Con la mostra alla GAM Giorgio Morandi (1890–1964), pittore emblematico e figura di rilievo nel panorama artistico del secolo che si è appena concluso, torna a Torino dopo oltre quarant’anni di assenza. La prima mostra nella Galleria Civica d’Arte Moderna venne allestita nel 1959 con un’esposizione dedicata all’opera di alcuni maestri del Novecento, fra i quali De Chirico, Carrà, Campigli. Venivano allora esposti 54 dipinti di Morandi provenienti da tre collezioni private milanesi, tale evento assunse le caratteristiche di una vera e propria antologica del pittore e suscitò, secondo un articolo di Cesare Brandi, il suo dissenso. Da qui forse nasce l’affermazione di un Morandi schivo ed isolato, restio nel mostrare le proprie opere. In realtà la sua pittura è pervasa da un forte intimismo ed oggi attraverso un centinaio di dipinti e due sale dedicate alle acqueforti (in tutto 39) si può averne la conferma. Attraverso un percorso fatto di paesaggi e nature morte, dipinte dagli anni ’20 fino ad arrivare al 1964, anno della sua morte, si può risalire alla vera essenza della poetica del pittore che ebbe come maestri Cézanne, Rousseau, Derain, senza dimenticare la lezione dei grandi artisti italiani come Masaccio o Giotto.
Nello studio di via Fondazza, a Bologna, Morandi dà vita ad una serie impressionante di nature morte ripetute fino all’ossessione, quadri che hanno lo stesso identico e ripetuto soggetto: gli oggetti, brocche, bottiglie, bicchieri, della domesticità più intima, che vengono arroccati al centro della tela nella loro fissità e che paiono ancora più immobili nella loro oggettività. A Morandi interessa il reale, ma lo ritrae in modo da renderlo astratto, enigmatico. Si rimane spiazzati di fronte ad opere che rappresentano in un modo così vibrante oggetti nudi, anonimi, che hanno la forza di trasmettere una profonda complessità.
Col passare degli anni la pennellata assume differenti sembianze, a volte forte e decisa, altre volte piena di colore, ma i temi continuano a ripetersi invariati in questa pittura ormai spogliata da tutti gli impulsi provenienti dalle passate esperienze, essa è il manifesto della poetica di Morandi, è il suo diario più intimo.
In questa mostra allestita alla GAM mancano le opere del primo periodo, ma la scelta di focalizzare l’attenzione su quelle successive alle sperimentazioni metafisiche o futuriste mette maggiormente in rilievo l’esperienza più matura e definitiva del pittore, essa si rivela come sintesi ben articolata del percorso personale di Morandi e, seppure nella sua non completezza, e questo è un rammarico, il consiglio è di visitarla. Vale infine la pena mettere in evidenza come la mostra di Torino possa essere visitata ed apprezzata sia da un pubblico che per la prima volta si avvicina a Morandi, sia da quello più colto che già ne conosce l’opera.
Nota: le immagini fanno parte di una selezione di diapositive visibili nel sito della GAM.
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