Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
06
luglio 2009
fino al 13.IX.2009 Che fare? Rivoli (to), Castello di Rivoli
torino
Cinque incontri chiamati performance. Al Castello si susseguono azioni dal vivo e conferenze. Per riflettere, al tempo della crisi, sul da farsi nel pieno del dibattito dell’arte contemporanea. Che fare o che dire?...
Prendendo spunto dal pamphlet di Lenin e dall’omonima opera di Merz, Che fare? si pone come momento di riflessione sulla condizione e il ruolo dell’arte in relazione alla società. Attraverso diverse pratiche performative, dove per performance s’intende “dare forma, portare a compimento un’operazione”, il ciclo di eventi (che vuol pur sempre dire spettacolo) si colloca in un preciso momento storico dove, non solo in Italia, la crisi ridimensiona inevitabilmente anche il fare artistico.
Pratica a metà tra l’effimero e il semipermanente, la performance oggi dovrebbe dunque rispecchiare la recessione, al fine di recuperare l’esperienza artistica in stretto contatto col pubblico. La perfomance, lo si sa, va vista e soprattutto vissuta, poiché non vi sono video o fotografie che possano restituire il momento emotivo dell’esserci. Il Castello di Rivoli, nonostante questa presa di coscienza, al termine d’ogni azione propone al pubblico documenti, tracce e segni del passaggio degli artisti.
Prima fra tutte, l’azione di Ana Prvacki che, restituita nel video all’ingresso, rivisita la collezione permanente, mentre l’artista passeggia suonando strumenti a fiato e raccogliendo in appositi sacchetti trasparenti la saliva accumulata durante l’esecuzione. La riflessione è sulle qualità benefiche e guaritrici della saliva, ovviamente attraversando la collezione, dove il passato diventa generatore di futuro. Sputando?
Al terzo piano, invece, le due garanzie del ciclo: Nedko Solakov e Dan Perjovschi. Il primo mette in scena un teatrino/cabaret all’italiana, dove i protagonisti – esortati dall’artista a lavorare sul sentimento della rabbia – improvvisano conflitti verbali tipici del nostro quotidiano (dallo scontro con la portinaia alla riflessione sul senso dell’azione in corso). Il tutto con le mani legate, evitando cioè che le persone ricorrano alla gestualità per cui gli italiani sono conosciuti all’estero.
Dan Perjovschi si cimenta invece in un’azione ossessiva di riempimento e svuotamento. L’artista, infatti, disegna, rimuove e ridisegna (Draw-Undraw-Redraw il titolo della perfomance) le pareti della sala espositiva e, con sagacia, affronta problematiche attuali, rivendicando la caduta del pensiero critico. Ed è così che prendono velocemente forma disegni, schizzi, battute e giochi di parole, che invitano realmente lo spettatore a riflettere sulla politica, il consumismo mediatico di Facebook e Twitter; gesti che lo stesso artista dichiara “non essere esattamente performance e neanche solo disegni. Qualcosa nel mezzo (forse)”.
Sospeso tra reale e mediatico si muove Massimo Grimaldi che, attraverso la ricercatezza delle immagini presentate come sfondo dei performer, intende rivelare la purezza delle immagini stesse, la loro non riconoscibilità in precisi loghi e luoghi, e il fatto che l’immagine rappresenti a tutti gli effetti la forma. Ma se “portare a compimento un’operazione” significa eseguire a fondo qualcosa, questo scendere in profondità nell’arte – almeno così sembra a Rivoli – comporta un atteggiamento lontanissimo dal meccanicismo dell’agire comune e richiede un alto grado di sofisticazione, nel senso cioè di raffinatezza concettuale.
Distante, infatti, dal tanto ricercato e ambito coinvolgimento del pubblico è Mark Leckey, il nuovo Turner Prize che, attraverso una conferenza-concerto, cerca un dialogo coi partecipanti. Sovrastando però un palco dove assomiglia più a un English teacher con tanto di lavagna e gessetti che a un guru della cultura popolare.
Ennesima involuzione. Anche al tempo della crisi.
Pratica a metà tra l’effimero e il semipermanente, la performance oggi dovrebbe dunque rispecchiare la recessione, al fine di recuperare l’esperienza artistica in stretto contatto col pubblico. La perfomance, lo si sa, va vista e soprattutto vissuta, poiché non vi sono video o fotografie che possano restituire il momento emotivo dell’esserci. Il Castello di Rivoli, nonostante questa presa di coscienza, al termine d’ogni azione propone al pubblico documenti, tracce e segni del passaggio degli artisti.
Prima fra tutte, l’azione di Ana Prvacki che, restituita nel video all’ingresso, rivisita la collezione permanente, mentre l’artista passeggia suonando strumenti a fiato e raccogliendo in appositi sacchetti trasparenti la saliva accumulata durante l’esecuzione. La riflessione è sulle qualità benefiche e guaritrici della saliva, ovviamente attraversando la collezione, dove il passato diventa generatore di futuro. Sputando?
Al terzo piano, invece, le due garanzie del ciclo: Nedko Solakov e Dan Perjovschi. Il primo mette in scena un teatrino/cabaret all’italiana, dove i protagonisti – esortati dall’artista a lavorare sul sentimento della rabbia – improvvisano conflitti verbali tipici del nostro quotidiano (dallo scontro con la portinaia alla riflessione sul senso dell’azione in corso). Il tutto con le mani legate, evitando cioè che le persone ricorrano alla gestualità per cui gli italiani sono conosciuti all’estero.
Dan Perjovschi si cimenta invece in un’azione ossessiva di riempimento e svuotamento. L’artista, infatti, disegna, rimuove e ridisegna (Draw-Undraw-Redraw il titolo della perfomance) le pareti della sala espositiva e, con sagacia, affronta problematiche attuali, rivendicando la caduta del pensiero critico. Ed è così che prendono velocemente forma disegni, schizzi, battute e giochi di parole, che invitano realmente lo spettatore a riflettere sulla politica, il consumismo mediatico di Facebook e Twitter; gesti che lo stesso artista dichiara “non essere esattamente performance e neanche solo disegni. Qualcosa nel mezzo (forse)”.
Sospeso tra reale e mediatico si muove Massimo Grimaldi che, attraverso la ricercatezza delle immagini presentate come sfondo dei performer, intende rivelare la purezza delle immagini stesse, la loro non riconoscibilità in precisi loghi e luoghi, e il fatto che l’immagine rappresenti a tutti gli effetti la forma. Ma se “portare a compimento un’operazione” significa eseguire a fondo qualcosa, questo scendere in profondità nell’arte – almeno così sembra a Rivoli – comporta un atteggiamento lontanissimo dal meccanicismo dell’agire comune e richiede un alto grado di sofisticazione, nel senso cioè di raffinatezza concettuale.
Distante, infatti, dal tanto ricercato e ambito coinvolgimento del pubblico è Mark Leckey, il nuovo Turner Prize che, attraverso una conferenza-concerto, cerca un dialogo coi partecipanti. Sovrastando però un palco dove assomiglia più a un English teacher con tanto di lavagna e gessetti che a un guru della cultura popolare.
Ennesima involuzione. Anche al tempo della crisi.
articoli correlati
Ana Prvacki a T1 – La sindrome di Pantagruel
Perjovschi a Villa Manin
Grimaldi da Roberto Giustini a Roma
Mark Leckey al Turner Prize 2008
video correlati
Solakov alla Continua
claudio cravero
dal 3 aprile al 13 settembre 2009
Che fare?
a cura di Carolyn Christov-Bakargiev
Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda Di Savoia – 10098 Rivoli (TO)
Orario: da martedì a giovedì ore 10-17; da venerdì a domenica ore 10-21
Ingresso: intero € 6,50; ridotto € 4,50
Info: tel. +39 0119565222; fax +39 0119565230; info@castellodirivoli.org; www.castellodirivoli.org
[exibart]
L’intuizione è giusta ma poi l’aderenza al solito protocollo contraddice tutto e vanifica. Qualche artista straniero e grimaldi di zero (zani-bonacossa). Manca un reale ascolto della realtà, c’è chiusura e si procede per protocolli sempre uguali a loro stessi.
Il Castello di Rivoli figura tra le istituzioni che promuovono gli artisti di Italian Area (come si può facilmente leggere nel sito italianarea.it “museo senza centro” dove appare la scritta: “Gli artisti in Italian Area sono promossi da alcune prestigiose istituzioni italiane”), archivio milanese dove alcuni critici (Bertola, Ferronato, Vettese, Scardi) selezionano una rosa di artisti di cui viene documentato e sostenuto il lavoro.
Ciò mi ha stupito poichè Rivoli dovrebbe restituire al pubblico una fotografia della produzione artistica attuale equilibrata, credibile e non condizionata dai gusti e scelte di un gruppo ristretto di critici tra i quali troviamo Angela Vettese, intellettuale al centro, a Venezia, di roventi polemiche proprio per la sua impostazione di svilire, di umiliare e perfino attaccare, insultare (dalla posizione istituzionale di presidente Bevilacqua La Masa) la produzione artistica contemporanea legata al territorio, a favore dei poteri forti del sistema dell’arte.
Quale attenzione riserva il Castello di Rivoli alla produzione d’arte contemporanea legata al territorio e non succube delle lobby di potere del sistema dell’arte?
Perchè Rivoli promuove gli artisti di un archivio d’arte milanese e cosa ne riceve in cambio? Perchè moltissime nuove correnti dell’arte contemporanea non sono documentate dalle mostre del Castello di Rivoli che pare invece restituire un’immagine dell’attualità singolarmente simile a quella che vediamo proposta dai critici del centro milanese denominato Italian Area?