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Installazioni d’arte contemporanea per le Dignità Autonome di Prostituzione
Teatro
È un gioco in cui i ruoli sono sempre ben definiti: da una parte, c’è la moltitudine di chi osserva e, quindi, paga, dall’altra, c’è l’individualità di chi viene osservato e, per questo, riceve. Da questo scambio tra il piacere e il dovere, tra i tanti e i pochi, attraverso questo passaggio fisico di banconote per trattare un’offerta di beni e servizi, passa l’azione scenica di “Identità Autonome di Prostituzione”, format ideato da Luciano Melchionna con Betta Cianchini, con all’attivo già 48 edizioni e oltre 400 repliche, recentemente riproposto in un inedito ed efficace adattamento site specific per Castel Sant’Elmo, a Napoli, che per alcune notti si è trasformato in “un’isola che non c’è” o meglio, in una casa chiusa.
Nella grande piazza d’armi a cielo aperto, gli attori fanno a gara per accaparrarsi le attenzioni – e i dollarini – degli spettatori che, una volta effettuata la scelta, potranno assistere allo spettacolo “privato”, un intenso monologo di breve durata, ognuno incentrato su temi di stretti attualità, dall’identità di genere al sistema scolastico, adattato di volta in volta in uno spazio diverso del Castello, tra gli uffici e le sale del Museo del Novecento, che ha sede nell’edificio storico.
Realizzato da Teatro Bellini – Fondazione Teatro di Napoli ed Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania, l’allestimento ha potuto contare anche sulle suggestioni offerte dall’arte contemporanea, con le installazioni realizzate da Marianna Sannino. La giovane artista formatasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli ha lavorato in stretto contatto non solo con il testo ma anche con la gestualità delle attrici e degli attori. «Le geniali installazioni di Marianna Sannino, sospese nello spazio, trasparenti, svolazzanti, sono assenze sempre presenti, fantasmi di anime, di emozioni e di ricordi che ingombrano ancora la vita di ognuno di noi, inquinandola di elettrizzante mistero, confortandone la solitudine e donandole ulteriori possibili derive», spiega il regista, che ha ideato, scritto e diretto lo spettacolo, al quale partecipa anche, nelle vesti del “Papi”, un autore-tenutario del “bordello” e dei personaggi che lo abitano. Abbiamo raggiunto Marianna Sannino per farci dire di più.
“Dignità autonome di Prostituzione” è uno spettacolo dal format innovativo e coinvolgente. In che modo le tue opere si inseriscono in questa complessa “macchina teatrale”?
«“Dignità autonome di Prostituzione” è uno spettacolo/evento molto coinvolgente che grazie alla grande maestria visionaria del regista Luciano Melchionna diventa un “contenitore” di meraviglie. Lavorare al suo fianco, in un confronto continuo e serrato, ha alimentato la mia creatività, e le mie opere si sono sposate benissimo con la sua grande sensibilità poetica. Ho realizzato “oggetti” dipinti su tessuto in tulle: veli trasparenti che coinvolgono e si completano con lo spazio circostante, lo vivono e ne fanno parte. La nostra scelta è stata quella di aggiungere alla memoria dei personaggi di Luciano, un oggetto “fluttuante”, simbolo di ogni singolo vissuto, nel loro spazio deputato, spesso spoglio o fatiscente».
Le tue installazioni sono riferite ai vari “quadri” recitati dalle attrici e dagli attori ma hai tratto ispirazione anche da altre fonti e suggestioni?
«Altre fonti di ispirazione e suggestioni per la realizzazione delle 25 installazioni per i 25 monologhi di DAdp, sono tratte dalla mia ricerca artistica degli ultimi anni. Ricerca sulla memoria e sulla dimensione diacronica del tempo, dove il presente, passato e futuro si fondono e galleggiano sospesi in una realtà tangibile comune. Racconto storie in cui la proiezione dei ricordi, di ciò che è stato, giocano un ruolo decisivo, essenziale. L’arte per me dà corpo a ciò che è sospeso, presente ma invisibile, riuscendo a sconfiggere l’evanescenza della vita».
Oltre alle opere pensate per le varie pièce, hai proposto anche un’altra installazione di figure sospese, “Present for themselves”. Puoi parlarcene meglio?
«L’installazione “Present for themselves” sono “figure” sospese dipinte anch’esse su tessuti in tulle che hanno popolato le rampe di accesso al castello.
Sia per le installazioni pensate per “DAdp” che per la mia personale installazione: “Present for themselves”, la scelta del tessuto in tulle è stata dettata dalla volontà di evocare come “fantasmi” gli oggetti e le figure, presenze/assenze del passato che hanno abitato un tempo e uno spazio che non esiste più.
Arte contemporanea e teatro sono due linguaggi affini eppure si incontrano raramente. Pensi che questo dialogo possa portare a nuovi sviluppi anche per la tua ricerca?
«L’incontro con Luciano Melchionna è nato grazie ai suoi spettacoli che seguo da diversi anni e di cui sono una grande ammiratrice. Luciano ha conosciuto il mio lavoro e se ne è innamorato.
È stato allora che con grande entusiasmo mi ha permesso di lavorare al suo fianco. Questa è, dunque, l’unione di due percorsi artistici, lontani e diversi apparentemente: quello del teatro e quello della pittura, guidati in realtà da un unico comune denominatore, l’emozione. Tutto questo ha portato già nuovi sviluppi nella mia ricerca ed è linfa per me».
Al di là del teatro, quali sono i prossimi progetti in programma?
«Non riesco a scindere i miei prossimi progetti dal teatro, anche perché quello che ho vissuto grazie a Luciano Melchionna è una forma più complessa ed evoluta di teatro. E’ un’esperienza a 360 gradi. Infatti, il prossimo progetto di Luciano Melchionna e Marianna Sannino si intitolerà: “Contempl’azione” consistente in un’installazione, ideata insieme a Marco Izzolino, che intende condurre idealmente lo spettatore all’interno di un dipinto ovvero in uno spazio immaginato e raffigurato in un quadro pittorico. Un’installazione, una performance o semplicemente, appunto, due mondi che si fondono, interagiscono, l’uno apre la mente all’altro, l’uno si nutre dell’altro e viceversa».