconta come fosse una resa, ed invece è un’ulteriore presa di coscienza di una realtà su cui non si possono mai chiudere gli occhi, per quanto le storie siano semplici. Tutto comincia con una telefonata alla questura, di un uomo che dichiara di aver trovato qualcosa. E subito la storia si espande, si dilata, si aggroviglia, diventa un rebus. Davanti alla proliferzione dei fatti, l’unico personaggio che è davvero alla ricerca della verità, un brigadiere, è chiamato a risolvere un puzzle in cui i pezzi non riescono a incastrarsi.
“Una storia semplice” di Leonardo Sciascia, regia e adattamento Giovanni Anfuso, con Giuseppe Pambieri, Paolo Giovannucci e Stefano Messina, Davide Sbrogiò, Liliana Randi, Carlo Lizzani, Geppy Di Stasio, Marcello Montalto, Luigi Nicotra, Giovanni Carpani, scene Alessandro Chiti, costumi Isabella Rizza, musiche Paolo Daniele, luci Pietro Sperduti, aiuto regia Matteo Munari. Coproduzione Attori & Tecnici e Teatro Stabile di Catania. A Roma, Teatro Vittoria, dal 21 al 26 marzo.
LA MEDEA DI LIV FERRACCHIATI
Una teca al centro della scena e, al suo interno, un simulacro: Medea come oggetto di indagine. Sono i suoi stessi figli che, in un gioco fuori dal tempo, provano a ricostruire chi sia la madre e il movente dell’azione che l’ha resa mito. La ricerca procede attraverso il vaglio di alcuni dei tanti punti di vista che hanno raccontato le sue gesta, vengono esaminate le diverse riscritture, che i due affrontano come fossero pareri di testimoni oculari, non dimenticandosi di giocare. Con testi da Antonio Tarantino, Seneca e Euripide, Liv Ferracchiati, 38enne regista, drammaturgo e performer umbro, affronta la figura di Medea attraverso il vaglio di alcuni dei tanti punti di vista che hanno raccontato le sue gesta, quell’azione che l’ha resa mito.
“Medea una madre”, testi da Antonio Tarantino, Seneca, Euripide, drammaturgia di Liv Ferracchiati e Piera Mungiguerra, con Anna Coppola e Francesca Cutolo, scene e costumi Lucia Menegazzo; disegno suono e luci Spallarossa. Produzione Teatro di Napoli–Teatro Nazionale, TPE Teatro Piemonte Europa. A Napoli, Ridotto del Mercadante, fino al 26 marzo.
SYLVIE E BRUNO
La compagnia ravennate Fanny & Alexander torna a viaggiare nella dimensione vertiginosa del sogno svincolata dalla percezione ordinaria della realtà con “Sylvie e Bruno” uno spettacolo ispirato all’omonimo libro di Lewis Carroll, un racconto che si districa tra una contrastata vicenda d’amore e una storia magica. Sul palcoscenico corre una doppia storia in parallelo, che ha per protagonisti Sylvie e Bruno, due fratelli, due mondi in cui il punto di partenza è quello stato di dormiveglia in cui la realtà si miscela sapientemente al sogno.
Nei due mondi accade qualcosa che stravolge e destabilizza la dimensione. Nel mondo magico, infatti, è appena avvenuto un violento colpo di Stato, mentre nel mondo reale infuria una terribile misteriosa febbre, simile alla pandemia che improvvisamente ha fatto il suo ingresso sul pianeta: da un lato ritroviamo un mondo al collasso, in cui all’improvviso irrompe la forza della bellezza e dell’immaginazione; dall’altro un mondo piagato da una terribile, metaforica malattia, che però sopravvive, in nome della potenza dell’amore e dell’arte.
“Sylvie e Bruno”, liberamente tratto da Sylvie e Bruno di Lewis Carroll Ed. Einaudi, ideazione Chiara Lagani e Luigi De Angelis, drammaturgia Chiara Lagani, regia, scene e luci Luigi De Angelis, con Andrea Argentieri, Marco Cavalcoli, Chiara Lagani, Roberto Magnani, Elisa Pol, musiche e sound design e musiche di Emanuele Wiltsch Barberio. Produzione Ravenna Festival, E Production / Fanny & Alexander in collaborazione con Ravenna Teatro. A Roma, Teatro India, dal 22 al 26 marzo.
PROGETTO AMUNÌ
I cinque anni del festival Spazio Franco, a Palermo, che si avvia alla conclusione, sono anche l’occasione per presentare alcuni dei progetti che ne hanno segnato le tracce di questi anni, delineando anche le nuove direzioni del futuro, non soltanto dal punto di vista strettamente culturale ma anche come centro di processi creativi virtuosi, con ricadute benefiche sul territorio e sulla società. Come Progetto Amunì-Compagnia Multiculturale, nata a Palermo nel 2017, composta da giovani richiedenti asilo, rifugiati, migranti economici e italiani di seconda generazione, che frequentano un laboratorio permanente per la creazione artistica e la formazione ai mestieri dello spettacolo dal vivo.
Progetto Amunì torna sabato 25 marzo per presentare “Oida, un rito musicale teatrale”, l’ultima sua produzione ispirata a “Le Baccanti” di Euripide, con la drammaturgia e le musiche originali di BEERCOCK, la regia di Giuseppe Provinzano, e i movimenti scenici di Simona Argentieri. Uno spettacolo che, valorizzando il talento musicale dei suoi giovani performer, continua la ricerca multidisciplinare e multiculturale del Progetto Amunì, indagando le possibilità̀ di un linguaggio scenico sul concetto di “rito”.
IL FENOMENO LAPLANTE
Il testo di Maurizio Patella, finalista al premio “Shakespeare is now 2021” e al Premio Riccione per il teatro 2021 – è un racconto a più voci, in cui i tre attori si scambiano le parti in un cabaret futurista elettronico, dando vita ad una narrazione collettiva di un momento cruciale della nostra storia.
Siamo nella tarda primavera 1924 e l’Italia vive nell’attesa del ritrovamento di Giacomo Matteotti, il deputato socialista rapito a Roma mentre si recava alla Biblioteca della Camera. In un rimbalzo di accuse e scandali, che vedono coinvolte le più alte gerarchie fasciste, il Paese sta sprofondando ora nell’anarchia. Ed ecco che giunge inaspettata la visita di un importantissimo capo tribù dei nativi americani: Cervo Bianco (White Elk) della Nazione Irochese, venuto in Europa per portare le rivendicazioni del suo popolo presso la Società delle Nazioni.
Ma chi è Cervo Bianco? Si sa solo che è un personaggio bizzarro, carismatico, pirotecnico. E con uno splendido copricapo di piume. Nella sua trionfale tournée lungo lo stivale viene acclamato dalle folle, adorato dalle donne, accolto come il Salvatore della Patria. A quanto pare vuole stabilire una sacra alleanza tra il suo popolo e quello italiano. Vuole vestire i suoi nativi americani in camicia nera! Un affresco irriverente di un’Italia immersa in un nazionalismo da operetta contraddittoria e crudele. Vittima di sé stessa. Che da quel momento non sarà più come prima.
“Il Fenomeno Laplante – Lo strano caso del Capo Indiano Fascista”, testo di Maurizio Patella, regia Emanuele Conte, con Luca Mammoli, Graziano Sirressi e Enrico Pittaluga, scena Emanuele Conte e Luigi Ferrando, costumi Daniéle Sulewic, luci Matteo Selis, musiche FiloQ, coreografie Giovanni Di Cicco. A Genova, Teatro della Tosse, dal 23 marzo al 2 aprile, prima nazionale.
IL GIARDINO DEI CILIEGI
Nella sua ultima commedia – perché così Cechov la definì e la intese – egli esprime ancora più lucidamente la sua riflessione sulla goffa incapacità di vivere degli esseri umani. Il loro strabismo esistenziale sulla propria anima. Nella riduzione della commedia a opera del regista Rosario Lisma, si eliminano i personaggi minori portando la compagnia ai sei elementi principali. Così egli scrive nelle note di regia: «Un grande spazio chiaro, con una forte presenza illuminotecnica contemporanea, con pochi elementi scenici richiamanti la “stanza dei bambini”, oggetti volutamente sproporzionati rispetto alla statura dei personaggi, come se fossero ancora piccoli rispetto all’ambiente, mai cresciuti: un tavolo colorato, una sediolina dell’infanzia, una grande bambola…E soprattutto: il grande armadio centrale sullo sfondo a cui Gaev, come da testo, canta le lodi come a un monumento. Testimone del tempo felice che fu. Imponente e simbolico come un dolmen sbiadito. Sempre chiuso per tutto il tempo dell’azione scenica. Lo aprirà solo sul finale Lopachin, nuovo proprietario, con le chiavi che gli avrà lanciato Varja, scontrosa e ribelle. All’apertura l’armadio vomiterà il suo contenuto che travolgerà il nuovo proprietario».
“Il giardino dei ciliegi” di Anton Cechov, regia Rosario Lisma, con Milva Marigliano, Dalilas Reas, Eleonora Giovanardi, Tano Mongelli, Rosario Lisma, Giovanni Franzoni, e con la partecipazione in voce di Roberto Herliztka, scene Dario Gessati, costumi Valeria Donata Bettella, luci Luigi Biondi. Produzione Viola Produzioni – TieffeTeatro Milano – Teatro Stabile di Genova. A Roma, Sala Umberto, dal 21 marzo al 2 aprile.
IL CODICE DEL VOLO DI LEONARDO
Flavio Albanese racconta la vita, le peripezie, i miracoli e i segreti del più grande genio dell’umanità, la sua particolarissima personalità, ma soprattutto la sua voglia di conoscere e insegnare. Perché Leonardo voleva volare? Lo spiega Zoroastro, il suo allievo, il suo giovane di bottega, ovvero l’assistente e suo amico fedele: Tommaso Masini. È proprio lui che ha sperimentato una delle più ardite invenzioni del Maestro: la “macchina per volare”. Gli spettatori conosceranno la storia, l’umanità e soprattutto il modo di pensare di un genio poliedrico e originalissimo che è il simbolo del nostro Rinascimento.
Protagonista assoluta è la curiosità, l’inquieta tensione dell’uomo verso la scoperta, l’incredibile capacità umana di arrivare oltre i limiti che la natura sembra imporci. «Leonardo mi ha insegnato a non aver paura di volare. Tutto è sempre sotto i nostri occhi, domande e risposte. È il pensiero che genera la materia, non la materia che genera il pensiero», così presenta lo spettacolo Flavio Albanese.
“Il codice del volo – Dagli studi, i disegni, gli scritti, gli appunti di Leonardo”, scritto, diretto e interpretato da Flavio Albanese con la collaborazione artistica di Marinella Anaclerio, impianto scenico Flavio Albanese, disegno luci Valerio Varresi. A Roma, Teatro India, il 24 ore 10,30, il 25 e 26 marzo ore 16.
GALA PAS DE DEUX A GENOVA
La grande danza internazionale torna nella città ligure per questa seconda edizione (il 21 marzo al Politeama Genovese e il 24 marzo al Teatro Sociale di Camogli). Jacopo Bellussi, etoile di Hamburg Ballet, nella duplice veste di ballerino e di direttore artistico, ha riunito alcuni tra i principali primi ballerini e solisti delle maggiori compagnie europee per rendere omaggio alla sua città e, soprattutto, per dare un concreto contributo all’ospedale Gaslini. Anche quest’anno, infatti, parte del ricavato delle serate verrà devoluto all’Associazione Piccoli Cuori OdV, che sostiene i reparti di cardiologia e cardiochirurgia dell’ospedale Gaslini di Genova.
Lo spettacolo proporrà diversi stili di danza, dal classico al neoclassico, dal contemporaneo al moderno, con compagnie dall’Hamburg Ballet, al Royal Danish Ballet e Stuttgart Ballet, fino a Les Ballets de Monte Carlo e al Bejart Ballet Lausanne. Tra le stelle presenti nelle due serate, brillano la spagnola Lucia Lacarra e la rumena Alina Cojocaru. La prima danzerà con il suo compagno di vita, il canadese Matthew Golding già primo ballerino del Royal Ballet, su coreografie create da Edward Liang e Christopher Wheeldon. La seconda, già prima ballerina del Royal Ballet e dell’English National Ballet, si esibirà al fianco di Jacopo Bellussi nel famoso “Spring and Fall” del maestro John Neumeier.
LE STORIE DI ATERBALLETTO
Due suite di danze poetiche per sei danzatori firmate per Aterballetto da due coreografi “cresciuti” al suo interno oggi apprezzati internazionalmente: Diego Tortelli e Philippe Kratz. Due visioni d’autore differenti legate in questo programma dal comune denominatore della composizione coreografica intorno al tema del distanziamento tra abbracci mancati e desiderio di recupero di empatia. “Preludio” di Tortelli, è una lettera d’amore al corpo per cinque danzatori sulla voce inconfondibile di Nick Cave che avvolge lo spettatore. L’atmosfera cambia con O di Kratz, duetto in cui due corpi-automi obbligano a interrogarsi su come potrebbe mutare il senso del contatto fisico in futuro, sulla musica elettronica di Mark Pritchard e The Field.
Anche “Another story” di Tortelli, accompagnato da brani rock del gruppo Spiritualized, è un duetto sviluppato intorno alla ricerca di un gesto che ci è stato negato durante tutta la pandemia, l’abbraccio. Sul ritmo di Barrio Sur e Fela Kuti chiude il sestetto “Alpha Grace”, una riflessione di Kratz sull’empatia, una forma di comunicazione gentile tra persone che si sentono sullo stesso piano.
A Macerata, Teatro Lauro Rossi, il 22 e 23 marzo, e a Pesaro, Teatro Sperimentale, il 31 marzo.
IMA DI SOFIA NAPPI
Il termine “Ima” in giapponese indica il momento presente, in ebraico significa madre, con un particolare riferimento alla rinascita e al rinnovamento. Questa creazione della compagnia Komoco è stata immaginata durante il periodo di distanziamento sociale da Covid-19. Nell’involontaria solitudine degli ultimi anni, la coreografa Sofia Nappi ha percepito ancora più intensamente quanto ambiziosamente pianifichiamo il futuro, quanto ostinatamente ci aggrappiamo al passato, e quanto raramente viviamo il momento presente.
Lo spettacolo indaga le età della vita procedendo al contrario: i cinque interpreti salgono sul palco da anziani, avanzano lenti, danzano felici e un po’ goffi con i loro gilet e bretelle, allungano il corpo al suono di una musica riprodotta da un baule che spingono con fatica. Indossano grandi teste di maschera e interrogano il pubblico sul perché a volte ci sentiamo nella nostra vita come marionette. IMA parla delle maschere dietro cui i nostri sentimenti spesso appassiscono, parla del bagaglio che ci portiamo dietro e che disfiamo per poi riordinarlo, ancora e ancora come in un rituale.
“Ima”, coreografia Sofia Nappi, danzatori Lara di Nallo, Valentin Durand, Evelien Jansen, Paolo Piancastelli, Gonçalo Reis, assistente alla coreografia Adriano Popolo Rubbio, luci Alessandro Caso, costumi Luigi. Produzione Sosta Palmizi, Komoco/Sofia Nappi, coproduzione La Biennale di Venezia, COLOURS – International Dance Festival, Centro Coreográfico Canal. A Modena, Teatro Storchi, il 25 marzo, nell’ambito di CARNE, la rassegna di drammaturgia fisica che Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.
DANZA IN RETE OFF
Due le performance per la sezione di Danza in Rete Festival vocata all’innovazione e ai linguaggi coreografici in emersione – in programma il 21 marzo: nel Foyer del Teatro Comunale di Vicenza lo studio site specific “Lucciole – L’Arte del dubbio” di e con Vittoria Caneva. La creazione è una ricerca sul dubbio, un’indagine coreografica e musicale basata sulla condivisione e sullo scambio, per trovare dei punti in comune tra diverse discipline, movimento, musica, scienza medica, psicologia, antropologia.
La seconda performance, in scena al Ridotto è “After the Party. A duet for one dancer…”, direzione, coreografia e interpretazione di Thomas Noone artista nato a Londra, ma che vive a Barcellona dove ha fondato la compagnia che porta il suo nome. La creazione, un assolo di danza in cui il danzatore interagisce con il teatro di figura. Nella prima parte un uomo solo crolla su una sedia, stravolto dalle miriadi di conversazioni che lo circondano, sforzandosi di dividere le situazioni serie e importanti da quelle frivole, ricordando le cose buone e rielaborando quelle cattive. Nella seconda parte della performance fa la sua comparsa una presenza inattesa, un pupazzo che rappresenta l’alter ego del creatore, un personaggio reale con cui Noone interagisce e instaura un dialogo a tratti surreale, in cui verità e menzogna, sogno e realtà convivono.
ROMANZA DI LOREDANA PARRELLA
Lo spettacolo della coreografai Loredana Parrella, creazione del 2011 riproposta in una nuova versione per quattro interpreti, prende spunto dal cortometraggio “Submission” di Theo Van Gogh, ucciso da un integralista islamico ad Amsterdam il 2 novembre 2004.
La narrazione è cruda, senza timori, né allusioni, per raccontare di donne e uomini senza volto e senza nome sui cui corpi è iscritta la storia di un’umanità disumana. Tre quadri, che partendo dal nero del niqab che nasconde il volto, al bianco candore delle spose bambine, arrivano alla consapevolezza della feroce presenza dell’assenza. In questa penombra, attraverso una scrittura coreografica a volte netta e aggressiva, a volte circolare ed ipnotica, si sviluppa la relazione con l’altro.
Nonostante anni di privazioni, abusi e sofferenze il corpo resiste alla sottomissione e si sottrae a quel nero che occulta e mortifica. Scoprire il proprio volto si rivela l’unico appiglio all’idea di libertà. Un’invocazione, una confessione, un misto tra un atto di fede e un dolore lacerante, definitivo.
“Romanza”, coreografia e regia Loredana Parrella, interpreti Caroline Loiseau, Yoris Petrillo, Romano Vellucci, Ugnė Kavaliauskaitė, luci Luca Febbraro, costumi Sartoria Mulas. Produzione Twain Centro Produzione Danza. Al Teatro del Lido di Ostia (RM), il 25 marzo.
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