Porcile, ph. Luca Del Pia
Il giovane Julian Kotz, rampollo di una ricca famiglia di industriali tedeschi il cui padre vanta collusioni col nazismo, rifiuta il sistema sociale in cui vive. A esso preferisce la frequentazione del porcile delle stalle annesse alla tenuta, salvo poi perdere la vita sbranato, nel tragicissimo finale, proprio da quei maiali con cui si sente al sicuro e oggetto del suo malato desiderio carnale. Julian ripudia i ruoli sociali e sceglie di non dire; rifiuta di schierarsi tra i rivoluzionari della sua generazione – rappresentati dalla fidanzata sempre tenuta a distanza -, né di integrarsi accettando l’ordine costituito. È il “diverso” perché non appartiene a nessuno, perché lui stesso non sa chi è, e non può riconoscersi. Non è né consenziente né dissenziente, “Né ubbidiente, né disubbidiente”, dice di lui il padre dal totale distacco affettivo. Non è il figlio ribelle, né il figlio modello.
Metafora esplicita di una società che divora i propri figli, del conflitto generazionale, del Potere che vuole penetrare ciò che è diverso per farlo proprio e distruggerlo, “Porcile” riflette tante crisi insieme: personale, sociale, storica, etica, ideologica. Testo teatrale di Pier Paolo Pasolini, scritto nel 1966 – insieme ad altre cinque tragedie stese di getto in un anno – e trasposto in film tre anni dopo dallo stesso autore, questa fabula nera racconta una vicenda orribile pur se con mano sottile, da leggersi anche – così la intese, in un suo pregnante allestimento, il regista Massimo Castri – come una storia di regressione all’infanzia.
Ispirandosi all’omonimo film di Pasolini, la messinscena che ne ha fatto il regista Nanni Garella con la sua Compagnia Arte e Salute, rompe la prosaicità asciutta e secca della tragedia immettendovi una felice dinamica di movimenti integrando alcuni danzatori della compagnia Balletto Civile di Michela Lucenti che fungono da rurale coro greco. Il loro comporsi e scomporsi in tableaux vivant, l’interagire gestualmente con i corpi e con le parole dei personaggi, aggiunge corposità alla drammaturgia e ai dialoghi offerti così, con encomiabile naturalezza, dagli attori del Progetto “Teatro e salute mentale” di Bologna, e con l’intervento dell’attore Simone Francia nel ruolo dell’ex aguzzino anti-ebraico e socio ricattatorio del magnate tedesco.
Garella dona una levità che illumina anche di ironia un orrore famigliare e scabroso al tempo stesso. La vicenda risulta subito efficace dal lucido nitore dello svolgimento scenico dentro un alone di borghesia formale e festosa, incorniciato da una scenografia espressiva per semplicità di segno: una lunga geometrica parete frontale con tre usci aperti e trascoloranti da dove escono e rientrano i personaggi – dai costumi che rimandano alle eleganti figure di Magritte, a Grosz, e al quadro “Il Quarto Stato” -, col finale inesorabile del contadino che riferisce di Julian divorato dai porci. Vicenda che verrà messa a tacere.
“Porcile”, che ha debuttato all’Arena del Sole di Bologna, è la terza tragedia dopo “Calderòn” di Fabio Condemi e “Pilade” di Giorgina Pi, del progetto “Come devi immaginarmi” di Ert-Emilia Romagna Teatro dedicato al poeta friulano.
Alice Voglino espone 'Cosa non vedi di me' alla Fondazione Cingoli: un’indagine sensoriale su identità e relazione, tra pittura, scultura…
Il 15 giugno exibart ha aperto il suo nuovo profilo Tik Tok, affidando a Elisabetta Roncati la missione di diffondere…
Pace fatta tra Kim Kardashian e la Donald Judd Foundation: la celebrità riceverà dei mobili autentici dell’artista minimalista, dopo l’archiviazione…
La sede della FAO di Roma ha ospitato una performance di Silvio Coiante: partendo dalla tecnica del papier collé, l’azione…
L’opera, che all’inizio del Novecento suscitò scandalo per il ritratto di una professionista fuori dai canoni sociali dell’epoca, entra nella…
Il festival Interplay di Torino si conferma un appuntamento di rilievo nel panorama della danza contemporanea e della performing art:…