21 ottobre 2024

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 21 al 27 ottobre

di

Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 21 al 27 ottobre, in scena nei teatri di tutta Italia

Roberto Saviano, sanghenapule Ph Flavia Tartaglia

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 14 al 20 ottobre.

Teatro e danza

Saviano e Borrelli e il Sanghenapule

In uno spettacolo che intreccia il racconto alla poesia, esaltando la lingua napoletana in tutta la sua barocca bellezza, Mimmo Borrelli e Roberto Saviano, puntano al cuore di Napoli, città di sangue e di lava incandescente, esplorandone il mistero e la contraddizione. Attore e narratore percorrono alcune tappe della storia napoletana in una continua osmosi tra celeste e sotterraneo.

È il sangue il filo conduttore di uno spettacolo di parole, luci e suoni, con una splendida colonna sonora originale eseguita dal vivo. È il sangue che si scioglie, rinnovando ogni anno il patto tra il santo e la sua gente; è il sangue dei primi martiri cristiani, ma anche quello dei “martiri laici” della Repubblica partenopea, che a fine Settecento  tentò di opporre l’ideale democratico all’oppressione borbonica; è l’emorragia dell’emigrazione nei primi decenni del Novecento, quando migliaia e migliaia di italiani varcarono l’oceano in cerca di un futuro migliore; è il sangue versato sotto le bombe della Seconda Guerra mondiale; è, infine, quello degli agguati di camorra.

Mimmo Borrelli, sanghenapule Ph Flavia Tartaglia

“Sanghenapule. Vita straordinaria di San Gennaro”, testo e drammaturgia Roberto Saviano e Mimmo Borrelli, regia Mimmo Borrelli, musiche, esecuzione ed elettronica Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione, scene Luigi Ferrigno, costumi Enzo Pirozzi, luci Salvatore Palladino, sound design Alessio Foglia. A Roma, Teatro Ambra Jovinelli, dal 25 al 27 ottobre.

Il rosso e il nero di Uwe Scholz all’Opera di Roma

A vent’anni dalla morte del suo autore, il coreografo tedesco Uwe ScholzIl rosso e il nero fa il suo debutto assoluto al teatro dell’Opera di Roma (dal 26 ottobre al 2 novembre). Il balletto basato sull’omonimo romanzo storico di Stendhal, ripreso da Giovanni Di Palma, entra per la prima volta nel repertorio della compagnia. «Sto mettendo in scena Il rosso e il nero di Stendhal perché sento che i personaggi di questo romanzo sono veri, di carne ed ossa. Il libro contiene moltissimi monologhi interiori ed è difficile trasformare i pensieri in passi di balletto». È la dichiarazione rilasciata dal ventinovenne Scholz durante le prove prima del debutto assoluto all’Opera di Zurigo nel 1988. Nei tre atti della sua composizione è riuscito a dare una veste coreografica cogliendo a pieno l’essenza del dramma.

Tratteggiando la struttura del romanzo si è mantenuto fedele al modello settecentesco del “balletto d’azione” rinsaldato negli anni Sessanta da John Cranko, sua guida e primo grande maestro. Scholz ha voluto dedicare a lui Il rosso e nero, per il suo sessantesimo compleanno che sarebbe caduto proprio nel 1988.

Il nuovo allestimento è firmato da Ignasi Monreal per le scene, da Anna Biagiotti per i costumi e da Vinicio Cheli per le luci. Étoiles, primi ballerini solisti e Corpo di Ballo fanno rivivere ladrammatica storia di passione e potere nata dalla penna di Stendhal nel 1830. Il collage di musiche di Hector Berlioz, adattissimo a tratteggiare il trasporto romantico dei protagonisti, è eseguito dall’Orchestra del Teatro dell’Opera diretta da Martin Georgiev, per la prima volta sul podio capitolino.

Il rosso e il nero, scene di Ignasi Monreal

La vegetariana del Premio Nobel Han Kang

In veste di regista e attrice, Daria Deflorian porta in scena insieme a Monica Piseddu, Paolo Musio e Gabriele Portoghese il gesto misterioso, potente, irrazionale quanto politico di Yeong-hye, protagonista de “La vegetariana”, romanzo della scrittrice sudcoreana Premio Nobel 2024 per la Letteratura Han Kang.

Un testo sensuale, provocatorio, ricco di immagini potenti, colori sorprendenti e domande inquietanti: il rifiuto radicale, categorico quanto violento di una donna che sceglie di non mangiare più carne dà il via ad un graduale processo di metamorfosi. Mentre Yeong-hye cambia, cercando di diventare essa stessa vegetazione, ecco che è l’intero mondo che la circonda a vivere l’impatto della sua trasformazione: dall’irritazione sconcertata del marito, all’esaltazione artistica del cognato fino alla consapevolezza addolorata della sorella. L’umanità è dannosa, furiosa, assassina, violenta, tutte cose che Yeong-hye non vuole essere. Lei non vuole smettere di vivere. Vuole smettere di vivere come noi.

La vegetariana © Andrea Pizzalis (Daria Deflorian, Paolo Musio)

“La vegetariana”, scene dal romanzo di Han Kang, adattamento del testo Daria Deflorian e Francesca Marciano, una co-creazione con Daria Deflorian, Paolo Musio, Monica Piseddu, Gabriele Portoghese, scene Daniele Spanò, luci Giulia Pastore, suono Emanuele Pontecorvo, costumi Metella Raboni. Produzione INDEX in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale; La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello. Prima nazionale a Bologna, Arena del Sole, dal 25 al 27 ottobre; a Roma, Teatro Vascello, dal 29 ottobre al 3 novembre, per il Romaeuropa Festival.

L’autobiografia della scrittrice ungherese Ágota Kristóf

È notte, una donna da sola in casa, con un registratore in mano, prova ad analizzare la sua vita ad alta voce, come Krapp, come un medico intento a compiere un’autopsia. È la scrittrice Agota Kristof che, nel 1956, poco più che ventenne, lascia clandestinamente l’Ungheria. Spettacolo della Compagnia del Sole Lingua matrigna, monologo tratto dall’autobiografia di Ágota Kristóf, diretto da Marinella Anaclerio e interpretato da Patrizia Labianca, torna a Roma dal 22 al 26 ottobre, al Teatro Tordinona.

L’autobiografia di Kristof è la storia di una migrazione e dello sradicamento che ne consegue, è la storia di una bambina poi ragazza e poi donna, costretta ad abbandonare la sua terra natale insieme al marito ed alla figlia neonata, quando l’Armata rossa interviene in Ungheria per sedare le rivolte popolari. Ascoltiamo dalla voce della protagonista la narrazione delle sfide che ha affrontato: freddo, fame, solitudine e la mancanza di qualcosa che, in una situazione come quella dell’autrice, potrebbe essere considerata secondaria, ma che invece non lo è affatto: la conoscenza della lingua. Con la perdita della Madre Patria, si diventa orfani della Madre Lingua.

«…Sono tornata analfabeta. Io che leggevo già a quattro anni. […] All’età di ventisette anni mi iscrivo ai corsi estivi dell’Università di Neuchàtel, per imparare a leggere», scrive la Kristóf. Davanti agli occhi dello spettatore si apre così una finestra su un mondo che ci sfiora quotidianamente: quello dei profughi immigrati, e nel suo cuore prende posto questa figura di fervida scrittrice, la cui passione per la lettura, prima che per la scrittura, sarà la zattera con cui riuscirà ad attraversare il mare di difficoltà che la vita le ha “regalato”.

Lingua matrigna Ph Patrizia Memeo

L’inquietante creatura di Euripides Laskaridis

Il titolo Lapis Lazuli deriva dall’omonima pietra semipreziosa blu, nota per il suo comportamento imprevedibile sotto pressione. Il nome stesso lapislazzuli – che deriva da lapis (pietra) e lāzurd (azzurro), una parola latina e una araba – spesso tradotto come la “pietra del cielo”, allude a un’origine sia terrena sia celeste. È stata proprio la dualità insita nel nome della pietra a innescare l’intenzione del danzatore e performer greco Euripides Laskaridis, di tessere meticolosamente sul palco un arazzo di variazioni apparentemente contraddittorie. L’artista, che rappresenta con un tratto di assoluta originalità la nouvelle vague della creatività contemporanea ellenica, incarna sulla scena un’inquietante creatura, un lupo mannaro selvaggio, una bestia ibrida, metà umana e metà animale, liberando il suo lato temibile e feroce, ma rivelando al contempo il suo io vulnerabile, sensibile e deliziosamente sprovveduto.

Lapis Lazuli rimanda a diverse citazioni, ai film freak degli anni Quaranta nonché ai radicali monocromi blu di Yves Klein. Al Festival Torinodanza, il 22 e 23 ottobre; a Reggio Emilia, Teatro Cavallerizza, per il Festival Aperto, il 27 ottobre.

Lapis Lazuli, Evripidis Laskaridis @ Pinelopi Gerasimou for Onassis Stegi

Il LINES Ballet di Alonzo King chiude Torinodanza

Il coreografo statunitense Alonzo King e la sua compagnia LINES Ballet, con cui ha segnato la storia e l’evoluzione della coreografia contemporanea, chiudono, il 25 e 26 ottobre, il Torinodanza Festival con Deep River, uno spettacolo sospeso tra le punte e una gestualità potente, che affonda le proprie radici nelle regole dell’accademia per spingersi verso territori sconosciuti. Deep River è il risultato di un lavoro che ha preso forma durante la pandemia in luoghi improbabili: gli artisti di LINES Ballet hanno composto questa nuova opera isolati nei loro studi di danza, a Golden Gate Park a San Francisco e in una fattoria nel deserto di Wickenburg, in Arizona.

Oltre alle composizioni di Jason Moran e alla voce di Lisa Fischer, è stato scelto l’uso di musiche spirituali delle tradizioni ebraica e africana per trattare il tema del potere dell’ispirazione nonostante le avversità, e della speranza e della determinazione di fronte a situazioni apparentemente impossibili. Deep River è un invito a far sbocciare un fiore di loto nel fango, a guardarci tra di noi come membri di un’unica famiglia di anime.

Gli stessi giorni, alle 19.30, presso la Sala Piccola delle Fonderie Limone, sarà possibile assistere a There is no standing still, l’installazione video realizzata da Alonzo King e dai suoi danzatori con la regia di Robert Rosenwasser, che raccoglie una serie di filmati girati dagli stessi ballerini dalle loro case durante la pandemia, sarà fruibile gratuitamente. Inoltre, il 26, alle 19, il coreografo incontrerà il pubblico e racconterà la sua esperienza artistica di oltre un quarto di secolo in dialogo con il critico Elisa Guzzo Vaccarino.

Deep River YBCA © Jamie Lyons

Omaggio a Joseph Beuys, l’artista sciamano

In un museo abbandonato un cronista è alla ricerca dell’artista perduto: un’evocazione farà apparire Joseph Beuys, artista sciamano per eccellenza, impegnato a ripercorrere una serie di sue azioni memorabili e a raccontarci il suo mondo di “controimmagini”. Durante questi dialoghi prenderanno vita il suo pensiero, la sua opera, l’impegno ecologico, la scultura sociale e l’attività politica (il Partito dei Verdi, la Libera Università Internazionale), i simboli archetipici nascosti nelle sue azioni.

Le sue frasi, i suoi titoli emblematici traducono in parole il centro del suo gesto artistico e politico: “Ognuno di noi è un artista”, “Mostra la tua ferita”, “La rivoluzione siamo noi”. Attraverseremo il suo immaginario, rievocando 7000 Querce a Kassel, azione collettiva che diede vita alla nascita di un vero e proprio bosco di poco fuori città, gli oggetti rivestiti di feltro, il grasso, Terremoto in Palazzo, la sua dedica alle vittime del terremoto in Campania. Ed è a Napoli, città a cui è stato molto legato, che Beuys installa la sua ultima mostra, Palazzo Regale.

“È la nostra testa”, disse nell’ultima intervista, “Ogni essere umano è un Re Sole”. Joseph Beuys, con la sua ironia e il suo sguardo rivolto soprattutto al cuore e alla coscienza dell’essere umano, superando il tempo, getta una luce sulla contemporaneità che oggi si sta aprendo a una visione olistica della realtà in cui nulla è più separato: società, natura, politica, economia, vita, tutto diventa opera d’arte.

Michelangelo Dalisi e Marco Cacciola in Controimmagini

“Controimmagini. Omaggio a Joseph Beuys, l’artista sciamano”, drammaturgia e regia Michelangelo Dalisi, con Marco Cacciola e Michelangelo Dalisi, musica Franco Visioli, elementi di scena Mauro Rea. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival. A Napoli, Ridotto del Mercadante, dal 25 ottobre al 3 novembre.

Dittico del collettivo (LA)HORDE

Al festival Aperto di Reggio Emilia, il 26 ottobre, occhi puntati sul collettivo (LA)HORDE che dirige il Ballet National de Marseille, in scena con due estratti da Room With A View e Age of Content. L’iconica scenografia originale lascia spazio ad una scena essenziale che accoglie due diversi estratti di Age of Content, ultima creazione che fonde danza e multimedia percorrendo l’intricato arazzo dell’identità, dei media e delle norme contemporanee, e un estratto di Room With A View, del 2020, che mostra tutta la resilienza di una generazione impegnata a combattere contro il crollo di una civiltà. La danza, intrisa di questioni socio-politiche e di ricerca di identità, è al centro dell’audace lavoro dei tre artisti Marine Brutti, Jonathan.

Room With A View è una foglia bianca. Una cava. Un cubo bianco ai margini della civiltà dove tutto può accadere. Un crollo o un nuovo inizio? Con le musiche della star dell’elettronica francese RONE, lo spettacolo è una rivolta frenetica in un vibrante universo techno.

Age of Content è un esempio eclatante della danza post-internet di (LA)HORDE: poetica, post-punk e politicamente impegnata, ricca di influenze della moda, dei videogiochi e della club culture. Sedici danzatori del Ballet de Marseille si muovono in un videogioco: superano i filtri di Instagram, i balli di TikTok, l’arrapamento di OnlyFans e le acrobazie dei film d’azione.

Room With A View (LA)HORDE

A Firenze Komorebi, la luce che filtra

Danza, teatro, spettacoli per famiglie, visite teatralizzate e performance che incrociano diverse discipline, in programma fino al 30 novembre a ingresso libero. Torna Komorebi, la luce che filtra, la rassegna ideata da Stazione Utopia per Autunno Fiorentino 2024 che alla sua seconda edizione attraversa i diversi quartieri, proponendo in svariati luoghi, dalla Villa medicea La Petraia al Giardino della Villa medicea di Castello, da un condominio delle Piagge alla RSA il Giglio, dal P.A.R.C. al Vivaio del Malcantone e al Combo Social Club, un ciclo di azioni performative per favorire la relazione con il patrimonio museale, il territorio e le comunità che lo abitano.

Il 23 ottobre alle ore 18 al PARC va in scena Fairyland, persone vs natura che vede protagonisti Francesca Prini, Wioleta Szwalek e Lorenzo Danti, tre atleti campioni di pole dance – disciplina sportiva che unisce la danza acrobatica con la ginnastica artistica – insieme ai danzatori Veronica Galdo, Sofia Bonetti e Paolo Rizzo.  Il 27 ottobre alle ore 17 torna in scena al PARC Metamorfosi, dell’esserci e del divenire, una rodata azione performativa che incrocia danza, musica e teatro a cura di Cesare Torricelli e Daria Lidonnici. Seguendo le pratiche di teatro sociale attraverso l’inclusione e la valorizzazione di ogni diversità, la performance porta in scena studenti di Scandicci, Firenze e Sesto Fiorentino, educatori e danzatori professionisti.

Prenotazione e programma sul sito stazioneutopia.com.

Stravaganze in sol minore

We Speak Dance a Torino

Ritorna We Speak Dance, rassegna di danza diffusa sul territorio regionale, ideata da Fondazione Piemonte dal Vivo per ampliare in senso multidisciplinare la tradizionale proposta di prosa delle proprie stagioni teatrali. Una scelta specifica, con grandi nomi della scena italiana e internazionale, per valorizzare il linguaggio universale della danza, portando nei teatri di provincia l’eccellenza dell’arte coreutica e lo spirito che è proprio dei grandi festival.  Da ottobre 2024 a giugno 2025, oltre 30 appuntamenti, diffusi nei teatri di Piemonte dal Vivo, raccontano le differenti sfumature della danza.

Si parte il 20 ottobre a Novara con lo spettacolo Je vous aime. Una performance per gli udenti di Diana Anselmo e Sara Pranovi. Segue poi, il 30 ottobre al Maggiore di Verbania, la prima nazionale di Des_Espoirs, coreografia di Irène Tassembedo che parla della potente energia delle giovani generazioni che abitano nell’Africa subsahariana, del loro desiderio di libertà da ogni giogo e schiavitù. Da segnalare nel programma la presenza della compagnia del coreografo Hervé Koubi con lo spettacolo Les nuits barbares (a Vercelli il 28 novembre, e a Tortona il 30).

DES ESPOIRS

Il Milione, spettacolo cult di Marco Paolini

Il Milione è un intreccio di storie antiche e contemporanee, seguendo arabeschi da tappeti orientali e strani personaggi: abusivi di terra e di mare, turisti di ogni parte del mondo, comitati antisfratti, le beghine di Venezia, più agguerrite di vecchi parà e maro’, nel tentativo di dar dignità agli sforzi di chi ha deciso di continuare ad abitare nella città più scomoda d’Italia. 25 anni dopo la diretta televisiva sull’acqua dall’Arsenale, e in occasione delle celebrazioni per i 700 anni di Marco Polo, Marco Paolini porta in scena per il Teatro Stabile del Veneto, Il Milione (al Teatro Goldoni di Venezia dal 23 al 27 ottobre), il racconto del suo quaderno veneziano, un viaggio tortuoso e affascinante per raccontare Venezia dal punto di vista di un Veneto di terraferma.

Il cuore del monologo è la città lagunare come non l’abbiamo mai sentita descrivere, lontana dagli echi delle cartoline e dei chiari di luna in gondola, portata in teatro dallo scrittore, attore, drammaturgo e regista in uno spettacolo cult del suo repertorio declinato in una versione in cui l’evocazione è affidata solo alla parola del narratore, che si fa musica, scena, racconto. La voce che narra è quella di un uomo “di campagna” che certo non celebra il viaggio di Marco Polo, ma ne ripete l’approccio.

Il Milione con Marco Paolini Ph Elisa Temporin

Affogo, trilogia dell’odio

Scritto e diretto da Dino Lopardo, prodotto da Gommalacca Teatro, lo spettacolo Affogo (dal 24 al 27 ottobre, Spazio Diamante di Roma), con Mario Russo e Alfredo Tortorelli, è uno dei tre monologhi polifonici del progetto eclettico Trilogia dell’odio. Nicholas vive in casa con gli zii ottusi e dalla mentalità provinciale e sogna di diventare campione di nuoto: la vicenda diviene una riflessione profonda sulla solitudine, sui rapporti familiari e sulle problematiche legate al bullismo; il protagonista dovrà dunque analizzare la propria esistenza immerso in una vasca da bagno, simbolo emblematico della sua infanzia.

Si tratta di un monologo polifonico che fa parte del progetto più ampio, la Trilogia dell’Odio. Una trilogia composta da tre monologhi: Affogo, Rigetto, Cesso, rappresentabili singolarmente o in forma di “maratona” con l’aggiunta di un atto risolutivo, in cui i tre personaggi, protagonisti di ogni singola storia, appaiono insieme, svelando infine un loro rapporto/collegamento attraverso un dialogo a più canali di suoni e voci extradiegetici. L’indagine scenica dello spettacolo inizia da alcuni quesiti: i sogni possono essere spezzati da una violenza subdola? E se questa violenza fosse propria dell’animo umano, celata sin dall’adolescenza? Se i bulli persistono nei loro atteggiamenti e comportamenti rischiano di strutturare disturbi della condotta e successivamente disturbi antisociali di personalità, mentre le vittime possono andare incontro a disordini depressivi e sentirsi prive di valore. Sia i carnefici che le vittime, presentano difficoltà nella regolazione e nel riconoscimento delle emozioni.

Affogo di Dino Lopardo, ph Giulia Bartolini

I moti di Reggio, cronaca di una mancata rivoluzione

Lo spettacolo porta alla luce un pezzo di storia italiana di solito ignorata: i moti di Reggio, una rivolta popolare avvenuta a Reggio Calabria nel 1970. I Moti di Reggio, i cinque anarchici morti sulla strada, sono la disturbante scheggia di un’Italia impazzita, sono l’eco di un “mito” andato a finire male. Una generazione, quella dei ventenni del ’68, che ha lottato e che ha perso, anzi peggio è stata strumentalizzata dal potere.

Angelo Casile, uno dei cinque anarchici morti, stava andando a Roma per consegnare documentazione di denuncia alla rivista “Umanità Nova”, il noto settimanale anarchico dal quale prende il titolo lo spettacolo. Il materiale riguardava la strage di Gioia Tauro del 22 luglio 1970, un attentato di matrice neofascista in cui venne deragliato il “Treno del sole”. Il quadro è quella di un’Italia sconvolta dai frequenti attentati, pervasa da una frenesia… i fascisti da una parte e gli anarchici dall’altra. Lo spettacolo Umanità Nova. Cronaca di una mancata rivoluzione, di Cristina Minasi e Giuseppe Carullo, con Giuseppe Carullo e la drammaturgia Fabio Pisano (il 27 e il 28 ottobre al PimOff di Milano), intende farsi portatore dell’importanza della Storia, della sua conoscenza e della sua corretta trasmissione, per evitare che i fatti si ripetano. La vicenda raccontata fa parte della storia con la S maiuscola, ma si compone di tante piccole storie quotidiane. Un racconto a più voci, che vanno da Reggio a Milano, in un periodo storico pervaso dal sentimento di vendetta e di rivalsa.

Minasi Umanita-nova

Le Apocalissi Gnostiche di Lenz

Nell’ambito della ventottesima edizione del Festival Natura Dèi Teatri curato da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, giungerà a compimento la riflessione estetica quadriennale di Lenz sulle letterature del sacro con il debutto nazionale di Apocalissi Gnostiche il 23 ottobre a Lenz Teatro di Parma (repliche il 24-25-26-29-30-31).

La nuova creazione è l’ultimo capitolo del progetto quadriennale dedicato alle Sacre Scritture, una composizione installativa, performativa e visuale di un tesoro testuale criptico e immaginifico che vede il ritorno a Lenz del poeta Marcello Sambati insieme a Sandra Soncini, CL Grugher, Carlotta Spaggiari, Tiziana Cappella. Dopo La Creazione (2021), Numeri (2022) e Apocalisse (2023), Apocalissi Gnostiche prosegue la ricerca dello svelamento delle scritture apocalittiche, dando corpo scenico ad alcuni Codici di Nag Hammadi, un antico tesoro testuale di recente e casuale ritrovamento (Egitto, 1945), costruito con sequenze narrative oscure e lampeggianti, che indicano strade ignote per arrivare alla nuova conoscenza.

La ragione della ricerca di Lenz nelle pieghe dei codici gnostici, la cui datazione risale al I e II secolo dopo Cristo, sta nel bisogno di essere narrati da una diversa apocalittica, di essere ‘illuminati’ da una nuova e divergente rivelazione.

Apocalissi Gnostiche, Lenz Fondazione

Maria Paiato a Flautissimo

Il 27 ottobre, tornano a Roma gli appuntamenti di teatro e musica di Flautissimo, il festival diffuso che quest’anno si terrà al Teatro Palladium, Teatro India, Teatro del Lido, Teatro Vascello e Teatro Torlonia. Diretto da Stefano Cioffi, Flautissimo nato come festival dedicato alla musica classica da camera, nel corso degli anni ha sperimentato nuovi linguaggi dello spettacolo contemporaneo. Oggi è anche teatro, altre musiche e performance cross-disciplinari. Per il terzo anno consecutivo l’apertura è affidata all’attrice Maria Paiato che, il 27 ottobre al Palladium, inaugura la sezione “Parole, Teatro & Musica” con Una e una notte di Ennio Flaiano.

Il 3 e 4 novembre, al Teatro del Lido e al Teatro Vascello, Lucia Mascino sarà in scena con Il sen(n)o, di Monica Dolan, con la regia di Serena Sinigaglia. E al Palladium, il 9 e 10 novembre, tornano le due intense giornate – che ogni anno accolgono centinaia di fedelissimi spettatori provenienti da tutto il mondo – dedicate interamente alla musica da camera con le masterclass e i concerti di alcuni dei migliori flautisti al mondo: Emmanuel Pahud, Silvia Careddu, Denis Bouriakov, Violeta Gil Garcia, Erin Bouriakov, Mario Caroli, Marianna Zolnacz, Riccardo Ghiani, Gaia Bergamaschi, Mario Bruno, Adriana Ferreira, Gianluca Campo. Nelle stesse giornate sarà possibile visitare la mostra degli strumenti musicali (a ingresso gratuito), presso Moby Dick Hub Culturale.

Maria Paiato

PerFormAzione Sociale a Roma

Il territorio come protagonista _ PerFormAzione Sociale, un progetto speciale della Biennale MArteLive dedicato alle arti performative, ideato e diretto da Giuseppe Casa in collaborazione con Cristiana Vaccaro, nasce con l’obiettivo di stimolare la partecipazione attiva della comunità, rendendola protagonista delle dinamiche di crescita sociale e culturale del territorio nel quadrante sud di Roma.

La seconda parte della rassegna propone giovedì 24 ottobre l’imperdibile Antonio Rezza con IO, intramontabile cavallo di battaglia della compagnia RezzaMastrella che racconta di una società infestata da tanti IO che non empatizzano e non comunicano tra loro, ma al contrario vivono una condizione di degradato e alienante individualismo.

Venerdì 25 ottobre in scena l’opera autobiografica Albania casa mia racconta la storia di Aleksandros Memetaj, che cresce lontano dalla sua terra, senza mai sentirsi completamente appartenente al Veneto e anche la storia del padre che lotta per evitare che il figlio cresca nella miseria di uno Stato che non esiste più. In scena Aleksandros Memetaj diretto da Giampiero Rappa.

Aleksandros Memetaj, Albania Casa Mia

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui