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In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 27 novembre al 3 dicembre
Teatro
In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 27 novembre al 3 dicembre
Teatro e Danza
LA TRILOGIA DI ÁGOTA KRISTÓF
«In principio era la lingua. E la lingua era una sola. Oggetti, cose, sentimenti, colori, sogni, lettere, libri, giornali, erano la lingua. Non avrei mai immaginato che potesse esistere un’altra lingua, che un essere umano potesse pronunciare parole che non sarei riuscita a capire. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Per quale motivo?». Così scrive Ágota Kristóf. Il pregio letterario della sua opera si fonda innanzitutto sull’uso di un linguaggio che rappresenta una «terra di mezzo in cui verità e menzogna si confondono».
A dare forma al groviglio che scaturisce dal sovrapporsi di linee temporali, spaziali e autobiografiche del celebre romanzo della scrittrice e drammaturga ungherese, è il progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander per il Piccolo Teatro di Milano. Una fiaba nera. Un inferno familiare, quotidiano e impossibile, concreto e astratto, degradato e nobile, crudele e innocente. Nel gioco raffinato degli sdoppiamenti, una straniera ci precipita nell’abisso di un’infanzia guastata. Una storia a cui all’improvviso non si riesce nemmeno più a credere. In uno spazio circolare vuoto avanza una donna dall’accento straniero. Racconta una fiaba nera di innocenza e malvagità. È la storia della sua vita? In una frontiera di una delle tante guerre, due gemelli sono affidati dalla madre alla nonna, che è per loro una sconosciuta, una strega, un’assassina. Questa storia parla del loro legame, del loro trauma, del loro mentirsi, del loro perdersi nel grande quaderno di un mondo scritto in una lingua incomprensibile. La serie progressiva di personaggi che si moltiplicano con ritmo implacabile assume l’aspetto di strane carte: pannelli animati che traducono la scena del teatro mentale della narratrice.
“Trilogia della città di K.”, un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander, tratto dal romanzo omonimo di Ágota Kristóf, adattamento e drammaturgia Chiara Lagani, regia Luigi De Angelis, scene, luci, video Luigi De Angelis, costumi Gianluca Sbicca, musiche e sound design Mirto Baliani e Emanuele Wiltsch Barberio, allestimento multimediale Michele Mescalchin, con con Federica Fracassi, Andrea Argentieri, Consuelo Battiston, Alessandro Berti, Lorenzo Gleijeses, e partecipazione in video. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. A Milano, Piccolo teatro, Teatro Studio Melato, dal 23 novembre al 21 dicembre.
MARCOS MORAU A GENOVA
In un mondo in cui tutto perde di significato, un gruppo di donne cerca una via di fuga nella irrazionalità pura e nell’istinto e ci trasportano in un mondo arcaico in cui religione, tradizioni popolari, misticismo, ritualità e realtà trasfigurata si fondono con canti seducenti e suoni del folklore provenienti da diverse aree geografiche del mondo – Grecia, Russia, Messico, America Latina – combinati con note wagneriane e suoni elettronici.
Nell’ambito della rassegna “Resistere e Creare”, arriva (a Genova, Teatri di S.Agostino, il 2 e 3 dicembre) Sonoma lo spettacolo pluripremiato del regista e coreografo valenciano Marcos Morau, realizzato con la sua compagnia di danza LA Veronal, lavoro nato nell’estate 2020, subito dopo la prima ondata pandemica, che ha consacrato Morau alla fama internazionale. “Sonoma” – dal greco soma (corpo) e dal latino sonum (suono) – porta in scena una performance potentissima, in cui si fondono senza soluzione di continuità, tecniche, stili e suggestioni; un viaggio in un universo surreale pieno di teatralità, originalità visionaria e affreschi fantastici, ad evocare influenze letterarie, pittoriche e cinematografiche.
Il lavoro di Morau, artista eclettico, si ispira infatti al surrealismo e al mondo onirico del regista Luis Buñuel – su una linea di continuità con il precedente Le Surréalisme au service de la révolution – fondendo opera, danza e teatro fisico, alla continua ricerca di nuovi modi di esprimere e comunicare un presente tanto turbolento e mutevole e dando vita ad un lavoro ricchissimo nei temi e nelle citazioni, nelle suggestioni etiche ed estetiche.
CHI RESTA DOPO LA MORTE
«Questo spettacolo non parla della morte, parla di noi dopo la morte, di chi resta, e di chi “va in cielo” come ci dicevano da piccoli, e compie quel viaggio misterioso e incomprensibile per chi rimane solo sulla terra». Una figlia attraversa l’esperienza dolorosa della perdita della madre: è il racconto di Chi resta, il nuovo lavoro firmato da Matilde Vigna attrice due volte Premio Ubu e Premio Eleonora Duse 2021, alla sua seconda prova da autrice e regista dopo il successo di Una riga nera al piano di sopra, qui affiancata nell’ideazione del progetto e nella regia da Anna Zanetti. Interprete, insieme a Vigna, nel ruolo della madre è Daniela Piperno. In scena una distesa di macerie: polvere, regolite lunare, il suolo di un pianeta sconosciuto. Sotto questa coperta di cocci c’è Matilde con la sua voce (“mamma?”), prima fioca, che poi cresce e si fa sempre più forte. È di una giovane donna che non sarà mai madre, non è più una figlia perché ha perso l’ultimo genitore e rimane sola a ricostruire una propria vita a partire dai frammenti della vita precedente.
C’è un dolore che diventa protagonista – in assenza di un altro essere umano che reclami le sue cure e il suo tempo con urgenza – un dolore insopportabile, insostenibile, che riporta all’infanzia. Chi resta affronta anche il tema urgente e attuale della solitudine di una generazione, esperta ed efficace nella comunicazione, ma con evidenti problemi relazionali, delle responsabilità che la sommergono, della grottesca burocrazia post-mortem e di un dolore che divora tutto.
“Chi resta”, ideazione e regia Matilde Vigna, Anna Zanetti, con Daniela Piperno, Matilde Vigna, video Federico Meneghini, progetto sonoro Alessio Foglia, musiche originali spallarossa, luci Umberto Camponeschi, dramaturg Greta Cappelletti. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, in collaborazione con La Corte Ospitale. A Bologna, Teatro delle Moline, dal 28 novembre al 10 dicembre.
LO STRANIERO DI BLACK STAR
Richiamandosi al Tito Andronico, opera d’esordio di William Shakespeare, Fabrizio Sinisi e Fabrizio Arcuri portano in scena con Black Star un ambiguo trattato sulla violenza, e in particolare sulla violenza sociale legata alla presenza dello straniero: un’analisi spietata di una società – la nostra – che s’illude di aver rimosso da sé ogni forma di ferocia, ma che ne ha solo occultato i meccanismi. Lo straniero che affolla le nostre città continua, oggi come ieri, ad essere la vittima sacrificale di un ingranaggio tanto crudele quanto misconosciuto. Black Star, con le forme di un teatro in versi e di una struttura prismatica, si pone come una tragedia contemporanea, mettendo in evidenza il meccanismo feroce su cui il nostro mondo continua a fondarsi.
Quattro episodi: ciascuno con un diverso protagonista e una (apparentemente) diversa vicenda. Nel primo, una donna di mezza età s’innamora di un mendicante. Nel secondo, un cruento episodio di cronaca. Nel terzo, una crisi matrimoniale. Nel quarto, un raid a sfondo razzista nella periferia di una grande città. Ogni episodio con un suo linguaggio e un suo genere di riferimento: contrasto amoroso, tragedia di vendetta, dramma borghese, teatro di narrazione. Un solo elemento accomuna questi quattro quadri: la presenza di un giovane afrodiscendente, un immigrato africano di nome Grock, che attraversa le vicende in modo ambiguo e sfuggente, assumendo via via su di sé i più diversi significati: corpo erotico, avversario politico, vittima sociale, capro espiatorio.
“Black Star”, di Fabrizio Sinisi, regia e luci Fabrizio Arcuri, con Gabriele Benedetti, Martin Chishimba, Michele Guidi, Aglaia Mora, Maria Roveran, musiche composte ed eseguite dal vivo da Giulio Ragno Favero, scene e costumi Luigina Tusini, video Renzo Carbonera, una co–produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa. Dopo il debutto al Teatro Palamostre di Udine per la Stagione Teatro Contatto, lo spettacolo prosegue a Torino, Teatro Astra, dal 30 novembre al 3 dicembre, e a Prato, Teatro Fabbricone, dal 7 al 10 dicembre.
IL MINISTERO DELLA SOLITUDINE
Lo spunto dello spettacolo nasce da una notizia di cronaca politica internazionale. Nel gennaio 2018, la Gran Bretagna ha nominato ufficialmente un ministro della Solitudine, il primo al mondo, per far fronte ai disagi che questa può̀ provocare a livello emotivo, fisico e sociale. L’anno successivo viene inaugurato il relativo Ministero, «istituzione dalla natura politicamente ambigua e dalle finalità̀ incerte». A partire da questa vicenda, la compagnia lacasadargilla di Lisa Ferlazzo Natoli, inaugura una riflessione su un luogo – reale e immaginifico – capace di operare con linguaggi e dispositivi narrativi intorno ai desideri, ai rimossi e alle immaginazioni di un’epoca che sempre più̀ richiede di ragionare con cura sulle comunità̀ dei viventi.
Una scrittura originale di, con e per cinque attori, strutturata per flash, incontri, incidenti e costituita da partiture fisiche all’orlo di una danza. Una storia che indaga la solitudine innanzitutto come incapacità̀, come difficoltà del desiderio – oggetto non controllabile per definizione – a trovare una corrispondenza, avendo in sé una speranza troppo alta, spericolata o eccessiva, per potersi mai realizzare. O ancora quella solitudine in cui si sprofonda perché́ ciò̀ che è successo è irrecuperabile, e non interessa a nessuno.
“Il ministero della Solitudine”, regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni, parole di e con Caterina Carpio, Tania Garribba, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano, drammaturgia del testo Fabrizio Sinisi, drammaturgia del movimento Marta Ciappina, spazio scenico e paesaggi sonori Alessandro Ferroni, luci Luigi Biondi, costumi Anna Missaglia. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Metastasio di Prato In collaborazione con lacasadargilla. A Roma, Teatro Argentina, fino al 3 dicembre; il 5 al Teatro dell’Unione, Viterbo; il 7 dicembre al Teatro Sociale, Brescia; il 9 al Teatro Galli, Rimini; e dal 12 al 17 al Piccolo Teatro, Milano.
ELOGIO DELLA VITA A ROVESCIO
Prendendo spunto da una raccolta di articoli di Karl Kraus, Elogio della vita a rovescio (alla Triennale Milano, dal 29 novembre al 3 dicembre) è una prima produzione attorno all’opera di Han Kang, progetto biennale che porterà nel 2024 alla messa in scena del capolavoro della scrittrice coreana, La vegetariana (Man Booker International Prize 2016). L’attenzione dell’attrice, autrice e regista Daria Deflorian, si concentra su uno dei temi più raccontati dalla scrittrice: il rapporto tra due sorelle. In scena, Giulia Scotti (con la quale Deflorian condivide il lavoro) impersona la sorella che ce l’ha fatta, quella che fin da bambina aveva la forza di carattere necessaria a farsi strada nella vita. Ma l’osmosi tra le due sorelle è una corrente infinita, e forse anche quello che ha fatto l’altra, quella “strana”, quella crepata, è stato fatto per noi. Sullo sfondo si muove, incessante, la violenza delle relazioni domestiche. E sullo sfondo dello sfondo, la violenza del mondo.
LUCY FESTIVAL A FORLÌ
Dopo Bologna, prosegue fino al 3 dicembre a Forlì, al Teatro Testori, la seconda edizione di LUCY Festival, linguaggi della scena technologically oriented, ideato dalla Compagnia Sblocco 5 e la direzione artistica di Ivonne Capece e Micol Vighi. LUCY è un festival multidisciplinare, che coinvolge il pubblico nella scoperta delle nuove frontiere del contemporaneo, attraverso la molteplicità tecnologica dei linguaggi espressivi e della loro innovazione, per favorire la contaminazione tra cultura umanistica e sapere scientifico. Una vasta gamma di esperienze artistiche e una profonda esplorazione di suono, tecnologia, robotica, multimedia, video e spettacoli non convenzionali, al confine tra le arti e i generi, in cerca di un ibridismo che sfida le convenzioni su ciò che definiamo teatro.
In programma: Twittering Machine video-istallazioni psichedeliche e musica elettronica dal vivo a cura di Lady Maru per riflettere sulla crudeltà quotidiana della società dei network e dei social; Sezione century: io non ci sono, performance audio rituale per immergersi nei luoghi che hanno segnato Forlì negli anni del fascismo; INSIDE ME + LUCY 2 performance parallele su uomo e natura, e uomo e tecnologia, tra alberi e macchine, un percorso simbolico, spirituale, quasi biblico sulle dinamiche del Progresso umano, dalla scoperta del fuoco al futuro robotico, attraverso le parole di Leopardi; Todos los males e talk con gli artisti a cura di Alessandro Iachino Film-spettacolo di Simone Derai compagnia Anagoor, tratto dall’allestimento de Les Incas Du Perou/ Les Indes Galantes, un film che si guarda in teatro, una sperimentazione raffinata tra generi e mondi artistici sulla colonizzazione del Nuovo Mondo e lo sterminio degli Indios.
NETWORK INTERNAZIONALE DANZA PUGLIA
Iniziata il 28 ottobre (e proseguirà fino a giugno con programmi nei fine settimana), la decima edizione si è aperta con il titolo Tessere Trame, la danza intesa come connettore tra mondi e realtà differenti, che in dieci anni di attività il progetto di formazione e sensibilizzazione dedicato all’arte coreutica ideato e diretto dal danzatore e coreografo Ezio Schiavulli, ha intrecciato da nord a sud, da una parte all’altra del mondo. Il progetto curato dall’Associazione Ri.E.S.CO., ha rinnovato l’offerta formativa dedicata a insegnanti e allievi della danza pugliesi ampliando i progetti pedagogici e mantenendo, allo stesso tempo, la volontà di offrire una visione altamente professionale a chi aderisce ai percorsi, con coreografi professionisti internazionali, sensibili all’evoluzione e alla crescita artistica.
Coreografi ospiti del weekend 2 e 3 dicembre sono Eliana Stragapede e Borna Babić con lo spettacolo AMAE che si interroga e indaga il bisogno di co-dipendenza nelle relazioni umane. Il desiderio di essere amati passivamente, cercando l’indulgenza dell’altro. Il desiderio di circondarsi completamente e di sentirsi solidali con l’altro, cercando di trascurare ed evitare il confronto con la realtà oggettiva esterna. Fino a che punto può portarci questo bisogno, per cui dall’amore si comincia a ferire, dal prendersi cura si diventa ossessivi e dal sostegno si finisce per controllare? Tutte le informazioni e il programma sul sito networkdanzapuglia.it.
96 ORE NEL CENTRO DI PRIMA ACCOGLIENZA
Regista e attore siciliano da anni impegnato nel teatro civile, Angelo Campolo porta in scena al Biondo di Palermo, fino al 3 dicembre (Produzione Teatro Biondo di Palermo) un viaggio nella giustizia minorile con occhi spogli da pregiudizi. Lo spettacolo dal titolo 96 ore, parla di giustizia e rieducazione con l’intento di offrire uno spazio del possibile a storie di vita non ancora irrimediabilmente segnate.
Lo spettacolo propone tre storie ispirate a testimonianze che l’autore ha raccolto nel suo lavoro di ricerca in alcuni CPA italiani, l’acronimo di Centro di prima accoglienza, un luogo previsto dalla giustizia italiana per ospitare minorenni a seguito di un fermo in flagranza di reato, fino all’udienza di convalida con il giudice, entro il termine tassativo di 96 ore. Sono vere e proprie “case”, con tanto di dormitorio e stanza ricreativa, che non si caratterizzano come strutture di tipo carcerario. Dentro vi lavorano equipe di educatori, assistenti sociali e poliziotti in abiti borghesi. Il loro compito è ricostruire le storie dei minori che vi transitano dopo il momento traumatico del fermo. Un lavoro delicato, basato sulla cura e l’ascolto dei ragazzi.
In scena, insieme a Campolo, ci sono due ragazzi e una ragazza di Palermo attualmente impegnati in un percorso di “messa alla prova giudiziaria”, e l’attrice Nunzia Lo Presti, che sul palco interpreta il ruolo di Rita Giordano, assistente sociale ispirata a numerose figure incontrate da Campolo nella sua ricerca, qui guida e mentore per far conoscere al pubblico da vicino i meccanismi di funzionamento del CPA. 96 ore permette di compiere un viaggio dentro un “ufficio speciale”, per osservare da un punto di vista diverso storie umane spesso raccontante ricorrendo ad estremismi, stereotipi o facili soluzioni.
RITRATTO UMANO DI DUE ARTISTI
Il corpo di un artista che si esibisce dal vivo è un corpo che si estende nella ricerca, è un corpo consapevole di senso (e di dissenso), capace di allertare i sensi, di perturbare. Nel dittico Étoile-Star, la drammaturga e regista Rita Frongia lavora con due artisti dalla lunga ed eclettica esperienza professionale e cuce sui loro corpi altrettanti atti unici. La statunitense Teri Weikel, coreografa, danzatrice e insegnante di Metodo Feldenkreis e l’attore Stefano Vercelli condividono col pubblico un’indagine sul proprio io interiore più autentico, non tralasciando nessuno dei propri fantasmi (il 30 novembre al Teatro Palladium di Roma nell’ambito del progetto “Audience Revolution” della Fondazione Roma Tre Teatro Palladium).
Dopo una lunga vita sulla scena- quando l’equilibrio del danzatore si fa precario e le ossa sporgono come rami in cerca di luce e non ci sono più virtù e giovinezza da esibire – si va all’osso appunto, si indaga il piccolo, il sottile, l’inenarrabile, si evocano i fantasmi di una vita e si desidera danzare come mai si sarebbe immaginato. È questo il desiderio. Se metti insieme la lunga vita di un artista, più la storia che desidera incarnare (o il fantasma che cerca di evocare), viene fuori una terza storia: il suo umano ritratto.