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La solitudine e noi: al Campania Teatro Fest il Circus Don Chisciotte
Teatro
C’è la solitudine degli anziani in quella vasta disposizione scenica in platea, dove, accompagnati uno a uno e messi a sedere su poltrone di varie fogge, 19 figuranti attempati sosteranno per tutto il tempo, chi sveglio, chi addormentato, davanti a dei vecchi televisori a tubo catodico, imperturbabili o indifferenti, assenti o intorpiditi dal niente che il monitor trasmette, e che noi guardiamo dall’alto dei palchetti. C’è la solitudine dell’uomo, e quella inconsapevole del bambino che inventa l’amico immaginario, invisibile, col quale fantasticare e viaggiare. Come l’eterno Don Chisciotte e Sancio Panza, e come i due buffi personaggi che li incarnano in questo “Circus Don Chisciotte” che il regista Antonio Latella ha tratto dal testo di Ruggero Cappuccio (debutto al Campania Teatro Festival e nella prossima stagione al Mercadante di Napoli).
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/Circus-Don-Chisciotte_ph-Ivan-Nocera-2.jpg)
C’è, in questa riscrittura del romanzo di Miguel de Cervantes, un immaginario che attraversa il tempo e la storia, un viaggio nel nostro presente con la ricerca sempre viva di sé stessi e dell’altro, dell’uno e del molteplice, esplorando mondi interiori ed esteriori, dove la parola, nella sua lingua colta o popolare, musicale, crea pensieri e azioni. I due uomini in scena, speculari, vestiti entrambi allo stesso modo (il rimando è agli abiti da “intellettuale” di Pasolini), sono lo stesso personaggio sdoppiato. L’uno, avventuriero, nobile e filosofo, che si atteggia da padrone promettendo avventura e felicità; l’altro un vivace, astuto e ironico popolano partenopeo di nome Salvo, analfabeta, che risponde da servo, e accetta di seguirlo.
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/Circus-Don-Chisciotte_ph-Ivan-Nocera-3.jpg)
Si pongono domande reciproche, litigano, disquisiscono sul mondo, sull’esistenza, sul tempo e la storia – “Tu non sei di questo tempo, sei di sempre”, dirà il Cavaliere al popolano -, con l’unico mezzo che hanno: la parola. Scorre copiosa dalle loro bocche e anche su un tabellone da stazione ferroviaria di arrivi e partenze che pende dalla graticcia, sul quale fluiscono vorticosamente lettere e numeri – forse a indicare un luogo impossibile, quello dell’utopia, da raggiungere? -, formando parole da decifrare e da tradurre scoprendone il senso.
![Circus Don Chisciotte, ph. Ivan Nocera](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/Circus-Don-Chisciotte_ph-Ivan-Nocera-4.jpg)
“Ogni lettera dell’alfabeto rappresenta una stazione del nostro stare al mondo”, spiega Latella. Sulla scena in platea – ampliata poi sulle assi del palcoscenico -, che è spazio della mente, il viaggio dei due eroi erranti, tra sberleffi e calembour si anima di fasci di luci coloratissime; di suoni assordanti e lunghi silenzi improvvisi; di bizzarre armature indosso composte da ombrelli, spolverini, abatjour e aspirapolveri per catturare fantasmi nascosti; di nebbie e di fumo che esce dai televisori e che alla fine fumerà dalla testa di Salvo/Sancio, il quale spegnendosi si rivelerà essere la proiezione mentale di Don Chisciotte nel suo eterno rincorrersi.
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/Circus-Don-Chisciotte_ph-Ivan-Nocera-6.jpg)
Pur con momenti di intrigante inventiva scenica, di affondi letterari che arrivano al cuore, di sequenze esplosive che i due attori creano col loro fantasticare – Michelangelo Dalisi, e un sorprendente Marco Cacciola per toni napoletani e movenze da teatrante oltre misura -, si fatica però a reggere l’ascolto, il debordare del testo, la ridondanza barocca, l’effluvio continuo che sovrasta le stesse parole.