Per un’entusiasta appassionata di Carlo Goldoni (Venezia, 1707 – Parigi, 1783), della sottile e delicata ironia che permea i suoi intramontabili lavori, della sua fiducia di fondo verso il genere umano che complici raziocinio e caso riesce a sbrogliare intricate e contorte vicende, della sua capacità di osservare gli ambienti in cui vive e di cogliere vicende a lui contemporanee connotate da fermenti innovativi con una profondità psicologica ante litteram (frutto anche di una maturità acquisita dai mille casi della sua esistenza segnata da una profonda passione per il teatro che riforma in modo radicale), non può che essere gradito assistere alla rappresentazione di una sua opera. Se poi questa è resa con competente bravura e rispettoso buon gusto – come nel caso di Un curioso accidente, raffinata e ben congegnata commedia degli equivoci messa in scena in modo coinvolgente al Piccolo Teatro Strehler di Milano con la regia di Gabriele Lavia (anche interprete del personaggio principale) – la godibilità si prolunga nel tempo attraverso il ricordo degli stimoli ricevuti.
Tale opera è scritta dal commediografo nel 1760 ispirandosi, come afferma egli stesso nella prefazione, a un fatto reale avvenuto in Olanda e riferitogli presso il Caffè della Sultana, in Piazza San Marco a Venezia, da persone attendibili con tale dovizia di dettagli da sembrare inverosimile sebbene vero (il rapporto tra vero e verosimile costituisce uno dei pilastri della sua sfaccettata poetica). Accolta freddamente dal pubblico veneziano nello stesso anno, ha avuto invece notevole fortuna all’estero come testimoniano le numerose traduzioni e rappresentazioni.
Il contesto storico dell’epoca non è tra i più pacifici: l’Europa (e non solo) è squassata dalla “Guerra dei sette anni” (1756-1763) tra il Regno d’Inghilterra e quello di Francia con il coinvolgimento di altre Potenze europee, conflitto che vedrà il trionfo della prima. Gli Olandesi sono fuori della mischia e stanno a guardare traendone profitti.
Dinamica la trama: a L’Aja, abita Filiberto (eccellente Gabriele Lavia con le sue espressioni e ammiccamenti, oltreché agile a dispetto del non essere giovanissimo), ricco mercante olandese che ospita generosamente nella sua tranquilla e agiata casa monsieur de la Cotterie (Simone Toni dai gesti caricati per enfatizzare la sua debolezza), tenente francese ferito nel conflitto, cadetto di una nobile famiglia e come tale spiantato, insieme a monsieur Guascogna (molto convincente Lorenzo Terenzi), suo cameriere. Entrambi i soldati vi troveranno l’amore: il tenente s’invaghisce di Giannina (ottima l’interpretazione tra ingenuità e astuzia della versatile Federica Di Martino), spigliata figlia del padrone di casa, il suo attendente di Marianna (briosa e vivace Giorgia Salari), cameriera di madamigella.
Sarà proprio la spumeggiante figlia di Filiberto a causare involontariamente una serie di equivoci che connoteranno il prosieguo della vicenda: consapevole che il genitore non le permetterà di sposare uno squattrinato, la giovane cerca di sviare i sospetti del padre (che ha intuito le sofferenze d’amore del tenentino) facendogli credere che questi smani per la sua amica Costanza (Beatrice Ceccherini sdolcinata in modo equilibrato), figlia di monsieur Riccardo (Andrea Nicolini tanto scorbutico in questa parte quanto fine nel ruolo di pianista), finanziere gretto con un simpatico servitore di nome Arlecchino (adorabile Lorenzo Volpe). Concorrente di Filiberto, Riccardo si rivela ancora più prevenuto nei confronti di spiantati e nullatenenti corteggiatori della figlia, ancor più se francesi… anche se onesti e nobili.
Lo sperimenterà Filiberto che si dà persino troppo da fare nel favorire quelli che “spera” siano i due innamorati: guai a esagerare con il volere aiutare gli altri perché le conseguenze possono essere nefaste e ritorcersi contro il consigliere soprattutto se si suggeriscono stratagemmi.
D’altra parte come avrebbe potuto la figlia, che già manifesta segni di ribellione alla volontà paterna, parlare apertamente con il genitore apparentemente disponibile, ma radicato e tenace nel proprio “credo” e abbastanza sicuro della sincerità di Giannina? Tuttavia anche la “convenienza” per lui è Vangelo… per cui, “fatta la frittata”, Filiberto dovrà finire con l’accettarla, purché non si parli in giro del “curioso accidente” e nessuno ne sappia niente. In fondo, pur essendosi da allora verificati numerosi cambiamenti sociali, oggi permangono problematiche simili non solo per le incomprensioni tra padri e figli, ma anche per i condizionamenti sociali e la dipendenza dai giudizi altrui.
La regia di Gabriele Lavia rivela una freschezza e una gioiosa ironia come un pittore che, tralasciate le tinte fosche, ha scelto colori caldi e solari per comunicare nuove e piacevoli emozioni, anche se profonde, che denotano quasi una nuova giovinezza e una sempre intelligente vena di divertente ironia. Se il quadro della società mercantile olandese risulta reso con attenta cura e fedele al meccanismo scenico goldoniano, la scenografia fa voli pindarici attraverso un allestimento essenziale che anche in virtù della grandiosità degli spazi dello Strehler conferisce una certa sacralità alla scena come se si trattasse di una cerimonia in una cattedrale, complici anche l’eliminazione della “quarta parete” e l’atletico spostarsi degli attori in eleganti costumi tra scena e platea, dove interagiscono con il pubblico, oltre alla presenza di giovani spettatori sul palcoscenico. Insomma un insieme di invenzioni più da vedere che da descrivere.
L’imperdibile spettacolo (prodotto da Effimera, Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Fondazione Teatro della Toscana), che ha debuttato al Teatro Argentina di Roma e, dopo Milano e Bologna, approderà dal 12 gennaio 2024 a Lugano e poi a Firenze, Torino, Ferrara, Fermo, Fano, Faenza, Trieste e Thiene. Sarà veramente un peccato non assistervi!
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