-
-
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
-
In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 24 al 30 marzo.
Teatro e danza
Davide Enia racconta Cosa Nostra e la quotidianità del male
«A Palermo, tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra». Partendo dalla cronaca degli anni Ottanta e dalle bombe del ‘92, intorno alla quale costruisce una coinvolgente intelaiatura biografica, Davide Enia, artista associato, con Autoritratto torna al Piccolo Teatro Grassi di Milano (dal 25 marzo al 17) per tracciare «Un autoritratto intimo e collettivo» di una comunità costretta a convivere con la continua epifania del male.
Intrecciando cunto e parole, corpo e dialetto, «gli strumenti che il vocabolario teatrale ha costruito nella mia Palermo», Enia esplora quella che definisce la nevrosi dei suoi concittadini nei confronti della criminalità organizzata: «Per diverse ragioni, da noi la mafia è stata minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata. Ovvero: non è mai stata affrontata per quello che è».
Lo spettacolo, con le musiche dal vivo di Giulio Barocchieri, racconta i continui incontri con Cosa Nostra: i cadaveri incontrati per strada, le persone conosciute uccise dalla mafia, le bombe in città, l’apparizione del male, «il sacro nella sua declinazione di tenebra», alla quale l’artista risponde con «un lavoro che è una tragedia, un’orazione civile, una interrogazione linguistica, un processo di autoanalisi personale e condiviso. Un autoritratto al contempo intimo e collettivo».

Assembly Hall, della coreografa Crystal Pite
Approda in Trentino-Alto Adige, in prima nazionale (dal 27 al 30 marzo al Teatro Comunale di Bolzano, e dal 3 al 5 aprile, al Teatro Sociale di Trento), il nuovo lavoro della compagnia canadese Kidd Pivot dal titolo Assembly Hall, creato dalla coreografa Crystal Pite e dall’attore Jonathon Young, autori delle rivoluzionarie e pluripremiate produzioni Betroffenheit e Revisor: un lavoro che esplora il bisogno umano di comunità e appartenenza, tra movimento e linguaggio, umorismo e creatività. Un lavoro alimentato dal fascino della storia e dal ruolo del linguaggio come forza che anima.
L’assemblea annuale di un’associazione medievale si riunisce nella sala del centro comunale. Spetta all’organo direttivo salvare la cosiddetta “Quest Fest”, dato che il numero di soci è in calo, i debiti aumentano e il centro comunale è fatiscente. Se non si interviene al più presto, l’associazione rischia di chiudere. Man mano che l’assemblea procede, il confine tra realtà e rievocazione si confonde, si risvegliano forze ancestrali e diventa ben presto evidente che in gioco c’è molto di più della rievocazione di un torneo medievale.
La compagnia Kidd Pivot è nota per il suo approccio ibrido, in cui la danza incontra il teatro e il movimento incontra il linguaggio creando uno stile inconfondibile che entusiasma il pubblico in tutto il mondo, e per le tematiche che affronta nei suoi lavori, sempre attuali e di grande rilevanza per la società.
Fedra, il desiderio e la colpa
Scritto nel 1677 a partire da Ippolito di Euripide e Fedra di Seneca, l’opera di Racine – che Federico Tiezzi sceglie nella traduzione di Giovanni Raboni – è un dramma borghese, quasi un Ibsen ante-litteram, diventato nei secoli, dichiara Tiezzi, «La più grande opera sulla passione erotica che il teatro abbia mai prodotto». «In una dimensione claustrofobica» prosegue «dove la ragione scompare sotto la violenza e la tensione del desiderio, i mostri che affiorano di continuo nelle parole dei protagonisti sono quelli dell’inconscio, ancestrali, interpretabili solo con l’ausilio della psicanalisi freudiana. E sotto la sublime, levigata musicalità del verso si rintracciano le figure e le azioni di una tribalità arcaica, dall’incesto all’uccisione del padre».
La regia va a fondo nell’indagine dei personaggi, cogliendo le loro trasformazioni sotto la forza di un desiderio che si trasforma in colpa e in peccato e spingendosi alla suggestione di una vera e propria seduta psicanalitica. Fedra, sconvolta dalla sua passione, infrange l’ordine morale, familiare e sociale attraverso il suo desiderio. All’interno dell’ordine familiare, dentro le regole sociali e dinastiche, l’amore porta il disordine meraviglioso del cuore umano» scrive il regista.
La ragione cede alla violenza erotica e apparenta Fedra a un’altra eroina dell’antichità classica, a Medea. Questa famiglia in cui si manifestano pulsioni la cui coscienza porta alla colpa e alla punizione (secondo il cristianesimo giansenista dell’autore), in cui si dibattono profondità morali, appartiene di diritto al dramma borghese, che da Euripide arriva fino a Ibsen e oltre.

“Fedra”, di Jean Racine, traduzione Giovanni Raboni, regia Federico Tiezzi, con Catherine Bertoni de Laet, Martino D’Amico, Valentina Elia, Elena Ghiaurov, Riccardo Livermore, Bruna Rossi, Massimo Verdastro, scena Franco Raggi, Gregorio Zurla e Federico Tiezzi, costumi Giovanna Buzzi, luci Gianni Pollini, canto Francesca Della Monica, movimenti coreografici Cristiana Morganti. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatri di Pistoia, Compagnia Lombardi-Tiezzi. A Bologna, Arena del Sole, dal 27 al 30 marzo; a Milano, Piccolo Teatro Strehler, dal 9 al 17 aprile.
Molly Bloom. Anatomia di un’antieroina
Apertura della rassegna Scena Nostra Spring Edition col debutto in prima nazionale di Molly Bloom. Anatomia di un’antieroina, spettacolo di e con Serena Ganci e Daniela Macaluso (produzione Babel e Sardegna Teatro, il 29 e 30 marzo, Spazio Franco, Palermo). L’opera è liberamente ispirata all’Ulisse di James Joyce, la pietra miliare della letteratura del XX secolo e della genesi del romanzo moderno, la cui trama, nonostante le più di 700 pagine, si svolge in un solo giorno, il 16 giugno, e in un solo luogo Dublino, rovesciando così il canone epico della tradizione, e raccontando non il destino di un eroe ma la giornata comune di un uomo moderno, Leopold Bloom, uno dei tre protagonisti insieme alla moglie Molly Bloom e Stephen Dedalo.
Nella rilettura di Macaluso che cura l’adattamento drammaturgico nella cui scrittura si “innestano” le musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Serena Ganci, lo sguardo si concentra su Molly Bloom, moderna Penelope che con il suo lungo monologo- una quarantena di pagine- chiudendo il romanzo restituendo il senso di quell’unico giorno. Molly Bloom, la figura della cantante lirica che invece di attendere pazientemente il marito tessendo la tela vivrà le sue avventure e lo tradirà col suo insegnante di musica, diventa sulla scena, l’antieroina che rivendica il suo essere donna, il suo modo di essere madre, di essere moglie ma anche amante; afferma il suo desiderio di vivere la vita con consapevolezza, desiderio e pienezza assoluta.

Bestia da stile, di Pier Paolo Pasolini
La compagnia pugliese Teatro delle Bambole porta in scena il testo di Pier Paolo Pasolini Bestia da stile (a Gioia del Colle, Teatro Rossini, il 28 marzo). Come suggerisce Carmelo Alberti, Bestia da stile è un esperimento di teatro totale, una forma-dramma che si muove tra coordinate multiple tra mito e contemporaneità, tra vita poetica e storia delle società, tra soggettività e populismo. Il dramma segue le vicende del giovane studente di filosofia Jan Palach, il dissidente cecoslovacco che il 16 gennaio 1969 nella piazza San Venceslao di Praga si diede fuoco per protesta contro l’invasione sovietica, che aveva posto fine il 20 agosto del 1968 alla stagione riformatrice della “Primavera di Praga” di Alexander Dubček. Dopo un’agonia di tre giorni, in cui Palach rimase lucido in mezzo ad atroci dolori, si celebrarono i funerali, seguiti da 600.000 persone.
Nella messa in scena, è il suono a dirigere le dinamiche agite dagli attori. Suono delle parole poetiche, memorie di altre parole che sono state l’impalcatura di una vita intera, di parole dette e ascoltate, parole della guerra e della natura, della Rivoluzione e della Libertà. Il testo di Pasolini, tessitura densa dei legami determinati dalle catene di parole, dove ciascuna parola e molteplicità d’altre parole, riproduce incessantemente suoni su suoni, in una sovrapposizione di forme significanti, a volte, ineludibile, come in una partitura di Henri Chopin, dove i “suoni dal corpo” sono rigurgiti delle profondità dell’anima.

Omaggio a Eleonora Duse
Premio Danza&Danza migliore produzione italiana 2024 – Mid Scale, La Duse – Nessuna Opera coreografia di Adriano Bolognino per COB – Compagnia Opus Ballet, racconta attraverso la danza la divina del teatro, una delle figure artistiche più innovative del Novecento, celebrandola in occasione del centenario della scomparsa (1924), e di come la sua arte sia riuscita a cambiare sia i canoni della rappresentazione che il rapporto con lo spettatore (il 26 marzo, Teatro Comunale di Vicenza).
I due creatori Rosaria Di Maro e Adriano Bolognino scelgono di raccontare la straordinarietà di questa donna liberandola dalla visione maschile che ha oscurato il genio femminile. «Il nostro intento – spiegano – è quello di esplorare la donna e le sue peculiarità sulla scena e fuori dalla scena, con al centro il suo rivoluzionario modo di fare teatro. Le pause, la verità, i sentimenti espressi fuori dai canoni sono il fulcro di indagine di la Duse».
Le musiche originali sono state composte da Giuseppe Villarosa, luce e spazio sono di Gianni Staropoli, le scenografie di Loris Giancola e i costumi di Santi Rinciari.

Due spettacoli di Teatrodilina
Lo Spazio Diamante di Roma ospita due riprese importanti del repertorio della compagnia romana Teatrodilina, in un affondo drammaturgico sul tema del rapporto di coppia. Dal 27 al 30 marzo, dopo 10 anni dal debutto, Le vacanze dei signori Lagonìa scritto da Colella e Lagi, con Francesco Colella e Giovanni Ludeno in questa nuova versione; e dal 3 al 6 aprile Il bambino dalle orecchie grandi, con Anna Bellato e Leonardo Maddalena scritto da Francesco Lagi che cura la regia di entrambi gli spettacoli. Due come possibilità di confronto, incontro, ipotesi di condivisione. Un io e tu scandagliato nelle sue pieghe, nel tempo passato ma rivolto al futuro.
Le parole guidano flussi di pensieri, che svelano personaggi ironici, incantati, visionari, ma tanto reali. Una nostalgia divertente e divertita, un’umanità familiare e senza eccessi, segnano una narrazione che ha l’impronta distintiva della compagnia Teatrodilina: la scrittura e la regia di Lagi curano relazioni quotidiane colte nel loro farsi, fotografando tutte le incertezze del vivere contemporaneo e lasciando spazio a un gruppo di attori affiatato e che vibra all’unisono sul testo.

Francesca Benedetti è Erodiade
Due serate “evento” per consacrare la grande carriera di un’icona del Teatro Italiano, Francesca Benedetti (Premio Flaiano 2024), musa di Giovanni Testori che scrisse il Macbett (1974) cucendolo addosso alla sua personalità di fuoriclasse, attraverso la lettura contemporanea di un mito classico Erodiade.
Seduta su un trono rosso sangue simbolico di una finzione continuamente dichiarata dall’autore, l’attrice affronta la scrittura testoriana facendosi carne e sangue di un personaggio controverso e trasgressivo come Erodiade, che oggi si fa vittima più che carnefice. Il Mito di Erodiade per Testori si fa corpo, metà Dio, metà donna scoprendo il lato ambiguo e fluido della sua virilità. L’autore esplora la figura biblica della madre di Salomè e la ribalta. Lo fa spostando ambizione e passione da Salomè a Erodiade. Quindi non più Salomè ma la madre Erodiade, ama e desidera la testa del Battista e usa la figlia per ottenerla; il suo fascino di adolescente è lo strumento perfetto per tessere un piano diabolico: ottenere la testa del Profeta spingendo Salomè nel letto di suo marito.
Erodiade è messa al centro di uno scandalo politico e diventa protagonista di una storia d’amore che sa di orrore e carne; è un pugno alzato contro il cielo, un grido strozzato in gola, forte, aspro, verso un interlocutore sfuggente, un Dio, un Cristo fatto uomo, divenuto amante.

Equus di Peter Shaffer, viaggio nel cuore oscuro del desiderio
«Un cavallo è solo un cavallo? Oppure è il riflesso più profondo e insondabile della nostra natura selvaggia?». Equus è un viaggio nel cuore oscuro del desiderio, un rito iniziatico che affonda nel mito e nella psicologia, un’opera che esplora il mistero dell’identità e il peso del conformismo sociale.
Scritto nel 1973 da Peter Shaffer, questo capolavoro della drammaturgia contemporanea racconta la storia di Alan Strang, un diciassettenne che ha compiuto un atto di violenza incomprensibile: ha accecato sei cavalli. Il compito di comprenderne il motivo spetta allo psichiatra Martin Dysart, uomo disilluso e imprigionato in un’esistenza monotona. Ma più Dysart scava nella mente del ragazzo, più emerge un universo di passione fisica e mistica, che lo mette di fronte alla propria crisi esistenziale e lo porta a interrogarsi sull’eterna lotta tra istinto e ragione, controllo e libertà.
Nel 1973 Shaffer individuava nel consumismo e nell’intrattenimento di massa i grandi strumenti di repressione dell’individuo. 50 anni dopo, come stiamo? Un po’ peggio o un po’ meglio? Molti diritti individuali sulla carta sono stati riconosciuti, ma in mano abbiamo uno strumento che può impedirci di vivere il presente e che rende i nostri desideri superflui e anestetizzati. E i nostri corpi diventano propaggini del telefono, non il contrario. Vanno allenati solo per mostrarli su Instagram.

“Equus” di Peter Shaffer, regia di Carlo Sciaccaluga, con Pietro Giannini, Luca Lazzareschi, Pia Lanciotti, Camilla Semino Favro, Paolo Cresta, Michele De Paola, Giulia Prevedello, movimenti coreografici Claudia Monti, luci Aldo Mantovani, scene e costumi Anna Varaldo, musiche Andrea e Leonardo Nicolini. A Genova, Teatro Eleonora Duse, dal 25 marzo al 6 aprile.
White out, danza circo e alpinismo
White out è il termine con cui in alpinismo si definisce la perdita totale di visibilità nel senso di distanza e direzione. Si crea quando il biancore uniforme di una pesante copertura nuvolosa incontra un terreno innevato, che riflette quasi tutta la luce che riceve, generando l’impossibilità di avanzare o retrocedere. Una condizione di stallo che può portare a conseguenze estreme. Una frontiera tra la vita e la morte dall’aspetto gentile, morbida come le nubi e la neve.
White out. La conquista dell’inutile, creazione, direzione e coreografia di Piergiorgio Milano (il 29 marzo al Teatro delle Muse di Ancona), è un omaggio a tutti gli alpinisti che sono scomparsi o che hanno rischiato di scomparire nel bianco senza fine delle altezze I conquistatori dell’inutile. White Out è uno spettacolo che fonde in maniera totale danza contemporanea, circo di creazione e alpinismo, con un forte carattere cinematografico e teatrale. Tre interpreti danno vita alla narrazione di una tragedia di montagna che viene raccontata con il principio dei flashback e delle alternanze temporali tra le diverse scene. White Out è un viaggio ironico e drammatico, divertente e coinvolgente, non solo attraverso il paesaggio naturale evocato sul palco, ma attraverso l’interiorità umana stessa. La montagna quindi quale specchio dell’uomo.
«L’ambizione più alta di questo spettacolo – dichiara il coreografo – è trasformare l’alpinismo in un linguaggio artistico. Creare un’esperienza coreografica ed una sintesi visiva così forti da trasportare l’immensità della montagna all’interno del teatro, affinché il pubblico possa vivere da vicino la neve, le tempeste, gli strapiombi verticali di roccia».

Kafka e una relazione per un’accademia
Il pluripremiato attore Luca Marinelli firma il debutto della sua prima regia con Una relazione per un’accademia, trasposizione teatrale del testo iconico di Franz Kafka (dal 25 al 30 marzo al Teatro India di Roma), per un affondo sui condizionamenti sociali e sulla forma di libertà a cui aspirare quando si è soggiogati dalla trappola umana. Sul palco il magnetico Fabian Jung nei panni del Signor Rot Peter, la scimmia che sfida una comunità alla ricerca di una via di uscita, ribaltando il rapporto tra uomo e creatura animale.
Peter, la scimmia a cui Kafka dà voce nel 1917, viene catturata e messa in gabbia, ma decide di imitare gli uomini per garantirsi la libertà. Dopo cinque anni, gli antropologi si ritrovano ad ascoltare una scimmia trasformatasi in relatore accademico. In termini grotteschi il testo porta in scena la condizione di chi è costretto a vivere un’esistenza che non gli appartiene, pur di conformarsi e ricavarne una qualche forma di emancipazione: come la stessa scimmia racconta durante la relazione, non è stata la sola ricerca della libertà a suggerire la soluzione ma la necessità.
Marinelli commenta così la scelta di affidare la sua prima regia a un testo kafkiano che esplora i temi della conformità, dell’alienazione e della ricerca di identità: «Quello che il pubblico sentirà è una riproposizione della dinamica che Kafka racconta all’inizio del suo testo: questa scimmia da cinque anni è entrata nel mondo degli uomini e sta iniziando a padroneggiare la “parola”. Ma le scimmie sentono con la pancia e non hanno la padronanza della lingua. Fabian non parla italiano e per noi questo è stato un aspetto fondamentale e un punto di partenza divertente».

Trittico fragile al BAM Spring Festival di Milano
La Fondazione Riccardo Catella celebra la bella stagione con BAM Spring Festival, una grande giornata di festa all’insegna della danza che dà inizio al programma culturale 2025 di BAM – Biblioteca degli Alberi Milano, e inaugura Il Roseto di BAM – Oasi degli Insetti e delle Farfalle, nuova oasi botanica inclusiva con oltre 90 rose progettata dalla Fondazione come modello innovativo di aree verde accessibile a persone con diverse disabilità ed estensione dell’impegno della cura dello spazio pubblico all’interno dell’area di Portanuova.
Protagonista della giornata è il fiore, simbolo di fragilità, delicatezza e bellezza effimera, raccontato attraverso il linguaggio della danza, al centro sia degli appuntamenti in programma sia del nuovo spazio verde che accoglie oltre 90 varietà di rose e piante nutrici e nettarifere. Cuore della giornata è Trittico Fragile, rassegna di tre performance di danza contemporanea site-specific incentrate sul tema della fragilità e curate da giovani compagnie italiane.
Tra queste ALEXIS 2.0 – Fiorire per non morire di Aristide Rontini; due coreografie in prima assoluta commissionate dalla Fondazione alla compagnia milanese VIDAVÈ Company ETS, duo che conduce una ricerca approfondita sulle street e urban dances in contaminazione con l’estetica della danza contemporanea, e al collettivo artistico Fattoria Vittadini; e un lavoro di Elisa Sbaragli, la cui ricerca indaga l’interazione tra corpi, luoghi e componenti non-umane.
Inoltre, in collaborazione con MILANoLTRE Festival, la performance in prima assoluta in Italia, Same Love – A tribute to a rose, a cura della Company MEK di Basilea fondata dal coreografo svizzero di origini turche Muhammed Kaltuk, il cui linguaggio potente e unico fonde elementi di hip hop e danza contemporanea con forme più tradizionali.
