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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 25 al 31 marzo.
Danza e teatro
OMAGGIO IN DANZA ALLA MUSICA DI PHILIP GLASS
Uno spettacolo in anteprima mondiale dedicato a Philip Glass, il compositore americano all’origine della minimal music che, a cavallo tra i due secoli, è stato protagonista della scena musicale, in quanto mentore del rinnovamento e dell’ibridazione delle arti performative a livello internazionale. Dancing Glass (il 27 e 28 marzo a Roma, Auditorium della Nuvola, nell’ambito di Eur Culture, rassegna culturale di Eur SpA), gli rende omaggio mettendo in luce le caratteristiche originali della sua creatività musicale: a partire dal rivoluzionario Einstein on the beach, creato con Robert Wilson in collaborazione con Lucinda Childs come coreografa e performer, nel 1976. Nello spettacolo risuoneranno 12 Etudes in dialogo con altrettante creazioni originali commissionate ad autori, coreografi, musicisti e video-artisti internazionali. La curatela artistica è di Lucinda Childsper la danza, e di Oscar Pizzo per la musica.
Lo spettacolo sarà composto da nuove creazioni di Lucinda Childs, della brasiliana Cassi Abranches, coreografa residente nel Grupo Corpo, del giapponese Shintaro Hirahara, autore delle coreografie per le cerimonie di apertura e chiusura delle ultime Olimpiadi di Tokyo, di Michele Pogliani, già danzatore nel tour mondiale di Einstein on the beach, ora a capo della giovane formazione MP3 Dance Project, che sarà interprete di tutte le coreografie, con l’eccezionale partecipazione del performer sudafricano Llewellyn Mnguni, che sarà in scena con una propria creazione. Per la componente video-arte l’artista iraniana-americana, Shirin Neshat, il giapponese Hiroshi Sugimoto, l’artista multimediale Fabio Cherstich e il collettivo italiano Anagoor. I riferimenti musicali multiculturali di Glass sono evocati dagli arrangiamenti originali del musicista turco Kudsi Erguner, del compositore sud-africano Philip Miller, da Roberta Cuña Valente con il suo ensemble di musica brasiliana “Choro”, da Mana Yoshinaga, virtuosa del kotò e da Anna-Liisa Eller virtuosa del kannel. Le esecuzioni live degli Etudes per piano saranno eseguite dal pianista Jacopo Petrucci.
NEL FIRMAMENTO DI MARCOS MORAU
In Firmamento, ultima creazione dell’artista e coreografo spagnolo Marcos Morau, un mondo finisce e un altro sta per iniziare. È quello che succede quando si è adolescenti: si fatica a lasciare l’infanzia e si vorrebbe continuare a giocare spensieratamente, ma allo stesso tempo si desidera l’età adulta e si guarda al futuro con eccitazione e desiderio. Firmamento ci porta su questa soglia, in un’atmosfera onirica, davanti a un labirinto dove tutto, o quasi, sembra possibile. Dov’è la via d’uscita? Cosa è reale e cosa è fantasia? Che tipo di mondo c’è dietro questa porta? Sfidando ancora una volta il linguaggio della logica, entriamo in un universo di opportunità, senza confini e senza limiti: l’ambiente perfetto per un pubblico di adolescenti di tutte le età, che riesce ancora a guardare al domani con la curiosità di vedere e la voglia di sperimentare tutto. I movimenti dei danzatori, gesti spezzati e poi ricomposti in affascinanti tableaux vivants, trasportano in un mondo popolato da maschere e marionette, davanti a un cielo di infinite possibilità in cui tutto sembra realizzabile, come infinite appaiono le opportunità per chi sogna di crescere. Dopo Pasionaria e Sonoma, presentati all’interno delle ultime due edizioni del festival, La Veronal torna al FOG di Milano – il 26 e 27 marzo – per il terzo anno consecutivo con un altro lavoro nato dal genio visionario di Morau, una coproduzione firmata Triennale Milano Teatro.
LA DANZA DI MEG STUART TRA I NURAGHI DELLA SARDEGNA
L’opera Steal you for a moment di Meg Stuart (Leone d’oro alla carriera) e Francisco Camacho (in prima assoluta il 27 marzo a Cagliari, Sa Manifattura, per Fuorimargine, Centro di Produzione di Danza e Arti Performative della Sardegna), conclude un periodo di residenza e ricerca in Sardegna, e che vede la collaborazione di Damaged Goods e EIRA, a partire da un rapporto profondo con l’isola, i suoi archetipi e le sue atmosfere e i resti che costellano il paesaggio. La collaborazione artistica tra Camacho e Stuart risale ai primi lavori della Stuart, in particolare Disfigure Study (1991). Ora si riuniscono sul palco per un duetto che trae ispirazione dalle misteriose rovine nuragiche della Sardegna. Al crepuscolo di questa antica civiltà, giganti di pietra custodivano le coste dell’isola – tracce di una ricca cultura che si è lentamente erosa. Andando oltre le mura del museo, Camacho e Stuart si addentrano nelle lacune, nelle assenze della documentazione. Cosa rimane? L’artista visivo Gaëtan Rusquet e il sound designer Vincent Malstaf creano un paesaggio che, come i siti nuragici, potrebbe provenire dal futuro o addirittura esistere al di fuori del tempo. In questo spazio, Camacho e Stuart scavano manufatti emozionali. Cercano un contrasto di dimensioni e di scala: le pose minimali si infiammano di sentimento, la rabbia e la forza sono compresse e trattenute. Con le loro voci incanalano un linguaggio perduto, tessendo connessioni che attraversano universi. Si incontrano attraverso il ritmo e la ripetizione, riavvolgono e accelerano, codificano e decifrano, creano e rompono schemi. Ascoltando il passato, costruiscono un’archeologia del presente che non distingue tra mistico e mondano.
QUEI GIORNI FELICI DI ELENA RUSSO ARMAN
“Mi sono chiesto se, gli spettatori di oggi siano disposti a condividere il senso della visione beckettiana – scrive il regista Francesco Frongia -; come si è trasformata l’idea dell’assurdità del vivere, il senso apocalittico dell’essere bloccati in una eterna e felicissima giornata scandita dal campanello della sveglia e del sonno è ancora attuale? Mai come in questo momento l’umanità si sta rendendo conto della complessità del conoscere, le voci aumentano, i pareri si moltiplicano, l’esperienza sembra non venire più considerata un valore. Rileggere Samuel Beckett oggi ci permette di apprezzare tutto lo sforzo e la passione che serve per vivere pienamente e felicemente in questo mondo come in quello di allora.
Un critico ha detto che Beckett «ha realizzato il teoricamente impossibile, un’opera in cui non succede nulla, ma che tiene incollati gli spettatori ai loro posti». L’etichetta di autore di Teatro dell’assurdo nel caso di Beckett annulla la potenza tragicomica dei suoi personaggi. Le sue creazioni chiuse nel recinto del genere appassiscono e sviliscono. Il compito di passare dalla scrittura al palco richiede un’interprete precisa, sensibile, forte e delicata nello stesso momento. …Riuscire a essere parte di un personaggio, gettarsi nella ‘voragine del se’, non lamentarsi nonostante le fuggevoli gioie e i perenni dolori che il lavoro del palcoscenico impone non fanno parte del carattere di Elena Russo Arman, l’interprete di Giorni felici. Il suo rapporto con i partner sul palco rende speciale anche la relazione con il suo Willie (Roberto Dibitonto), impegnato nel difficilissimo compito di punteggiare la loro vita incastrata in un deserto al confine del mondo. Due esseri solitari in un mondo che si sta estinguendo. Non è così che ci sentiamo, a volte? Ma per fortuna, noi come Winnie e Willie, sappiamo che non siamo soli, che anche il più piccolo gesto gentile può rendere un giorno, un altro giorno felice”.
“Giorni felici”, di Samuel Beckett traduzione Gabriele Frasca, regia Francesco Frongia, con Elena Russo Arman, Roberto Dibitonto, scene e costumi Ferdinando Bruni, luci Roberta Faiolo, suono Lorenzo Crippa. Produzione Teatro dell’Elfo, in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Curtis Brown Group Ltd. A Milano, teatro dell’Elfo, dal 20 marzo al 21 aprile. Prima nazionale
DUE COREOGRAFIE SUL CORPO CHE INVECCHIA
Dittico firmato da due maestri della danza francese, Rachid Ouramdane e Angelin Preljocaj, Un jour nouveau | Birthday Party esplora una scrittura coreografica capace di abbracciare i limiti del corpo che invecchia, per dieci interpreti tra i 64 e gli 80 anni. La domanda centrale, in questo lavoro è, come suggerisce Preljocaj: qual è l’età di un corpo? Il linguaggio fisico è il più adatto a raccontare cosa accade a ciascuno di noi con il passare degli anni: l’invecchiamento non è infatti un problema per l’attore, lo scrittore o per l’artista visivo, ma per chi danza, invece? Un jour nouveau | Birthday Party è un esperimento che riscrive i limiti del corpo danzante per interrogare profondamente i canoni di bellezza e di virtuosismo. Ouramdane orienta il suo interesse al music-hall, spazio espressivo per la danza popolare e colta, che rappresenta anche una specifica dimensione sociale. Un jour nouveau è un passo a due fra due ballerini che racconta le metamorfosi di una storia d’amore, tra memoria e ricordi che sfuggono. In Birthday Party Preljocaj lavora con ex danzatori (un newyorkese, una francese, un’italiana e un belga) ma anche con un medico, un attore ex operaio, una cantante uruguaiana, un’impiegata vietnamita che pratica Tai Chi e Qui Gong. Nell’atmosfera di una ironica festa di compleanno, si alternano emozioni diverse che vanno dalla malinconia all’euforia, restituendo l’universo variegato di uomini e donne maturi disposti a mettersi in gioco per dimostrare che se la danza è espressione della vita, non ci sono limiti temporali e fisici che possano ostacolarla.
Una coproduzione internazionale di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Ballet Preljocaj, Chaillot – Théâtre national de la Danse, Festival Aperto / Fondazione I Teatri e Centro Servizi Culturali Santa Chiara, a Cesena, Teatro Bonci, il 27 marzo.
LE NUOVE VARIAZIONI GOLDBERG DI VIRGILIO SIENI
Un nuovo allestimento a oltre 20 anni dal debutto e dopo aver toccato le città di tutto il mondo di Solo Goldberg Variations di Virgilio Sieni con le musiche di S. Bach eseguite dal vivo dal pianista e compositore Andrea Rebaudengo (il 26 marzo al Teatro Palladium di Roma (nell’ambito di Vertigine, la stagione danza del Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita | Spellbound curata da Valentina Marini). Le Variazioni Goldberg di Bach definiscono una metrica e un’architettura immateriale in cui la danza si iscrive in un continuo ripensamento del corpo. Un corpo che assimila memorie figurative del passato – mai citate direttamente, piuttosto affettuosamente evocate in un percorso intimo – e diviene la soglia attraverso la quale riflettere sul futuro. Solo Goldberg Variations è un viaggio del gesto da una figura all’altra, negli intrecci e nei chiasmi, attraverso risonanze e svelamenti dell’opera d’arte, un lavoro “fondato sul riconoscimento e sul rinnovamento” come afferma Sieni che aggiunge: “le immagini del passato, o meglio l’archeologia, pongono sempre domande in attesa di risposta. Il passato non è statico ma si muove verso di noi secondo un tempo di risonanza. Nel gesto ondulatorio insito nel rivolgersi al passato si annida l’esperienza conoscitiva e sorgiva dell’origine che non risiede in un luogo, nel luogo del passato, ma nella capacità dell’individuo di porsi domande che lo scuotono dal torpore spesso omologato della contemporaneità.”
CHIARA FRIGO E MARIO COCCETTI PER EGRIBIANCODANZA
La collaborazione tra la stagione de IPUNTIDANZA della Fondazione Egri per la Danza e “Linguaggi futuri” della Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani ONLUS prosegue con lo spettacolo, in prima assoluta, il 27 marzo, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, di AREPO#2: nuovi autori per EBD, spettacolo nato dall’omonimo bando della seconda edizione Fondazione Egri per la Danza, dedicato ai coreografi Over 35. Due i coreografi selezionati, Mario Coccetti e Chiara Frigo, che si sono ispirati al tema portante di questa edizione del bando, “Body and Soul”, e messe in scena dai danzatori della Compagnia EgriBiancoDanza. Drift di Mario Coccetti, parte dal tema della frenesia intesa come stato di irrazionalità capace di cancellare la realtà e il presente, e conduce il danzatore a mettere alla prova le personali resistenze fisiche e psicologiche in una tessitura coreografica fatta di gesti, dinamismo, spazialità, possenza e leitmotiv. Chiara Frigo mette invece al centro la propria ricerca sui temi della spiritualità nell’arte con Wandern, coreografia che si inserisce in un percorso artistico personale inaugurato con Himalaya_drumming. In WANDERN, ovvero nel “girovagare”, non c’è alcun punto di arrivo, non si scalano cime, ma si ritrova invece un movimento corale che tenta di avvicinarsi ad una dimensione non solo terrena. Lo spettacolo si interessa inoltre alle partiture musicali di compositori del Novecento, e sarà scandito dalle note di Steve Reich.
INCOMPRENSIONI GENERAZIONALI NEL TESTO DI FLORIAN ZELLER
Il regista Piero Maccarinelli torna a confrontarsi con la tematica del conflitto tra mondo giovanile e famiglia. Lo fa con Il Figlio di Florian Zeller, autore francese già premio Oscar per la sceneggiatura della pellicola Il Padre, testo che Maccarinelli ha portato in scena a teatro, dove sono analizzati i rapporti familiari in relazione all’Alzheimer. Con Il figlio Zeller compie un nuovo affondo nelle implicazioni umane e sociali della sfera familiare, concentrandosi sul terreno delle incomprensioni generazionali. La trama ci racconta di Nicola, studente dell’ultima classe di liceo che vive a casa con la madre, Anna. I genitori sono separati e il padre, Piero, ha appena avuto un altro figlio con Sofia, la sua nuova compagna. La calma apparente della quotidianità si rompe quando Anna scopre che, da ben tre mesi, Nicola ha abbandonato la scuola. “Sono le prime scene di un testo capace di conquistare – spiega Maccarinelli – grazie non solo alla bellezza del linguaggio ma alla capacità di introspezione, ai rimandi fra un personaggio e l’altro, al manifestarsi delle loro debolezze e incapacità nel capire se stessi e gli altri. È la vita in tutte le sue sfaccettature, per piantare uno specchio nel cuore a tutti i genitori di un figlio adolescente”.
“Il Figlio”, di Florian Zeller, traduzione e regia Piero Maccarinelli, con Cesare Bocci, Galatea Ranzi, Giulio Pranno, Marta Gastini e con Riccardo Floris, scene Carlo de Marino, costumi Gianluca Sbicca, musiche Antonio di Pofi, luci Javier Delle Monache. Produzione Il Parioli e Teatro Della Pergola. A Brescia, Teatro Sociale, il 26 e il 27 marzo.
LA FAVOLA NERA DI EDIPO RE
«Anche se la tragedia ci arriva da un mondo lontano – scrivono i registi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia – anche se le sue storie prendono ispirazione da narrazioni ancora più remote, è difficile immaginare qualcosa di più adatto alla nostra epoca di questa forma d’arte che descrive la transizione tra un vecchio mondo che sta scomparendo e un nuovo mondo di cui ancora sappiamo molto poco». Torna in scena (al Teatro Elfo Puccini di Milano, fino al 29 marzo) Edipo re, una favola nera, il viaggio visionario e musicale in compagnia di Edipo, “colui che sogna i sogni profondi”. Bruni e Frongia, con sguardo contemporaneo, provano a reinventare il rito della tragedia: l’uso delle maschere, i costumi materici di Antonio Marras, che divengono presenze scenografiche, come anche il cast tutto maschile allontanano il racconto da ogni realismo per avvicinarlo a una dimensione sciamanica e onirica, capace di emozionare e di parlare all’inconscio. Lo spettacolo, che aveva debuttato nel marzo 2022, vede protagonisti Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia e Vincenzo Grassi, interpreti di tutti i personaggi del mito di Edipo, che viene ripercorso attraverso il capolavoro di Sofocle e le sue variazioni, da Seneca a Dryden e Lee, da Thomas Mann a Hoffmansthal, fino a Cocteau, Dürrenmatt e Berkoff.
LUCIA LAVIA È L’IGNOTA DI PIRANDELLO
Come tu mi vuoi, capolavoro della maturità di Luigi Pirandello (al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno il 26 e 27 marzo), firmato dal regista Luca De Fusco, vede Lucia Lavia, nei panni della protagonista, L’ignota, e con Francesco Biscione, Alessandra Pacifico, Paride Cicirello, Nicola Costa, Alessandro Balletta, Alessandra Costanzo, Bruno Torrisi, Pierluigi Corallo, Isabella Giacobbe. Come tu mi vuoi è un testo misterioso in cui la protagonista, L’ignota, appare completamente diversa nel primo e nel secondo atto.
«Chi è veramente L’ignota? – si domanda De Fusco nelle note di regia – È Elma, la ballerina – cortigiana del primo atto o Cia la moglie borghese del secondo? É certamente una persona la cui mente è una stanza piena di gente – come recita il formidabile libro su un caso di schizofrenia di Daniel Keyes – ovvero un corpo senza nome come dice lei stessa. Altrettanto certamente è un animale da palcoscenico, visto che solo nella danza trova espressione di sé. Altro elemento sicuro è che Elma/Cia vive immersa nel vino e distingue poco i confini tra realtà, sogno, immaginazione, ricordi. Partendo da questi pochi elementi sicuri, abbiamo intrapreso un percorso simile a una navigazione nella nebbia con pochi fari all’orizzonte. Questa regia – scrive infine De Fusco – somiglia più al mio antico Vestire gli ignudi del 2009, che ai miei più recenti Pirandello con Eros Pagni. Forse perché questo testo per la sua imperfezione mi sembra richieda un maggiore intervento del regista, forse perché la presenza di una prima attrice più giovane mi ha stimolato verso direzioni più eccentriche».