La mostra dedicata a Mauro Chessa fa parte del ciclo di esposizioni che a partire dal 1998 la Regione Piemonte – in collaborazione con la Bolaffi – promuove per presentare artisti piemontesi operanti a partire dagli anni ’50. Così successe con le precedenti mostre dedicate a Francesco Tabusso, Romano Campagnoli, Ezio Gribaudo, Enrico Colombotto Rosso, Francesco Casorati, Piero Bolla.
Tale lavoro si rivela significativo per diverse ragioni, una delle quali è l’importante contributo bibliografico ed iconografico che si offre anche al pubblico più giovane che ha così modo di conoscere questa generazione di artisti da considerarsi a pieno titolo dei maestri.
Mauro Chessa, Aimone, Tabusso, Saroni e Francesco Castrati, già compagni all’Accademia, formarono un gruppo di amici che ruotò intorno alla rivista “Orsa minore” portando avanti un discorso comune – citando le parole del curatore prof. Marco Rosci – elemento significante e caratterizzante dell’esperienza torinese, come invece non accadde a Milano dove, in quegli anni, prevalse l’individualismo.
A partire da “amici di Francesco Casorati” si snoda il percorso espositivo con le tele baconiane (Bacon fu fonte d’ispirazione in tele come “zuffa di cani” del 1960 o di “donna sola” sempre di quegli anni) inframmezzate da qualche incursione Pop.
Al piano inferiore della Sala Boffi, separato da una scala che idealmente segna il prima ed il dopo della sua esperienza, si possono osservare le opere del secondo periodo, quello nel quale abbandona la corrente per seguire una propria via, per creare un linguaggio personale. Le tele ora divengono più realiste e qui emerge in modo innegabile la lezione dei maestri dell’Accademia. Da questo momento in poi, e dopo un silenzio durato molti anni nel quale Chessa non espose nulla, ma dipinse ed insegnò, la sua opera cambia totalmente aspetto, acquisisce un carattere assolutamente rinnovato. La passata esperienza cinematografica in questo senso ha avuto una forte influenza. Gli scorci di reperti industriali, fiumi, ponti, staccionate, fili dell’alta tensione, rappresentano una realtà così vivida che si rimane incantati ad ascoltare il silenzio.
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