Sì, l’arte. D’accordo, il mercato. Si direbbero quasi elementi trascurabili a margine di un fenomeno più vasto: il fenomeno Guido Carbone. Un gallerista che ha trasformato la propria passione in qualcosa di più di un semplice lavoro. Forse in una vera militanza artistica, dove le parole “progettualità” e “strategia” non si riducevano a vuoti imperativi calati dall’alto, ma si concretizzavano in un impegno serio nei confronti dell’artista. Che trovava in Carbone considerazione, stima, affetto e negli ultimi anni anche forti stimoli a reinventarsi o a migliorarsi, tanta era la fiducia nelle sue doti di “producer”, come sottolineato da Luca Beatrice nella disamina puntuale di quel periodo.
Ora la mostra
Questo mondo è fantastico -dal titolo dell’omonima opera in gommapiuma e lycra multicolore (ormai sbiadito) del 1997 di
Mario Consiglio, uno degli artisti potenziati dal fiuto di Carbone- vuole illustrare tutto questo. Una straordinaria avventura umana lunga vent’anni e terminata due anni fa con la sua scomparsa. Un’avventura fatta di incontri, trasferimenti in quattro spazi espositivi diversi e soprattutto di scelte strategiche nell’aggiungere o meno, nella propria galleria, una consistente fetta della futura storia artistica di Torino.
Come quando propone, nel lontano 1986, due giovani sconosciuti, pittori e per di più legati al genere figurativo, che rispondono al nome di
Bruno Zanichelli e
Pierluigi Pusole. Il primo proveniente dal mondo underground del fumetto e dell’illustrazione, il secondo dal linguaggio pittorico tout court, ma entrambi al debutto in una galleria d’arte. E sono proprio loro due ad aprire la prima delle cinque sale storiche di Palazzo Bricherasio, in occasione di questa mostra-omaggio a Guido Carbone, avviando un percorso da
amarcord visivo che si snoda tra le opere di pittura, scultura, installazione e fotografia dei suoi talentuosi compagni di viaggio. Un pezzo, un artista.
Così, si arriva alle attuali ventotto opere esposte, con l’aggiunta di una saletta video dove poter vedere o rivedere, oltre agli altri titoli in scaletta, la spassosissima inchiesta (
Condizioni marginali, 2005) condotta da
Francesco Lauretta tra gli abitanti della sua città. Dove, con molta ironia, solleva la questione di quanto la popolarità di un artista contemporaneo possa definirsi reale e se tale riconoscibilità non sia forse indotta o meglio indottrinata dai media.
Nelle sale barocche, un tempo aulica cornice alla firma dell’atto costitutivo della Fiat, sfila ora veloce una selezione significativa degli “artisti di Guido Carbone”, tra dipinti dai colori sgargianti di
Enrico T. De Paris, fino ad azzerarsi nei grafismi monocromatici di
Ronald Victor Kastelic. Per approdare infine alle atmosfere inquiete e notturne dei ritratti fotografici sfocati (
Dolls, 1995) di
Monica Carocci, così simili ai fantasmi di un passato recente.