Un mondo fantastico, che si svolge davanti ai nostri occhi, attraversato da storie tragiche e comiche, vissuto da personaggi, maschere e costumi, popolato di parole e gesti. È quello del teatro ed è all’arte scenografica di Daniele Lievi che è dedicata “Carte Segrete – Teatro. Visioni”, mostra ideata dal fratello Cesare Lievi, con il quale lo scenografo ha collaborato in tante occasioni. Curata da Bianca Simoni, l’esposizione è visitabile fino al 30 novembre 2022 al MuSA – Museo di Salò, è incentratra sul nucleo dei centinaia di disegni conservati in una sorta di diario personale, le “Carte Segrete”, ed è scandita da più di 150 opere, tra disegni, tele, studi per la scena, fotografia e video, dalle prime sperimentazioni ai successi nei grandi teatri europei. A dimostrazione non solo dell’attività in campo teatrale di Daniele Lievi, scomparso prematuramente nel 1990, ma anche della continuità tra l’arte visiva, la grafica e la ricerca scenografica. Una relazione, quella tra foglio e spazio, superficie e tridimensionalità, tutt’altro che scontata, considerando, per esempio, le diverse finalità tra la visione artistica, che in ogni caso tende all’astrazione, e le necessità sceniche che, per quanto illusionistiche e prospettiche, devono aprirsi alla “performabilità”.
«Il percorso espositivo immaginato per Salò evidenzia l’intreccio estremamente fecondo tra l’attività artistica di Daniele Lievi, la sua operosità di pittore e grafico culminante nelle cosiddette Carte Segrete, e quella di scenografo attivo tra la fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta nei teatri italiani ed europei», ha sottolineato Cesare Lievi, fratello dell’artista, regista teatrale e ideatore della mostra. «Non si tratta al proposito – e va detto subito – di un artista che occasionalmente si dedica al teatro (cosa abbastanza consueta nel Novecento) ma di uno che fa della rappresentazione visiva su carta o tela e di quella scenica l’elemento fondamentale, il nucleo centrale della sua attività, tematizzandolo e svolgendolo con ostinazione in una serie di rimandi e corrispondenze in grado di generare una totalità frammentata e contemporaneamente compatta in cui scenografo e artista non solo si intrecciano e si compenetrano ma anche producono una figura nuova, un unico (forse senza nome) in cui la distinzione sopra citata si annulla completamente».
Quella di Daniele Lievi è stata una carriera fulminante, interrotta dalla prematura scomparsa, il 15 novembre 1990. L’anno precedente, nel 1989, era stato nominato scenografo dell’anno dalla rivista Theater Heute. Gli sarebbero poi stati conferiti postumi la Kainzmedaille della città di Vienna, per la scenografia del Barbablù di Georg Trakl (1991), e il Premio Ubu per tutta la sua attività scenografica, nel 1993.
La mostra racconta dunque il percorso artistico di Daniele Lievi, dalle prime sperimentazioni teatrali a Gargnano con il Teatro dell’Acqua fino ai successi nei grandi teatri di Basilea, Francoforte, Amburgo, Berlino, Vienna e Milano. In un gioco di specchi quasi meta teatrale, l’allestimento espositivo stesso è pensato come una sorta di messa in scena da esplorare tra diversi linguaggi, con studi per la scena, 108 fotografie di spettacoli realizzati, modellini teatrali e una ricca documentazione video di schizzi, appunti visivi per scene e costumi, oltre ai filmati degli spettacoli stessi. Arte e scenografia: in tutta l’opera di Daniele Lievi, i due linguaggi dialogano attraverso continui rimandi, in un proficuo e poetico confronto tra bidimensionalità e tridimensionalità.
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