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La piazza è da sempre il luogo del confronto, del dibattito politico e sociale, una sorta di teatro in cui osservare i cambiamenti della città e della sua comunità. Anche nella fase due del lockdown, le piazze hanno ospitato raduni, manifestazioni, in un Paese in cui i mercati, i bar e i parrucchieri erano tornati accessibili, e la cultura, interesse di pochi, era rimasta ancora inaccessibile. Finalmente, il 15 giugno 2020, i teatri hanno riaperto: in quel primo giorno possibile, la compagnia bolognese Kepler 452, con uno spettacolo che trasforma l’atto performativo in atto politico, portavano i propri spettatori a riappropriarsi di una piazza – prima Piazza della Pace a Castel Maggiore poi Piazza Maggiore a Bologna -, come luogo di confronto con se stessi e con la comunità.
Il primo giorno possibile di Kepler 452 a Bologna
Sulla falsariga dei progetti di teatro partecipato di Roger Bernat e dei Rimini Protokoll, Lapsus Urbano // Il primo giorno possibile è uno spettacolo in cuffia: la voce di un arbitro, anche presente in mezzo a noi in pantaloncini e maglietta fosforescente, dà istruzioni per le azioni da compiere e illustra le regole obbligatorie in questi giorni di postcovid: indossare la mascherina e rispettare la distanza. Nella prima tappa di Bologna dello spettacolo di Kepler 452, i quaranta spettatori seguono l’arbitro verso il crescentone, cuore di Piazza Maggiore. Per terra i quattro punti cardinali, la bussola attorno a cui ruota il gioco: se hai passato la quarantena da solo vai a est, se l’hai passata con la tua famiglia vai a ovest, se hai perso il lavoro vai a nord, se hai continuato a lavorare vai a sud…
Il progetto, nato nel pre-virus, durante il lockdown si è trasformato in una riflessione sociale: da un lato riappropriarsi di uno spazio comune come la piazza tramite la cultura, dall’altro usare la cultura per riflettere sugli effetti che la quarantena ha avuto su di noi e sulla società, in tutta la sua vulnerabilità e le sue differenze (o ingiustizie), alla continua ricerca di un capro espiatorio. Ecco dunque il soggetto dell’indagine del lavoro dei Kepler.
Ne Il primo giorno possibile il giudizio diventa protagonista, su due binari paralleli. In primo luogo tra i partecipanti al gioco, che seguendo le istruzioni dell’arbitro si muovono su questa scacchiera immaginaria, confermando e mostrando letteralmente sulla pubblica piazza idee e ruoli sociali, mettendosi quindi a nudo per essere sottoposti al giudizio degli altri. Poi c’è il popolo, la gente della piazza, che non partecipa e che non capisce cosa stia succedendo. Chi gioca è avulso da quello che avviene nella città e viceversa, non c’è scambio né interazione, confermando dall’esterno la percezione di un teatro per chi sa e per chi è disposto a mettersi in gioco, alla mercé dello sguardo voyeristico dei passanti, sbalordito e ironico.
Il Capitalismo magico di Milano
Sempre i Kepler, questa volta a Milano, aprono la stagione di Outside festival, il festival diretto da Tournée da Bar all’interno di Estate Sforzesca, con Capitalismo magico, un lavoro nato durante la pandemia e presentato per la prima volta come lettura radiofonica.
Una chiacchierata tra due amici, Nicola Borghesi e Lodo Guenzi, che si erano conosciuti alle medie e non si sono più separati, una prospettiva generazionale per capire cosa vuol dire avere trent’anni e poter stare su un palco a dire quello che si pensa, per abbattere il cliché del giovane pigro e disinteressato, snobisticamente descritto da Michele Serra ne Gli sdraiati, per suggerire come un mondo fuori dal capitalismo non solo sia possibile, ma anche più umano.
Adorno sperava in un’arte capace di far riflettere per combattere l’industria culturale, strumento del capitalismo. I due amici ricorrono a storie di vita vissuta, dalla vedova conosciuta sulla banchina di una stazione, che ricorda le estati passate nelle pensioni di Cesenatico sognando il lusso dell’Hotel Mara negli Abruzzi, o la tredicenne immigrata sfrattata con la sua famiglia dall’edificio Ex Telecom in Bolognina, oggi cantiere di un nuovo ostello per studenti ricchi, inframmezzate da aneddoti personali e canzoni suonate al pianoforte di Lodo – molti sono accorsi per vedere il frontman dello Stato Sociale, il che ha abbassato notevolmente l’età media del pubblico.
Forse pensare di abolire il capitalismo, come molti in questi mesi di chiusura hanno auspicato, è irreale e utopico, ma con Lodo e Nicola possiamo almeno ripensarlo, magico e giovane, meno autoreferenziale e più generoso. Ed è bene parlarne nell’attesa dell’azione.