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29
ottobre 2009
fino al 10.I.2010 Il Teatro del Sacro Asti, Palazzo Mazzetti
torino
Madonne e martiri, in un tripudio di putti e dorature. Riportati a nuova vita, dopo accurati restauri. Asti sceglie la festa barocca della scultura lignea per inaugurare il rinnovato Palazzo Mazzetti...
La mostra in corso ad Asti è innanzitutto l’occasione per
scoprire una personalità di rilievo della scultura secentesca in Piemonte: Michele
Enaten,
rappresentante di una famiglia di artisti originari di Liegi, emigrata in
regione alla fine del Cinquecento.
Il crogiuolo di cultura tardo-manierista in cui dovette
formarsi è evocato da due Madonne di fattura tedesca, fra cui quella di Agliano, assegnabile
all’ambito di Stefano Vil, maestro operoso nell’alessandrino (come il padre di
Michele, Lamberto),
che mescola l’eleganza della posa materna al realismo del corpo del Bambino. Michele,
già testimoniato ad Asti nel 1621, vi impianta una bottega che, con l’aiuto di
collaboratori, fra cui il figlio Bartolomeo, riscuote ampio successo in città
e nel suo circondario, superandone i confini.
Gli Enaten diffondono uno stile gradevole,
nell’impostazione solenne ed equilibrata delle figure, dai volti intensamente
espressivi. All’atelier di Michele si deve anche la statua dorata di San
Secondo,
legionario-moschettiere che tiene in mano il modellino della città turrita, di
cui è patrono.
L’avvento del Barocco è ricordato dalla splendida Madonna
del Rosario di
Cerro Tanaro, vicina alla produzione dei comaschi Cassina (attivi a Casale Monferrato) e da
alcune opere del chierese Francesco Borello, enfatiche e realistiche insieme.
Gloriosa è infine la stagione settecentesca, che si apre
col confronto tra gli scultori di provenienza ticinese, la famiglia dei Bonzanigo
(trasferitasi ad
Asti) e Carlo Giuseppe Plura. Dei primi è da ricordare specie la panneggiatissima Educazione
della Vergine di Giovanni
Battista, nella
chiesa di San Secondo, invenzione di cui il maestro si compiace, proponendola
in numerose varianti. Del secondo colpisce invece la Pietà di Pralormo, con la Vergine che si
avventa disperata sul corpo esanime del figlio. L’energica vitalità rococò
possiede anche il San Bartolomeo di Ignazio Perucca, impressionante per l’interpretazione plastica del
suo tradizionale attributo (la pelle del corpo scuoiato).
Nella serie di dorate Madonne che chiudono l’esposizione
risalta il raffinatissimo Stefano Maria Clemente, che contribuì forse
all’ideazione, se non all’esecuzione, della Vergine del Rosario di Cocconato, alla quale lo
scultore Giuseppe Pellengo rivolse una commovente supplica, affidata a un biglietto
rinvenuto all’interno dell’opera: “Vogliate farmi partecipe di tutte le
preghiere che si faranno avanti questa vostra Sacra Immagine”.
Episodio emblematico del connubio tra arte e fede da cui
scaturisce la scultura lignea, teatrale – come suggerisce il titolo della
mostra – sia per la sua impostazione, specie nei gruppi a più figure, sia per
la sua naturale ambientazione nel contesto delle processioni e dei riti
religiosi popolari.
scoprire una personalità di rilievo della scultura secentesca in Piemonte: Michele
Enaten,
rappresentante di una famiglia di artisti originari di Liegi, emigrata in
regione alla fine del Cinquecento.
Il crogiuolo di cultura tardo-manierista in cui dovette
formarsi è evocato da due Madonne di fattura tedesca, fra cui quella di Agliano, assegnabile
all’ambito di Stefano Vil, maestro operoso nell’alessandrino (come il padre di
Michele, Lamberto),
che mescola l’eleganza della posa materna al realismo del corpo del Bambino. Michele,
già testimoniato ad Asti nel 1621, vi impianta una bottega che, con l’aiuto di
collaboratori, fra cui il figlio Bartolomeo, riscuote ampio successo in città
e nel suo circondario, superandone i confini.
Gli Enaten diffondono uno stile gradevole,
nell’impostazione solenne ed equilibrata delle figure, dai volti intensamente
espressivi. All’atelier di Michele si deve anche la statua dorata di San
Secondo,
legionario-moschettiere che tiene in mano il modellino della città turrita, di
cui è patrono.
L’avvento del Barocco è ricordato dalla splendida Madonna
del Rosario di
Cerro Tanaro, vicina alla produzione dei comaschi Cassina (attivi a Casale Monferrato) e da
alcune opere del chierese Francesco Borello, enfatiche e realistiche insieme.
Gloriosa è infine la stagione settecentesca, che si apre
col confronto tra gli scultori di provenienza ticinese, la famiglia dei Bonzanigo
(trasferitasi ad
Asti) e Carlo Giuseppe Plura. Dei primi è da ricordare specie la panneggiatissima Educazione
della Vergine di Giovanni
Battista, nella
chiesa di San Secondo, invenzione di cui il maestro si compiace, proponendola
in numerose varianti. Del secondo colpisce invece la Pietà di Pralormo, con la Vergine che si
avventa disperata sul corpo esanime del figlio. L’energica vitalità rococò
possiede anche il San Bartolomeo di Ignazio Perucca, impressionante per l’interpretazione plastica del
suo tradizionale attributo (la pelle del corpo scuoiato).
Nella serie di dorate Madonne che chiudono l’esposizione
risalta il raffinatissimo Stefano Maria Clemente, che contribuì forse
all’ideazione, se non all’esecuzione, della Vergine del Rosario di Cocconato, alla quale lo
scultore Giuseppe Pellengo rivolse una commovente supplica, affidata a un biglietto
rinvenuto all’interno dell’opera: “Vogliate farmi partecipe di tutte le
preghiere che si faranno avanti questa vostra Sacra Immagine”.
Episodio emblematico del connubio tra arte e fede da cui
scaturisce la scultura lignea, teatrale – come suggerisce il titolo della
mostra – sia per la sua impostazione, specie nei gruppi a più figure, sia per
la sua naturale ambientazione nel contesto delle processioni e dei riti
religiosi popolari.
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Settecento nell’Astigiano
a cura di Rossana Vitiello
Palazzo Mazzetti
Corso Alfieri, 357 – 14100 Asti
Orario: da martedì a domenica ore 10.30-18.30
Ingresso libero
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0141530403; mazzetti@fondazionecrasti.it; www.fondazionecrasti.it
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