In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 6 al 12 marzo.
RICCARDO III
Affascina sempre per la sua dimensione violenta, manipolatoria e solitaria; il duca di Gloucester è senza dubbio uno dei cattivi più iconici del repertorio shakespeariano. Con questa figura letteraria così imponente si confronta la giovane e affermata regista ungherese Kriszta Székely, regista associata del TST. Per lei, questo dramma, attraverso le azioni estreme e radicali del protagonista, racconta l’ascesa inarrestabile di un uomo, ma anche la sua rapida discesa verso quel profondo e buio abisso che si spalanca oltre il potere stesso.
Riccardo III, qui interpretato da Paolo Pierobon, con le sue contraddizioni, la sua intelligenza pericolosa, le sue capacità attoriali, la sua sofferenza esposta e usata come forma di coercizione per confondere gli altri, è la metafora perfetta della necessità del potere di blandire le coscienze per ottenere risultati spesso effimeri. In una dimensione internazionale così complessa, dominata da rigurgiti nazionalisti, intolleranza religiosa, razzismo, il dramma di Shakespeare si staglia per la sua drammatica attualità.
“Riccardo III”, da William Shakespeare, adattamento Ármin Szabó-Székely, traduzione Tamara Török, regia Kriszta Székely, con Paolo Pierobon, Matteo Alì, Stefano Guerrieri, Manuela Kustermann, Lisa Lendaro, Nicola Lorusso, Alberto Boubakar Malanchino, Elisabetta Mazzullo, Nicola Pannelli, Marta Pizzigallo, Francesco Bolo Rossini, Jacopo Venturiero e con, in video, Alessandro Bonardo, Tommaso Labis; scene Botond Devich, costumi Dóra Pattantyus, luci Pasquale Mari, suono Claudio Tortorici, video Vince Varga. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Bolzano / Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale. A Torino, teatro Carignano, dal 7 al 26 marzo. In tournée.
ANATOMIA DI UN SUICIDIO
Carol, Anna, Bonnie. Madre, figlia e nipote. Tre generazioni di donne, tre epoche, un’unica linea femminile, dodici attori simultaneamente in scena. Il testo, come una partitura musicale, diviso in tre ambienti, è un affresco sociale e familiare, un’indagine vertiginosa sull’amore, sulle eredità e sul generare. Una complessa, raffinata costruzione temporale lega le tre donne, il loro resistere o soccombere a una pulsione di morte che ‘sussulta’ nelle loro vite e che si svela come un conturbante lascito familiare e storico, tutto al femminile. Le linee narrative delle protagoniste – 1972-1993 (Carol); 1999-2004 (Anna); 2033-2041 (Bonnie) – seguono un doppio movimento temporale: diacronico, muovendosi lungo i tre assi temporali delle loro vite, ma anche simultaneo, dal momento che, in scena, le tre storie accadono in contemporanea, riverberandosi l’una nell’altra.
Il racconto è sostenuto da un raffinatissimo ingranaggio ritmico e linguistico, grazie al quale, quando una linea narrativa è attiva le altre due, visibili in parallelo, ne sono il contrappunto, il frutto o la matrice. “Anatomia di un suicidio” della drammaturga britannica Alice Birch, vincitrice con questo testo del Susan Smith Blackburn Prize, viene messo in scena, per la prima volta in Italia, con la traduzione di Margherita Mauro, da lacasadargilla, collettivo artistico associato al Piccolo Teatro di Milano.
“Anatomia di un suicidio”, di Alice Birch, un progetto di lacasadargilla, regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni, traduzione Margherita Mauro, scene Marco Rossi, costumi Anna Missaglia, luci Luigi Biondi, paesaggi musicali Alessandro Ferroni, suono Pasquale Citera, video e cura dei contenuti Maddalena Parise, drammaturgia del movimento Marta Ciappina. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa A Milano, Piccolo Teatro Grassi, fino al 19 marzo.
UN JOUR NOUVEAU | BIRTHDAY PARTY
Due creazioni firmate da due dei più stimati coreografi della scena contemporanea, Rachid Ouramdane e Angelin Preljocaj: un esperimento che celebra i corpi nella terza età. Dopo il debutto parigino al Théâtre national de la Danse – Chaillot, lo spettacolo arriva in prima nazionale a Bologna. “Un jour nouveau” di Ouramdane (15 minuti, due danzatori) e “Birthday Party” (50 minuti, otto danzatori) di Preljocaj riscrivono i limiti del corpo danzante, mostrando come l’energia vitale della danza sappia prendere vie e forme diverse che fanno capo, innanzitutto, alla poesia. Il corpo che si trasforma con gli anni è un tema centrale nella società, di straordinario interesse, non solo artistico.
La danza permette di approfondire una ricerca in primo luogo artistica, che i due artisti intendono spingere fino in fondo. Ouramdane cerca incessantemente nuove sfumature espressive e sperimenta i confini del corpo umano, arrivando fino al circo. Preljocaj, il coreografo della bellezza visiva e dell’intensità narrativa, non ha lavorato soltanto di ex danzatori, ma anche con persone capaci di raccontare e creare un movimento nuovo e intenso. Per entrambi è importante far reagire questa materia affascinante, fatta di corpi e di storie fisiche diverse, per interrogare profondamente i canoni di bellezza e di virtuosismo.
“Un jour nouveau”, coreografia Rachid Ouramdane, danzatori Darryl E. Woods e Herma Vos musica originale Jean-Baptiste Julien; luci Stéphane Graillot, assistente alla coreografia Mayalen Otondo. “Birthday Party, coreografia Angelin Preljocaj, musica 79D, luci Eric Soyer, costumi Eleonora Peronetti, assistenti alla coreografia Claudia De Smet, Macha Daudel, danzatori Mario Barzaghi, Sabina Cesaroni, Patricia Dedieu, Roberto Maria Macchi, Elli Medeiros, Thierry Parmentier, Marie-Thérèse Priou, Bruce Taylor. A Bologna, Teatro Arena del Sole, il 12 marzo.
STAND BY ME
Lo spettacolo, in prima assoluta all’interno della programmazione di Exister 2023, promossa da DANCEHAUSpiù – Centro Nazionale di Produzione della Danza di Milano su coreografie di Lara Guidetti, si ispira all’autobiografia di Dennis Nilsen, omicida seriale inglese scomparso nel 2018, che svela con dovizia di dettagli i suoi 12 omicidi tra emozioni, ragioni e rigorose ritualità. La banalità crudele della solitudine, l’assenza di libertà personale, il rifiuto, nella società inglese degli anni ‘80, nei confronti dell’omosessualità come antitesi della normalità famigliare, collocano l’orrore nella cornice della quotidianità. Una storia di amore e morte in cui sfilano archetipi antichi e stereotipi reiterati sino a diventare maschere grottesche.
In scena, corpi e voci si articolano in una danza di specchi incrociati e immagini triplicate, tra visioni di sé e trasfigurazioni, dove frammenti di corpi e di ricordi trovano il loro posto in quello spazio vasto, e senza tempo, che è l’animo umano.
“Stand by me”, coreografia e regia Lara Guidetti, Compagnia Sanpapié con Sofia Casprini, Gioele Cosentino, Matteo Sacco, drammaturgia Saverio Bari in collaborazione con Gianluca Bonzani, elaborazioni sonore Marcello Gori, maschere Maria Barbara De Marco, scenografia Maria Croce, costumi Fabrizio Calanna. A Milano, l’11 marzo.
AUCUNE IDÉE
Il nuovo lavoro del regista svizzero Christoph Marthaler, tra i più visionari innovatori del panorama teatrale internazionale, è un poetico e surreale spettacolo di teatro musicale d’avanguardia, dall’ironia travolgente, che tra dialoghi surreali, musica, improvvisazioni, momenti assurdi e grotteschi racconta e celebra l’amicizia tra due artisti che lavorano insieme da oltre cinquant’anni: lo stesso regista svizzero Marthaler e l’attore-cantante scozzese Graham F. Valentine. Irriverente e paradossale come l’intera opera di Marthaler, “Aucune idée” (Nessuna idea) non è un manifesto o una provocazione ma una filosofia pratica, guidata dall’umorismo e dalla musica, ad uso di un mondo confuso e incerto.
“Aucune idée”, ideazione e regia Christoph Marthaler, drammaturgia Malte Ubenauf, con Graham F. Valentine e Martin Zeller, scene Duri Bischoff, musica Martin Zeller, costumi Sara Kittelmann, suono Charlotte Constant, luci Jean-Baptiste Boutte e Jean Luc Mutrux, set e oggetti di scena Théâtre Vidy-Lausanne. Produzione Théâtre Vidy- Lausanne. A Perugia, Teatro Morlacchi, dal 10 al 12 marzo.
FOCUS SU POYO ROJO
Il festival Orbita, al Teatro Palladium di Roma, presenta un focus autoriale dedicato al collettivo di coreografi, danzatori e attori franco-argentini Poyo Rojo, con il ritorno, il 7 marzo, di “Un Poyo Rojo”, lo spettacolo “fenomeno” che ha entusiasmato il mondo intero, andando in scena senza interruzioni e superando le 1400 repliche in oltre 30 paesi, con una media di 120 rappresentazioni all’anno: fra teatro, danza e performance acrobatica, un testa a testa tra corpi che abbatte il muro delle convenzioni sociali attraverso la chiave dell’umorismo e della libertà estetica.
Il focus prosegue l’8 marzo con la nuova creazione “Dystopia”, che ci trascinerà in un mondo dolciastro e ansiogeno alla Truman Show. Uno spettacolo che è stato immaginato lungo le strade, negli aeroporti, nelle stazioni, nelle camere d’albergo e che, come la precedente produzione, tiene insieme danza, teatro fisico, musica, teatro d’oggetti, arte visiva in una totale libertà formale, estetica e politica. Due giornalisti di un programma di informazione televisivo, brillanti e amichevoli, parlano di un mondo fantastico, privo di conflitti e opposizioni, un mondo asettico, nel quale ogni tentativo di pensare viene neutralizzato da un generale consenso ovattato. Una realtà “perfetta”, ma incompleta, tanto da divenire spaventosa.
PIETRE NERE DI BABILONIA TEATRI
S’indaga il concetto di casa a partire da luoghi che, agli occhi della maggior parte delle persone, case non sono. Case di riposo, case famiglia, carcere, strada, ospedale, dormitori, centri d’accoglienza, per chi li abita sono casa. Dall’incontro con le persone che abitano questi luoghi, dalla loro conoscenza, dall’abitarli come ospiti, ha origine appunto “Pietre nere”. Uno spettacolo teatrale fatto di voci, suoni, immagini, composizioni inedite e riflessioni.
«Pietre nere scarnifica e centrifuga la nostra idea di casa. Il nostro modo di abitare. Di costruire. Di occupare un luogo. Pietre nere è casa in tutte le sue infinite declinazioni. Personali e sociali. Intime e pubbliche. Casa è intimità e separazione. È cura di sé e luogo di molteplici fratture e divisioni. Casa è incarnazione della separazione tra urbano e naturale. Casa è il nostro corpo. Sono i nostri vestiti. È la persona amata. Una città, un quartiere. Casa è il luogo in cui siamo cresciuti. Casa è un oggetto, una foto, una lettera, un profilo su un social network».
“Pietre nere”, di Enrico Castellani e Valeria Raimondi, con la collaborazione artistica di Francesco Alberici, con Francesco Alberici, Enrico Castellani e Valeria Raimondi, e con Orlando Castellani, direzione tecnica Luca Scotton. Produzione Babilonia Teatri e La Corte Ospitale, coproduzione Operaestate Festival Veneto. A Firenze, Cantiere Florida, il 9 e 10 marzo, e a Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo, l’11 e 12.
CURIOSITÀ LETTERARIE
Nell’ambito della rassegna Curiosità Letterarie, nella sala Mosaico del teatro Vascello di Roma (i giovedì 2, 9, 16, 23 marzo, alle 17,30) una serie di letture interpretative di nevrosi quotidiane a cura di Daniele Pilli e Claudia Vismara. Un’indagine letteraria sulle nevrosi umane. Quelle più svariate, efferate, banali, irriverenti e dirette. Le nevrosi che talvolta sfociano nel delitto, come nel caso di Max Aub e del suo “Delitti Esemplari”. Altre volte nelle crisi della coppia, come nel caso di “Ti ho sposato per allegria” della Ginzburg, e ancora nel “menage a trois” di Coniugi di Eric Assous, per finire nelle nevrosi di un’intera società come nel caso di Mattia Torre e del suo “A questo poi ci pensiamo”.
MALANDAIN BALLET BIARRITZ
La celebre compagnia diretta da Thierry Malandain propone in danza due delle composizioni più celebri di Igor Stravinsky, “L’uccello di fuoco” e “La Sagra della Primavera”. Firmato da Malandain, che ha anche danzato l’opera nel 1979 nella versione di Maurice Béjart, “L’uccello di fuoco” è un simbolo di speranza in grado di portare consolazione; una danza carica di spiritualità che si riconnette con l’essenza del sacro. “La Sagra della Primavera”, firmata dal giovane coreografo Martin Harriague, concentra l’attenzione sul potere espressivo del movimento, rivelando tutta la sua energia esplosiva ed il grande talento dei ballerini della compagnia.
A proposito de “L’uccello di fuoco”, egli scrive: «Non è il ritratto di questo uccello che andremo a mettere in risalto, né l’integrale del racconto che realizzerà George Balanchine nel 1949, quanto piuttosto la Suite nella versione musicale dallo stesso utilizzata nel 1945. Il nostro approccio intende mettere in risalto ciò Foto Olivier Houeix che gli uccelli simboleggiano, ciò che li lega al cielo e alla terra, vedere che la Fenice si decompone per rinascere personifica nella religione cristiana l’immortalità dell’anima e la resurrezione di Cristo».
“L’Uccello di fuoco”, musica Igor Stravinsky, coreografia Thierry Malandain, scene e costumi Jorge Gallardo, luci François Menou. “La Sagra della Primavera”, musica Igor Stravinsky, coreografia e scene Martin Harriague, luci François Menou e Martin Harriague, costumi Mieke Kockelkorn. A Modena, Teatro Comunale, il 9 marzo, a Ravenna, Teatro Alighieri, l’11 e 12 marzo.
UNA STORIA AL CONTRARIO
Una storia personale che diventa racconto generazionale, intrecciandosi alla complessa vicenda dell’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci che nel 2017 ha sospeso le pubblicazioni. Tratto dal libro di Francesca De Sanctis, “Una storia al contrario” vede in scena Elena Arvigo, protagonista, curatrice e regista del progetto del Teatro delle Donne, con il supporto di Monica Santoro e Ciro Masella alla regia (a Firenze, Teatro Goldoni, dal 9 al 12 marzo). La famiglia, gli amori, i figli, la malattia si fondono con le vicissitudini di un mestiere e di una carriera da reinventare e ridefinire ad ogni passo. Francesca figlia, moglie e madre accompagna Francesca studentessa e poi giornalista tra le righe di questa storia commovente e piena di vitalità. Nonostante. Ogni piccola vittoria ha i suoi nonostante, ma, a saper guardare da vicino, sono proprio i nonostante di ogni storia a rendere quella storia un racconto di vita unico e straordinario.
LA DODICESIMA NOTTE
Raramente rappresentata, “La dodicesima notte” è piena di idee e intuizioni sceniche. Una commedia sorprendente, che sa essere amara e lieve, surreale e tenera, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente. Un lavoro che segna un passaggio importante nella ricerca di Giovanni Ortoleva che si confronta per la prima volta Shakespeare.
«Seguendo la natura doppia del testo – spiega il regista fiorentino – ho messo in questione la natura di ogni scena, mai chiaramente schierata tra dramma e commedia, sempre travestita da qualcosa che non è come tutto in questo testo, arrivando a scoprire che vive tutto in una terra di confine, contaminazione; e che le sue scene sono di una natura impossibile da definire, ma proprio per questo specialmente preziose. Ho scelto di togliere la magia e di mostrare le illusioni dell’Illiria, facendo interpretare i due gemelli Viola e Sebastiano allo stesso attore, utilizzando una traduzione radicale ma più fedele di quelle cui siamo abituati e una scenografia forte ma essenziale, e soprattutto lavorando con un gruppo di giovani interpreti capaci di incarnare il testo. E infine ho annegato tutto nella musica, cantata e suonata dal vivo dal fool Feste, che sicuramente più delle parole “facili da ribaltare come un guanto di capretto” può avvicinarci alla comprensione di questo mondo».
“La dodicesima notte (o quello che volete)” di William Shakespeare, regia Giovanni Ortoleva, traduzione a Federico Bellini, con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alessandro Bandini, Michelangelo Dalisi, Giovanni Drago, Anna Manella, Alberto Marcello, Francesca Osso, Edoardo Sorgente, Aurora Spreafico, scene Paolo Di Benedetto, suono Franco Visioli, costumi Margherita Baldoni, luci Fabio Bozzetta. Produzione LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano, Arca Azzurra. A Genova, Teatro della Tosse, dal 9 all’11 marzo.
ANFITRIONE AL TEATRO KISMET
Chi sono io se non sono io? Quando guardo il mio uguale a me, vedo il mio aspetto, tale e quale, non c’è nulla di più simile a me! Io sono quello che sono sempre stato? Dov’è che sono morto? Dove l’ho perduta la mia persona? Il mio me può essere che io l’abbia lasciato? Che io mi sia dimenticato? Chi è più disgraziato di me? Nessuno mi riconosce più e tutti mi sbeffeggiano a piacere. Non so più chi sono! Queste sono alcune delle domande che tormentano sia i protagonisti dell’Anfitrione, scritto da Plauto più di 2000 anni fa, che molti di noi oggi.
Il doppio, la costruzione di un’identità fittizia, il furto dell’io, la perdita dell’essere garantita da un ruolo sociale, sono i temi che Plauto ci consegna in una forma nuova, da lui definita tragicommedia, perché gli accadimenti riguardano dei, padroni e schiavi. “Aprite gli occhi spettatori, ne vale la pena: Giove e Mercurio fanno la commedia, qui” (Plauto). Da quel momento nelle rappresentazioni teatrali il comico e il tremendo avrebbero convissuto e avrebbero specchiato le nostre vite mortali e imperfette. Dopo Plauto in tanti hanno riscritto l’Anfitrione e ciascuno l’ha fatto cercando di ascoltare gli stimoli e le inquietudini del proprio tempo. Ho provato a farlo anch’io”, scrive Teresa Ludovico, autrice di questo allestimento.
“Anfitrione”, regia e drammaturgia Teresa Ludovico, con Michele Cipriani, Annarita Ferraro, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano di Cola, Giovanni Serratore, musiche M° Michele Jamil Marzella eseguite dal vivo da M° Francesco Ludovico, spazio scenico e luci Vincent Longuemare, coreografa Elisabetta Di Terlizzi, costumi Teresa Ludovico e Cristina Bari, collaborazione letteraria Lucia Pasetti. A Bari, Teatro Kismet, l’11 e 12 marzo, a Milano, Teatro Menotti, il 21 e 22.
IL GEPPETTO DI DIMITRI/CANESSA
Tratto dal romanzo di Fabio Stassi, Mastro Geppetto, l’uomo Geppetto esce dalla fiaba, ne scardina completamente gli assi per spostarsi su un palcoscenico contemporaneo dove la povertà, la crudeltà, ma soprattutto l’amore sono motore concreto dell’azione. E allora tutta la storia precedente, quella che conosciamo da quando siamo bambini, cambia di colpo di significato. Si trasforma. Produce la metamorfosi che cambia la finzione della fiaba in una verità più luminosa e commovente. Più umana. Geppetto disubbidisce a tutto: alla solitudine, alla miseria, all’afasia, all’oblio e persino alla morte, entrando a far parte a pieno titolo alla stirpe dei personaggi irriducibili, quali Ulisse o Don Chisciotte. E se questa è una favola rovesciata, il rovesciamento è fare di Geppetto Pinocchio. Allora queste sono Le avventure di Geppetto, un povero diavolo come i tanti poveri diavoli, che solo nell’arte possono trovare casa. Nel luogo delle ombre fatte sostanza.
“Geppetto”, regia Elisa Canessa, Con Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda, Musiche originali Morten Qvenild. Produzione Compagnia Dimitri/Canessa, Theaterwerkstatt Gleis 5, Progetto Goldstein e 5 Pilar Ternera/NTC. A Milano, Teatro della Contraddizione, dal 9 al 12 marzo.
GRACES A CATANIA
In scena tre corpi maschili dentro ad un’opera scultorea che simboleggia la bellezza in un viaggio di abilità che li porta in un tempo sospeso tra l’umano e l’astratto. Qui il maschile e il femminile si incontrano, lontano da stereotipi e ruoli, liberi, danzando al ritmo stesso della natura. L’ispirazione è mitologica. Le 3 figlie di Zeus -Aglaia, Eufrosine e Talia- erano creature divine che diffondevano splendore e gioia.
“Graces” – Premio Danza&Danza 2019 Produzione italiana dell’anno, vincitore dell’azione CollaborAction#4 2018/2019, spettacolo selezionato a NID Platform 2019 – è un progetto di performance ispirato alla scultura e al concetto di bellezza e natura che Antonio Canova realizzò tra il 1812 e il 1817. La coreografa Silvia Gribaudi si è interrogata sugli stereotipi di genere, sull’identità del femminile e sul concetto di virtuosismo nella danza e nel vivere quotidiano, andando oltre la forma apparente, cercando la leggerezza, l’ironia nelle trasformazioni fisiche, nell’invecchiamento e nell’ ammorbidirsi dei corpi in dialogo col tempo.
“Graces”, coreografia Silvia Gribaudi, drammaturgia Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, danzatori Silvia Gribaudi, Siro Guglielm, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo, disegno luci Antonio Rinaldi, costumi Elena Rossi. Produzione Zebra. A Catania, Scenario Pubblico, 11 e 12 marzo.
PILLOW SAFETY
Una performance, a cura di Sarah Deppe e Maureen Bator, dove la danza contemporanea incontra la pratica del roller skating. Direttamente dal Belgio, le artiste indagano le definizioni possibili di una “virilità femminile” attraverso uno sport che proprio nel femminismo affonda le sue radici: il roller derby, sport di squadra di contatto sui pattini a rotelle, essenzialmente femminile, che si svolge su un circuito oblungo – la pista – su cui si sfidano due squadre di cinque pattinatrici.
«Al di là della sua dimensione competitiva, è possibile considerare il roller derby anche come un movimento culturale, che passa attraverso la re-invenzione del sé e la decostruzione del genere, poiché disturba il rapporto arbitrario che associa forza, aggressività e coraggio alla mascolinità. Come si può quindi inventare una virilità femminile che non sia peggiorativa né ossimorica? Riappropriandosi di quei segni fisici e qualità morali – forza, potenza, resistenza, coraggio – che la virilità esorta? O disfandone pazientemente la trama corrosiva? O forse, la soluzione migliore sarebbe sbarazzarsi una volta per tutte del mito della virilità? Le risposte possibili, contrariamente al circuito chiuso della pista, aprono vie di fuga verso un desiderabile altrove».
“Pillow Safety”, di e con Sarah Deppe e Maureen Bator, costumi Remi Vergnanini, drammaturgia Stanley Ollivier, assistente di scena Camerone Bida, musica originale Timothé Chams Yaddolahi, video Davide Belotti. A Milano, PimOff, il 9 marzo.
LA DOLCE VITA DI FELLINI
Con “Fellini, La dolce vita di Federico” il Balletto di Siena, diretto da Marco Batti che firma le coreografie, ha voluto celebrare, in occasione dei quarant’anni dalla morte di Nino Rota e dei cento anni dalla nascita di Federico Fellini, il genio di queste due figure chiave del Cinema e della cultura italiana. Al centro, la figura di Fellini, narrata sulle musiche dei compositori che maggiormente hanno accompagnato i suoi più importanti titoli, Nicola Piovani e, ovviamente, Nino Rota.
Filo conduttore del balletto (l’11 marzo al Nuovo Teatro Comunale Gradisca d’Isonzo – Gorizia) sono i personaggi principali dell’intramontabile “La Strada” del 1954, nei quali la stessa Giulietta Masina, moglie e musa del regista riminese, affermò di rivedere Fellini: Gelsomina, la sua giovinezza; il Matto e l’imperterrita volontà di intrattenere e divertire lo spettatore, e infine Zampanò, versione cinematografica e saturata di un Federico ormai adulto. Uno spettacolo che conduce lo spettatore a scrutare non solo le peculiarità del carattere di Fellini, ma anche ad indagare le diverse personalità, talvolta grottesche, dei propri personaggi.
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