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La retrospettiva sull’opera di Boris Mikhailov, intitolata “Ukraine”, ha inaugurato l’attività espositiva di Camera, il centro italiano per la fotografia.
Sono oltre 300 le opere esposte in mostra e che concorrono alla costruzione di un’ampia visuale sull’attività decennale di Mikhailov. Formatosi da autodidatta alla fine degli anni Sessanta e oggi uno dei più importanti fotografi dell’ex Unione Sovietica, Mikhailov ha da sempre sviluppato un interesse per l’immagine costruita nel particolare. Rovesciando la comune e istintiva interpretazione della fotografia quale mezzo atto a catturare frammenti di una vita che scorre inesorabilmente, egli compone un flusso di gesti e storie, centellinato con dovizia per essere inserito in immaginari più ampi, riuniti secondo concetti e temi che divengono serie. Una prassi che si carica da sempre di uno sguardo critico nei confronti della propria società e che si concretizza nella proposta di immagini dall’intensa originalità e atipicità, che hanno inserito la sua ricerca nel bacino dell’arte non conforme d’epoca sovietica.
Sulle note dei Pink Floyd scorrono proiettate le fotografie raccolte nella serie Superimpositions (1968–75), potenti collage a-logici che colorano un mondo fantastico, in cui le dimensioni di oggetti e persone sono, nella loro completa irrealtà, cifra narrativa di un’intima ricerca di libertà. Nella psichedelia innescata dal rock (all’epoca d’importazione illegale), Mikhailov presenta oggi una versione a sua volta teatralizzata della sua arte, suggerendo una lettura irriverente delle proprie fotografie, memore anche di una prassi espositiva che ricorda gli incontri privati tra artisti e conoscenti che, nel chiuso delle proprie case, mostravano e mettevano in circolazione immagini proibite. La visita prosegue con le bellissime e amare immagini della città natale Charkiv, nella serie Black Archive (1968–79), lo svelamento del contraddittorio rapporto con le vacanze in Crimea in Crimean Snobbism (1981) e la messa in discussione e derisione dell’immaginario politico e sociale sovietico in Red series (1968–75) e Luriki (1976–81).
Gli scatti di At Dusk (1993) portano alla luce le profonde ferite e le trasformazioni avvenute con il crollo dell’Unione Sovietica, raccontando le sofferenze subite da gran parte della popolazione. L’emarginazione e l’esclusione riemergono nella celebre serie Case History (1997–98) e in Tea Coffee Cappuccino (2000–10) in cui il degrado urbano di Charkhiv è teatro umano di vicende dai contorni sfocati, vissute dagli “umiliati e offesi”. La mostra si chiude con The Theater of War (2013) dedicata alle manifestazioni di Euromaidan avvenute nel novembre del 2013, quando le telecamere dell’Europa intera registrarono le dimostrazioni di buona parte della popolazione ucraina, interessata a reclamare l’alleanza con l’Europa. Un palcoscenico mediale da cui si è sviluppata la serie di eventi che hanno guidato l’Ucraina alla guerra civile e al seguente conflitto con la Russia, raccontato in scatti riassemblati, colorati e folli, descrittivi di un sentire febbrile e incostante, incosciente ma fiero e, soprattutto, cieco, come le linee prospettiche interrotte, create nelle riassemblamenti da Mikhailov.
Alessandra Franetovich
Dal 1 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016
Boris Mikhailov
Ukraine
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia.
Via delle Rosine 18, 10123
Torino
Orari: lunedì e mercoledì 11.00–19.00, giovedì 11.00–21.00, da venerdì a domenica 11.00–19.00, martedì chiuso
Info: 0110881150, camera@camera.to, www.camera.to