Da martedì 27 a giovedì 29 febbraio, l’OFF/OFF Theatre di Roma accoglie lo spettacolo Giovanna d’Arco, scritto da Maria Luisa Spaziani, interpretato e diretto da Gaia Aprea, con le selezioni musicali di Davide Pennavaria, per una produzione a cura di Associazione Culturale Nutrimenti Terrestri. Il testo di Spaziani ci restituisce una Giovanna moderna che Aprea ha deciso di riportare sul palco per farlo rivivere e mostrarne forza e fragilità. Una donna, un mito, che incarna in sé mirabili contraddizioni: santa ma eretica, donna ma uomo, dolce ma inflessibile, umile ma nobilissima, ignorante ma esperta oratrice.
Ma chi è oggi Giovanna? Donna, quasi analfabeta, che assurge a ruolo di comando. Ma è solo qui la contemporaneità di Giovanna d’Arco? Lo chiediamo a Gaia Aprea, che a più riprese è tornata ad indossare i panni di Giovanna d’Arco dal 2005 ad oggi.
Come è cambiato in questi anni il suo rapporto col testo e col personaggio?
«I personaggi, tutti quelli che interpretiamo, risentono del momento e dell’età dell’attore, così Giovanna è cresciuta con me: dalla giovane guerriera accecata dalla chiamata, è diventata una donna più riflessiva, più ironica, ma anche più attenta alle sfumature della vita».
Donna, ispirata da dio, che lotta per difendere i valori cristiani, una figura tra storia e mito. In una società che, a livello mondiale, sembra volgere verso un nuovo conservatorismo, una donna cristiana, patriota, guerriera, moralizzatrice, ma che veste i panni di un uomo e non fa figli, conserva il suo fascino? Perché secondo lei?
«Come tutti i miti anche Giovanna può essere letta in tanti modi, a seconda delle epoche e dall’angolatura dell’osservatore. Per me oggi l’aspetto preponderante riguarda la capacità di questa fanciulla di avere un ideale, un ideale non in linea con la morale prevalente in quel periodo e di avere il coraggio di portarlo avanti contro tutto e tutti. Una pulzella alla guida di un esercito maschile era per l’epoca una rivoluzione copernicana!».
In un mondo disincantato, dove il dio cristiano si è evoluto e non ispira più i soldati, quanto è moderna e quanto è moderno il suo messaggio?
«Nel mio approccio a Giovanna la forza non sta nella religione ma nella capacità di portare avanti un ideale».
Come dovremmo leggere Giovanna d’Arco? Tra un’eroina d’altri tempi e una donna con problemi psichici, c’è una strada terza che è possibile percorrere?
«Il dubbio rimane: Giovanna la Santa o Giovanna la Pazza… io preferisco Giovanna la donna che ha visto oltre la realtà la possibile realizzazione di un sogno. Questa è pazzia o santità?».
Una figura che ha attratto anche molti registi cinematografici come Victor Fleming e Luc Besson. In teatro, dove la magnificenza dei grandi film storici non serve, che Giovanna porta in scena?
«Porto in scena un corpo, semplicemente un corpo abitato da un’anima vissuta alcuni secoli fa ma che ancora ci parla. Talvolta prende il mio corpo di attrice per parlare, altre volte viene semplicemente ricordata. La vita si manifesta anche nella memoria. Ciò che non è dimenticato è vivo. Non mi soffermo a giudicarne la contemporaneità».
Ha alle spalle una lunga e ricchissima carriera teatrale. C’è qualche figura femminile alla quale ha dato voce e corpo che rivive nella sua Giovanna d’Arco?
«Il bagaglio di un’attrice negli anni è la stratificazione di tutti i personaggi vissuti, tutti confluiscono sempre facendo prevalere ora l’uno ora l’altro. Forse Giovanna sarebbe andata d’accordo con Antigone».
Perché la musica onirica dei Pink Floyd come colonna sonora? Una musica psichedelica che parla di guerra, alienazione, follia, per una santa?
«Incredibilmente il mondo onirico, surreale, evocativo e psichedelico dei Pink Floyd trova una perfetta corrispondenza con il mondo di Giovanna tra realtà ed allucinazione, tra sacro e profano, tra alto e basso… ma l’intuizione non è stata mia, la devo a Davide Pennavaria che mi ha proposto questo accostamento iperbolico».
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