12 ottobre 2023

Incontrando Armando Punzo. Leone d’Oro 2023 alla carriera per il teatro

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Direttore artistico dell'Associazione Carte Blanche, del Teatro di San Pietro di Volterra e del Festival VolterraTeatro, Armando Punzo è noto soprattutto per l'attività teatrale svolta con i detenuti nel carcere di Volterra, dove fonda nel 1988 la Compagnia della Fortezza

Compagnia della Fortezza, Atlantis. Ph. Stefano Vaja

Impossibile per chiunque arrivi a Volterra non avvistare sulla sua sommità un’imponente costruzione del 1300. É la Fortezza, potente struttura che domina la vallata, adibita da tempo a carcere dove, nel 1988, nasce dall’idea di Armando Punzo, regista teatrale e drammaturgo, la Compagnia della Fortezza, prima compagnia teatrale in carcere ed è a Punzo che, nel giugno di quest’anno, arriva il Leone d’Oro alla Carriera dalla Biennale di Venezia. Una storia incredibile, il racconto di un progetto che ha preso vita e vive da trent’anni travalicando  le antiche  mura di un carcere speciale  arrivando ad essere Teatro che coinvolge ogni anno sempre più spettatori. Incontro Armando Punzo  dopo la rappresentazione di  Atlantis,il suo ultimo spettacolo.

Armando, il Leone d’Oro alla carriera ricevuto a Venezia è un grande riconoscimento ma la certezza è che il suo lavoro abbia ancora tantissimo da dire e raccontare. Un premio anche come  “giro di boa” da cui ripartire?  

«Trentacinque anni per la vita di un essere umano sono un giro di boa importante si è ormai adulti ma senza l’ansia di aver superato l’età per essere ciò che si vuole: tutto è ancora possibile, basta un breve sguardo all’indietro per passeggiare ancora nella propria infanzia, uno sguardo in avanti per aver chiaro che c’è ancora molto da fare. Nel mezzo del cammin di nostra vita … le parole di Dante suonano come un buon augurio, indicano una crisi che dovrebbe cogliere tutti, e forse è questo che suggeriva e si augurava il poeta. Sono sempre come all’inizio, abbiamo fatto tanto, ma tanto ancora  resta  da fare. Tantissimo. Penso, ad esempio, a uno dei progetti più importanti con e per La Fortezza: la realizzazione del primo teatro stabile in carcere. Sono 22 anni che ci lavoro, oggi finalmente sappiamo che il grande architetto Mario Cucinella lo sta progettando. E noi siamo con lui per sostenerlo e indicargli le nostre esigenze come Compagnia». 

Compagnia della Fortezza, Atlantis. Ph. Stefano Vaja

Al giorno d’oggi pochi  artisti come lei possono dire di avere fatto totalmente della propria vita e del proprio lavoro un continuum senza  confine. Ma cosa vuol dire essere un intellettuale oggi? E l ’Arte, in questo caso il teatro e la scrittura,  sono ancora oggi secondo lei  viatico possibile  di  pensiero,  strumento di crescita collettiva  con la possibilità di smuovere coscienze, anche confliggendo perché no, per raggiungere nuovo pubblico? Avverte ancora desiderio di “ascoltare” nella società? Di capacità critica?

«Se si supera con uno scarto di ottimismo il livello ironico e spregiativo che questo termine porta con sé (specialmente nel nostro Paese), come una gobba che sfigura inspiegabilmente alcuni soggetti visti come tra i più strani, particolari e inutili del genere umano, si può arrivare a comprendere che sviluppare anche doti intellettuali servirebbe a tanti. Gli intellettuali, gli inutili, quelli che non servono a nulla, o meglio non servono a far girare il mondo come ha sempre girato, si pongono domande impensabili ai più, esercitano la loro sensibilità rivolgendola non solo alla propria persona o alla cerchia familiare (di qualsiasi tipo essa sia), scrutano le stelle, il mare, il mondo visibile e invisibile ad occhi nudi, cercano la verità, guardano oltre le miserie della paccottiglia politica a cui siamo abituati, non lavorano al servizio di un uomo che cerca solo comodità e sicurezze materiali, di chi pensa che bisogna solo trovare il modo di vincere la partita in questo mondo così com’è. E com’è questo mondo? Lo sanno davvero? Si sono mai fermati a riflettere? Come può essere? Gli intellettuali servono su piatti d’argento soluzioni, ipotesi concrete che sembrano fantasie irrealizzabili solo ai felici sordi e ciechi di fronte a qualsiasi minima innovazione o scoperta».

Cosa significa fare Teatro oggi? Cosa è “Teatro” per lei? Nei suoi testi le parole sono  cesellate come pietre preziose in un gioiello, si incidono una dietro l’altra in chi ascolta, diventano immagini che scendono nell’animo di ognuno toccando infiniti mondi  Ovvio chiedersi, allora, cosa siano le “parole” per lei ? Che valore hanno oggi?

«Il teatro porta in sé l’infinito, l’impossibile, l’immensità, spazi ampi per l’immaginazione, apertura che contrasta il concetto di chiusura e di ogni forma di conservatorismo. L’enormità dell’esistenza in tutte le sue forme è il suo orizzonte vitale, coaguli di vita sottratti alle nostre visioni ordinarie possono vivere la loro vita su diversi palcoscenici e da effimeri diventare esperienza e carne per chi agisce e per chi assiste. Tutto questo può produrre in alcuni soggetti, anche artisti, una forte agorafobia. Sappiamo infatti che può prestarsi a dar forma a spazi angusti, claustrofobici, orizzonti chiusi senza speranza. Alcuni vogliono ridurre il teatro a megafono della realtà, lente d’ingrandimento,  cavaturacciolo pronto all’uso dei temi più gettonati e fallacemente detti impegnati. L’impegno per me, invece, è la ricerca e la creazione di nuova realtà, realtà che non segue le mode e le problematiche del momento, che non asseconda l’esistente (ammalato), non lo copia, lo reinventa, lo riscrive. Quindi, non il tentativo di rappresentazione della realtà esistente da talk show, da cronaca, da gazzetta ufficiale della politica incialtronita, con la scusa colpevole di volerla smascherare e denunciare. Il teatro è come un coltello, il suo senso dipende dall’uso che se ne fa. Le parole a teatro, allora, sono in genere abusate, violentate, forzate alla causa che le qualifica e possono perdere tutta la loro potenza trasformatrice, poetica, nel senso di essere capace di dar forma ad associazioni e possibilità inattese, inusuali, che rigenerano le parole stesse. Le parole sono per me importanti, sono quelle che suggerisci all’orecchio di chi vuole ascoltare una nuova musica e che fanno riflettere. Confliggono con le parole spente, svuotate di senso del ripostiglio della nostra vita ordinaria, non sono dette a caso, non seguono una logica narrativa immediatamente comprensibile, incuriosiscono per la loro poeticità. Sono con le immagini il corpo e l’anima del  mio teatro».

Compagnia della Fortezza, Atlantis. Ph. Stefano Vaja

Atlantis. Cap. I – La permanenza  appena presentato riapre un nuovo ciclo  di lavoro per la Compagnia. Una sorta di caos iniziale in cui ci ha spiazzati come spettatori portandoci all’interno di stanze dove sembrava si accumulasse tutto lo scibile del mondo. Dandoci la sensazione che quello che siamo come mondo interiore ed esseri umani sia davvero “ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”, un intreccio di mondi, di possibilità da cogliere, da ritrovare e ricordare. Dove ci porterà questo nuovo viaggio? 

«La conoscenza, il sapere in tutte le sue forme sarà la nostra guida nei prossimi anni. La curiosità che la produce, il bisogno di sapere senza accettare nessuna forma di conservatorismo che serve ad alcuni, forse, ma non alla crescita degli esseri umani. Ci sono uomini che hanno mantenuto intatto il loro essere infanti, la loro curiosità di comprendere i segreti del mondo in cui viviamo, del mondo visibile e invisibile, dell’essere a nostra volta mondi da esplorare e conoscere, dell’infinito universo. Abbiamo messo a fuoco questa straordinaria curiosità, questo bisogno, questa brama di sapere di uomini e donne che definiamo geni, quasi a voler prendere distanza da loro per la loro, appunto, genialità, ma in questa attitudine si scorgono i limiti che i tanti mettono alle proprie esistenze e, purtroppo, a quelle degli altri. Se è vero che il sapere è potere, ci interessa cogliere in questi geni, innovatori, scienziati di tutti i campi e artisti, la spinta a cercare, a non accontentarci di ciò che ci è stato culturalmente tramandato, a non credere di essere portatori di verità comunque limitate e discutibili».

Un teatro da vivere come esperienza totalizzante  quello di Punzo e della sua Compagnia della Fortezza. Per riscoprirsi ogni volta, non smettendo di  concedersi la possibilità di essere nuovi, magari migliori, sicuramente spinti a non accontentarsi mai, andando oltre. Sempre 

Compagnia della Fortezza, Atlantis. Ph. Stefano Vaja

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