Categorie: Teatro

Interruzioni: al Teatro Lo Spazio di Roma, un potente messaggio su maternità e violenza

di - 14 Febbraio 2024

Carmen Di Marzo, new entry nel cast di Mare Fuori 4 che andrà in onda dal 14 febbraio su RaiDue e in cui vestirà i panni di Gisella, sarà a Roma dal 15 al 18 febbraio al Teatro Lo Spazio con Interruzioni di Camilla Ghedini con la regia di Paolo Vanacore. La produzione è di Progettarte di Francesco Zarzana e le musiche del Maestro Alessandro Panatteri.

Un vero e proprio processo dove l’imputata, accusata di figlicidio, è seduta ad un tavolo dal quale non si potrà più alzare. «Interruzioni – racconta Carmen Di Marzo, che abbiamo incontrato durante le prove – è il mio nuovo monologo, un lavoro che chiude la mia trilogia sulla violenza e sulle sue molteplici declinazioni. Sono molto orgogliosa di debuttare con questo lavoro, coadiuvata anche dal prezioso contributo della criminologa Alessandra Bramante».

Nel libro abbiamo quattro donne, quattro madri, quattro monologhi che parlano di maternità: maternità rifiutata, maternità annegata, maternità sperata e soltanto sfiorata. Lo spettacolo rispetta la linea del libro?

«Lo spettacolo si ispira a un episodio legato all’infanticidio e affronta la piaga sociale delle madri assassine. L’adattamento teatrale di Paolo Vanacore prova però anche a immaginare il ruolo della magistratura. In questo caso ricreiamo un vero e proprio processo dove il mio personaggio si sdoppia e da imputata diventa Pubblico Ministero. La storia portata in teatro intraprende una strada autonoma».

Nel libro una frase: “Ma tu che ne sai? Tu non sei stata madre neppure per un giorno”. Davvero tra donne possiamo e riusciamo ancora a mettere un simile muro? Quanto l’universo femminile è una sorta di “topo che ha inventato una trappola per topi”?

«Purtroppo esistono donne che esibiscono la maternità e discriminano quelle donne che non hanno figli per i più svariati motivi. Personalmente, credo che avere un figlio sia un’esperienza che ti cambia per sempre e, se non l’hai vissuta, non sai cosa si prova. Si può immaginare tutto, ma bisogna onestamente ammettere che la maternità è un valore assoluto. Questo non rende una donna che non ha dato alla luce un figlio, una madre meno completa: la completezza di una donna può assumere volti diversi».

Il secondo capitolo del libro dà voce a una madre che ha ucciso suo figlio. “Amavi tuo figlio? Certo che lo amavo, non sono mica i miei sentimenti in discussione. Era bello, buono, sorridente. È vero, piangeva, ma lo fanno tutti, è naturale. Però amavo più me stessa. Sì, è così. Me ne accorgevo. Non lo amavo più di ogni altra cosa al mondo, come vorrebbero tutti, come ripetono tutti”. È una frase del libro. Ancora oggi ammettere che tra “madre” e “Mary Poppins” c’è la realtà, è considerato oltraggioso. Quanto è urgente questo spettacolo?

«Credo molto. Le madri perfette non esistono e lo spettacolo vuole comprendere, sensibilizzare e non giudicare. Ho studiato molto il linguaggio della violenza, nelle sue molteplici declinazioni e ciò che all’opinione pubblica viene estremamente facile è la condanna. Nessuno di noi osa giustificare il crimine, ma dobbiamo impegnarci a fondo per capire perché si commettono atti contro natura. Essere solo spaventati e indignati non serve e non basta».

Nelle note di regia scrive: “Affronto la piaga sociale dell’infanticidio e delle madri assassine, argomento che purtroppo continua a invadere pagine di giornali e talk televisivi. Il mio scopo però non è spettacolarizzare questo tipo di crimine, ma andare a fondo su qualcosa che è troppo grande e complesso per essere oggetto di giudizi facili”. Raccontare questi reati nello stile dei talk show, spesso a conduzione femminile, trasformandoli in una via di mezzo tra uno spettacolo da Colosseo con i cristiani mangiati dai leoni e una sceneggiata strappalacrime, significa parlare comunque di un problema grave o contribuire allo stigma sociale? E, se i genitori sono due, perché se lo compie il padre è un atto di violenza e, se lo compie la madre, è una sorta di crimine contro l’umanità?

«Raccontare televisivamente queste tragedie avrebbe un valore se si ponesse l’accento sull’approfondimento e non sulla morbosità dell’atto in sé. Raccontare continuamente attraverso gli organi di informazione le modalità cruente, sbattere il mostro in prima pagina, spettacolarizzare ipotesi, congetture non aiuta i cittadini nei quali affiora spesso un desiderio di vendetta. I mass-media potrebbero educare molto lo spettatore. Qualche giornalista lo fa con grande buon senso, ma altri vogliono il sensazionalismo. Lo spettacolo manifesta inoltre l’importanza delle colpe di entrambi i genitori, in modalità ovviamente differenti. Ci siamo resi conto di quanto in queste circostanze, la vera patologia è costituita dall’ambiente familiare, molto spesso malato».

1975: Oriana Fallaci pubblica Lettera a un bambino mai nato. 2016: Interruzioni. Cosa è cambiato in 40 anni per noi donne?

«Molte cose sono cambiate a livello giuridico e soprattutto sulla capacità di scegliere consapevolmente, altro tema che si affronta nello spettacolo».

Questo spettacolo chiude la sua trilogia sulla violenza. Come riassumerebbe questo percorso? E qual è stato il suo punto di vista o il suo obiettivo?

«È stato un percorso importante che ho intrapreso all’inizio in modo volontario, poi sono arrivate delle proposte legate al tema e mi è sembrato interessante sviluppare un focus crime. Il mio obiettivo è stato provare ad affrontare il buio dell’anima, ma anche la rinascita, un diritto di tutti al di là del contesto morale».

La Regione Piemonte stanzia 1milione di euro per il sostegno alle donne economicamente in difficoltà “che accettano di non abortire” e fa gestire i fondi ai pro-vita. Tra le donne in difficoltà creiamo donne che hanno più diritti di altre? E quanto sono le stesse donne che negano ad altre donne il diritto alla libera scelta?

«Non credo assolutamente che le donne in difficoltà maturino più diritti delle altre. In una società civile ed evoluta, credo sia doveroso sostenere chi, pur non avendo le risorse necessarie, affronta con coraggio e amore la maternità. Non è una guerra tra madri e non madri. Non è una lotta fra donne. La questione è puramente intima e personale. La scelta e la responsabilità restano sempre del singolo individuo. Nessuno può toglierci qualcosa».

La UE ha appena deciso che il rapporto senza consenso non è stupro, nonostante le donne che abbiamo in posti di potere, dalla Commissione Europea alla BCE alla presidenza del Consiglio in Italia. Al termine del suo percorso teatrale sulla violenza, nell’anno che vede milioni di persone andare al voto in Europa e negli USA, da donna, si sente protetta?

«Non mi sento protetta, ma personalmente non mi sento una vittima, perché credo fermamente nel potere della consapevolezza».

Da ora in poi tutti la conosceranno per la sua partecipazione a Mare Fuori. Continuerà a fare politica con il teatro?

«Non mi occupo di politica a teatro. Mi interessano temi sociali che possano risvegliare le coscienze e aprire confronti. Possiamo sempre scegliere, anche se la società non ce lo ricorda mai abbastanza».

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