Abbiamo incontrato Tiziana Pers in occasione dell’apertura della nuova mostra “Caput Capitis I” negli spazi di aA29 Project Room a Milano. L’esposizione, a cura di Gabriela Galati, con testo di Gabi Scardi, resterà visibile fino al 26 Aprile 2019.
Ad accoglierci nello spazio della galleria è una moltitudine di volti di animali. Si riferiscono allo scambio che attui con i loro proprietari: di cosa si tratta?
«Innanzitutto ho voluto inserire questi dipinti di animali e di alcuni dei loro particolari come se fosse una specie di quadreria, uno spunto per una narrazione più ampia. Riprendendo il pensiero quasi ancestrale dei rituali che venivano praticati migliaia di anni fa nelle grotte di Chauvet, questi ritratti racchiudono in sé una forte fisicità, specialmente per quanto riguarda i dipinti che raffigurano gli occhi degli animali. Nello specifico questi lavori si inseriscono all’interno del progetto ART_HISTORY, il quale consiste nello scambiare un mio dipinto con un animale che era destinato alla macellazione. Il dipinto ha le stesse dimensioni dell’animale che riesco a salvare e un contratto ratifica lo scambio».
Come si coniuga per te lo scambio tra un essere vivente, senza un effettivo valore economico, con un manufatto artistico che, invece, lo possiede?
«Di fatto l’azione lavora proprio sui punti di crisi, e si interroga se sia possibile attribuire un valore economico ad un essere senziente – così come il sistema capitalistico/sociale attua, mutuando in tal modo il suo valore ontologico in valore monetario -, ad un’opera d’arte – che costituisce parte integrante del vissuto dell’artista -, e se l’arte possa concretamente modificare il dato reale, andando ad interagire con piccoli o grandi accadimenti ‘esterni’ alle sue dinamiche. Difatti la biografia degli animali salvati, siano essi una cicala di mare o una vacca – viene sovvertita da un gesto inaspettato, che modificherà in modo radicale il corso delle loro vite».
Tiziana Pers, installation view Caput Capitis I, presso aA29 Project Room, 2019, Milano. Crediti fotografici: Antonio Maniscalco. Courtesy l’artista e aA29 Project Room
Nell’opera Caput Capitis (composta da un parallelepipedo in alluminio con serigrafia, e ganci da macello) integri un estratto da un testo di epoca fascista datato 1928, “Soccorsi d’urgenza al bestiame rurale”. È da qui che si sviluppa il titolo della mostra?
«La mia ricerca artistica si concentra sul biocentrismo, attuando un’analisi e una decostruzione del colonialismo, del razzismo e del capitalismo. Il titolo allude proprio a quest’ultima parola, che deriva dal latino caput capitis, ovvero capo di bestiame. La riproduzione forzata degli animali in epoca moderna costituisce l’oggettivazione dell’altro che produce plusvalore a partire dal lavoro e costituisce la base del sistema capitalistico. È inoltre interessante sottolineare come Il grattacielo di Max Horkheimer, dal quale prende spunto la fisicità dell’opera installativa, è stato scritto proprio negli anni che vanno dal 1926 al 1931, ed è quindi contemporaneo al testo veterinario di epoca fascista».
La seconda parte della mostra, Caput Capitis II, si svolgerà a Caserta. Qualche anticipazione sui lavori che presenterai?
«La mostra di Caserta, che inaugurerà negli spazi di aA29 Project Room il 3 maggio e sarà curata da Gabriela Galati e Pietro Gaglianò, costituisce idealmente il proseguimento di questa prima parte realizzata a Milano. A Caserta infatti, così come in Caput Capitis I, saranno presenti una molteplicità di linguaggi, mantenendo la pratica di ART_HISTORY come filo conduttore. Anche in questo secondo capitolo le opere si svilupperanno attorno alle zone d’ombra e alle dinamiche di dominio, ed al tempo stesso alla possibilità del singolo, o della moltitudine di individui, di mutare e sovvertire lo status quo, dando forma ad una nuova poetica della resistenza».
Francesco Valli