La saga del Teatro di Roma continua. Dopo la contestata nomina del nuovo direttore Luca De Fusco, le polemiche hanno fatto talmente rumore da arrivare sulla cronache nazionali, con tanto di intervento di Giorgia Meloni a favore della nomina. Ma nonostante l’endorsement presidenziale, gli animi non si sono placati e il CdA del Teatro di Roma ha valutato l’ipotesi di un affiancamento manageriale del nuovo direttore.
Infatti, come raccontato dal giornalista di Repubblica Alessandro Toppi, vedendo i bilanci dei teatri dove ha lavorato in precedenza, fare il manager non è proprio il mestiere di De Fusco. Per questo cambio di governance – ovvero due direttori, uno artistico e uno manageriale – serve la modifica dello statuto della Fondazione e nei prossimi giorni sarà convocata una assemblea ad hoc. Quindi doppia poltrona e doppio stipendio. E considerando che la cifra ipotizzata per la carica di De Fusco è di 150mila euro, i conti si fanno in fretta.
A questo punto scatta però la protesta delle lavoratrici e dei lavoratori del mondo dello spettacolo che trovano la vicenda scandalosa e ai limiti della decenza: il teatro è un luogo sacro, spazio di democrazia e di arte. Pretendono trasparenza, merito e progettualità. È stata indetta una prima riunione il 29 gennaio alla Città dell’Altra Economia al Testaccio col motto di «Il Teatro di Roma è di tutt*», dove insieme ai lavoratori hanno partecipato anche spettatori, giornalisti, operatori e curiosi.
Poi una seconda, il 30 gennaio, questa volta davanti al Teatro Argentina, un teatro presidiato dalla polizia, come fosse una partita della domenica, dove è intervenuto Francesco Siciliano – presidente della Fondazione del Teatro di Roma, difendendo le scelte del CdA. «Abbiamo superato un momento difficile, in cui le lacerazioni sembravano aver avuto il sopravvento. Averle superate è un segnale positivo. Ringrazio il sindaco, Roberto Gualtieri, che si è impegnato personalmente per il Teatro e per la città. E la Regione e il ministero che, dopo un confronto anche aspro, alla fine hanno trovato una risposta positiva per l’assetto del Teatro di Roma», ha commentato Siciliano. «La conclusione di questa vicenda è, a mio giudizio, non una soluzione di mediazione ma la scelta della forma migliore per la gestione e la vita di un organismo complesso come è il Teatro di Roma con la sua molteplicità di sale e con la volontà di essere il luogo dove voci diverse, sensibilità anche lontane possano incontrarsi».
Nel frattempo è caccia al nome del manager (o della manager, dato che per far contenti i detrattori dovrebbe essere donna e di sinistra…). I nomi trapelati sono stati per ora Onofrio Cutaia, già al Maggio Fiorentino, e Paola Macchi, direttrice organizzativa del Festival dei due mondi di Spoleto, ma entrambi hanno fatto un passo indietro.
E in attesa degli sviluppi di questa storia che sta imbarazzando il Paese, chi ci rimette è proprio il teatro. Considerando che meno di due italiani su dieci mettono piede in una sala teatrale almeno una volta all’anno, il fatto che il teatro arrivi alle cronache per fatti di così bassa lega non fa bene a nessuno.
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