Entra nel vivo l’estate, la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori. Oggi abbiamo intervistato Stefania Tagliaferri e Verdiana Vono, direttrici della compagnia Palinodie e del festival Aosta Città Diffusa, quest’anno nel capoluogo valdostano dal 20 al 23 luglio.
Cos’è Aosta Città Diffusa?
«Un festival che vuole iniettare energia e fiducia rispetto a una possibilità di sviluppo della città, intesa come il luogo della relazione umana. Nel 2020, in piena pandemia, ci siamo interrogate su cosa la nostra città necessitasse e di che cosa avevamo bisogno noi in relazione alla città. Lo svuotamento dello spazio pubblico e la necessità di attività artistiche per riattivare un pensiero di cambiamento erano i punti secondo preponderanti. Così abbiamo dato vita al festival con cui cerchiamo di riabitare alcuni spazi pubblici e di portare l’attenzione su come l’arte, e in particolare il teatro, possa essere un elemento di trasformazione delle relazioni umane».
Qual è il rapporto del festival con il territorio?
«Dopo aver girato e cambiato diverse città, Aosta è il luogo che abbiamo scelto. Il suo territorio e la regione sono molto piccoli, i luoghi si influenzano, avviene uno scambio, anche per quanto riguarda il festival, con cui c’è un rapporto di vicinanza e alimentazione reciproca. Alle volte è comunque faticoso, perché si tratta di portare il contemporaneo in un ambiente che non lo ha scelto come primo linguaggio di espressione. Dal punto di vista economico, il festival è sostenuto da stakeholder istituzionali, come la regione e il comune, e da associazioni del territorio, unendo quindi una grande comunità per la realizzazione del festival».
Qual è il tema dell’edizione 2023?
«Il tema di Aosta città diffusa 2023 è “Essere presente”, sintetizzando l’unico impegno del teatro, quello che ci invita al qui e ora. “Essere presente” è come un risveglio a una consapevolezza, che è la stessa consapevolezza della presenza scenica. Una esortazione a reagire al momento presente, a ciò che avviene proprio in questo momento, non proiettandosi in quello che siamo state prima o che saremo dopo, ma nel presente. Un auspicio per il nostro tempo, che accetti le proprie fragilità, quindi la richiesta di guardarsi dentro per imparare a riconoscersi».
Quali sono gli appuntamenti da non perdere?
«Una domanda a cui noi non possiamo rispondere: tutto il cartellone su cui abbiamo lavorato per mesi è da non perdere! Ma se proprio dobbiamo, gli spettacoli teatrali dalla natura fortemente sperimentale, come il lavoro La scelta di Roger Bernat, che presenta un dispositivo di partecipazione per il pubblico e che noi abbiamo ospitato in una tappa di creazione lo scorso inverno; o come lo spettacolo di Palinodie Rumorosi Passaggi, una performance in cuffia che interseca il linguaggio della fotografia contemporanea con le parole urbane. Un’occasione per riflettere sul presente e sulla situazione in Russia è lo spettacolo Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Russia di Teodoro Bonci del Bene; infine lo spettacolo di Luisa Borini Molto dolore per nulla, ospitato all’Orto Sant’Orso, una cornice straordinaria che al tramonto è veramente suggestivo».
Colonna sonora del Festival?
«Ne proponiamo una diurna e una notturna. Non sono una signora di Loredana Bertè, che è un po’ un inno, e Amore di plastica di Carmen Consoli, entrambe perfette per tutti gli appuntamenti pre serali. Per creare un’atmosfera diversa dopocena invece Cigarettes After Sex con Apocalypse».
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