La seconda edizione, appena conclusa, del TPA – Torino Performance Art si è avvalsa dell’ottima curatela di Manuela Macco, direttrice del festival e referente per la selezione delle azioni live, e di Guido Salvini per la sezione video. La manifestazione, totalmente autofinanziata, è stata dedicata alla promozione e alla diffusione della Performance Art contemporanea italiana e internazionale, nelle sue pratiche più sperimentali e indipendenti. L’inaugurazione ufficiale è stata accompagnata dalla distribuzione di un testo del performer Marc Giloux, una sorta di pamphlet teorico che insiste sul carattere liberatorio della performance art come risposta alla necessità di classificare ed etichettare, da parte del sistema contemporaneo, ogni esercizio estetico radicale, nato da esigenze autentiche. L’artista e teorico francese ha presentato le proprie modalità di assemblage scenico di voce, testi e musiche per spazi pubblici, che ha avuto successivamente modo di proporre durante il festival con la bizzarra azione intitolata Christian Stein. Per la sezione live, l’intervento Zeitgist – la cerimonia del mondo di Roberto Rossini ha esplorato dinamicamente ambiti filosofici e storici, nell’immediata frequentazione delle tipicità stilistiche dell’arte performativa. L’azione prevedeva la creazione di un cerchio e lo svolgimento di determinati gesti rituali, archetipici e simbolici, durante i quali misura e invenzione si sono fusi in un elegante equilibrio.
Andres Galeano, dalla Spagna, con iPerf 1.0.1, ha proposto una performance informatica quasi interamente realizzata in cloud, con l’ausilio di computer e proiettore. L’artista ha svolto una serie di ricognizioni on line su motore di ricerca, visionando immagini correlate alle parole di presentazione della propria azione. Successivamente, entrato in scena di fronte agli spettatori, ha platealmente indicato per pochi minuti il pubblico di fronte a lui. Un video è partito automaticamente, mostrando una serie di interventi condivisibili su YouTube: semplici gesti che interrogano la zona di confine tra corporeità e realtà virtuale. Neno Belchev, dalla Bulgaria, durante Immigration in Suitcase, ha proiettato se stesso al pubblico, in una sala oscurata, dopo essersi rinchiuso in un baule con telecamera accesa: per una messa in discussione dell’esaurimento dei contenuti estetici e della possibilità di condivisione globale di esperienze sensibili.
Nella sezione video, da segnalare Troposcapes di Sara Pathirane, dalla Finlanda: due azioni riprese e riproposte in loop sulle sofferte realtà della reclusione e degli ospedali psichiatrici. Punti di Vista di Maya Quattropani si ispira alle esplorazioni percettive di immagini complesse svolte dallo psicologo russo A. L. Yarbus. Ilaria Caruso propone il video di un’azione performativa svolta in uno spazio limitato, per ricreare le condizioni di un ritorno a uno stadio esistenziale originario.
Il duo cinese Chun Hua-Catherine-Dong con Seven Idiomatic Pieces inscena un lavoro metalinguistico di destrutturazione di espressioni idiomatiche, attraverso azioni che mimano letterariamente i giochi di parole che le compongono. Judy Radul’s 25 Entrances and Exits di Brianna MacLennan esplora il ruolo della documentazione nella storia della performance art, rimodulando una performance svolta dall’artista Judy Radul nel 1998. Di quell’azione rimangono oggi soltanto una partitura, una fotografia e una dichiarazione concettuale. Brianna, partendo da queste minime informazioni, ha scritto ed eseguito le ventiquattro parti mancanti.
Ivan Fassio
Dal 14 al 16 Giugno
TPA – Torino Performance Art
Torino, Accademia Albertina delle Belle Arti, Green Box, Studio Stefano Giorgi
a cura di Manuela Macco e Guido Salvini
Info: www.torinoperformanceart.com