1 – 8 dicembre 2013 | Gianni Perillo e il suo viaggio di “conoscenza umana”

di - 9 Dicembre 2013

Come funziona e che cos’è ‘Il gioco di Piero’ che vediamo in mostra?
«Il gioco qui in mostra è a una seconda fase, e si chiama stochastic network, ovvero un gioco di società che ha creato questa rete. L’idea è di ricreare un ritratto umanistico contemporaneo ripartendo dall’analisi del ritratto di Piero della Francesca. Sono partito dal ritrarre una persona che conoscevo e, in una sorta di facebook offline, questa ha portato altri amici all’interno. E si è cominciata a costruire questa forma, come il videogioco Snake, che si nutre di ritratti. E così continua il gioco fino a che, esattamente come snake, si chiude in se stesso. Questo è successo dopo 3 anni e 10 mesi e 47 ritratti. È stato un gioco nel gioco perché è stato anche divertente questo viaggio di conoscenza tra persone. E si è costruito realmente questo ritratto umanistico contemporaneo. Questa costruzione architettonica non è più basata sul modulo del corpo umano, tipicamente rinascimentale, ma è basata sulle relazioni umane, nell’epoca dei network».
Parlaci invece dei due video che costituiscono l’altra opera, ‘Il riconoscimento dei volti tra memoria, e percezione’
«I video riguardano un esperimento scientifico, una modalità empirica di analisi. Ripartendo da un vecchio esperimento di Sergio Lombardo, attesto, almeno nello specifico di questo esperimento, che abbiamo due approcci di riconoscimento di un volto umano: uno mnemonico e uno creativo e immaginativo. I video mostrano 7 volti, uno in sequenza all’altro, con un riferimento scritto. In un caso le parole indicano dei ruoli, cioè dei lavori, nel secondo, invece dei caratteri (riflessivo, enigmatico, astuto, ndr). I soggetti che hanno partecipato all’esperimento, nel rivedere un’altra volta il video senza l’indicazione, dovevano ricordarsi l’esatta associazione delle parole. Nel caso dei ruoli, il 95% ha ricordato correttamente la sequenza, nel secondo caso, invece, solo il 20% ha ricordato quella giusta. Il resto o ha invertito la sequenza, oppure ha proprio inventato dei caratteri nuovi. Questa cosa fa notare come, in un vizio della nostra società, c’è questo approccio assolutamente funzionale perché automatico. Registri quasi come fosse non un volto ma un muro bianco con una scritta. Nel primo caso ti arriva qualcosa e la riporti nella stessa maniera, senza nessuna informazione aggiunta. Nel secondo caso, invece, è molto interessante che i nessi associativi sono completamente differenti e quindi c’è un forte accrescimento dell’informazione».
La casualità e la spontaneità risultano quindi centrali all’interno delle tue ricerche
«Si, io mi rifaccio tantissimo alla teoria eventualista. Il parametro della costruzione del gioco è stata definito a priori ma la costruzione vera e propria non l’ho decisa io. L’andamento è del tutto naturale. E anche la conclusione dell’opera si è costruita in questo modo stocastico, casuale. Non ho io il controllo della situazione. Rimane solo, come modulo base, il volto ritratto. Poi, il fatto di allargare a un territorio non volutamente artistico, anche se poi di fatto non l’ho scelto io, è abbastanza evidente. Più un’opera stimola risposte eterogenee, più questa risulta uno stimolo attivo. Anche per quanto riguarda i video l’idea è quella di stravolgere i nessi associativi classici. La forma deve essere questo sprigionare delle eterogenee interpretazioni. Le risposte diverse ed eterogenee, nella loro spontaneità, rivelano qualcosa di assolutamente più individuale e meno legato a un modello. Ed è quello che dovrebbe tirar fuori sempre un’opera d’arte. Qualcosa che permetta al soggetto stesso di potersi leggere e riconoscere».
Foto: Caterina Failla e Giulia Restifo
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that’s contemporary mappa l’arte contemporanea a Milano dal 2011.
that’s contemporary è un progetto curatoriale in forma di agenzia di produzione.
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