John Donne scriveva: “
Nessun uomo è un’isola / completo in se stesso; / ogni uomo è un pezzo del continente, / una parte del tutto. / Se anche solo una zolla / venisse lavata via dal mare, / l’Europa ne sarebbe diminuita, / come se le mancasse un promontorio, / come se venisse a mancare / una dimora di amici tuoi, / o la tua stessa casa. / La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, / perché io sono parte dell’umanità. / E dunque non chiedere mai / per chi suona la campana: / Essa suona per te” (
Meditation XVII).
Enrico T. De Paris (Mel, 1960; vive a Torino) sembra accogliere alla lettera i suggerimenti del poeta inglese per l’incipit della sua mostra.
L’artista bellunese accoglie con una serie di dipinti dal titolo
Flussi, che ospitano un universo di piccole comunità di esseri variegati. Isole misteriose fluttuano, come vuole il titolo dell’opera, in un magma materico opulento e conturbante che dà loro vita. Le creature presenti, piccoli “soldatini” colorati e animaletti di plastica, sono intente a condurre azioni di ordinaria amministrazione all’interno del proprio habitat sociale, che è bello spiare con gli occhi curiosi del bambino. Allargando lo sguardo si scopre che quella dimensione rassicurante, dai connotati domestici, fa parte di un sistema ben più complesso e articolato. L’isola non è tale, bensì una molecola di un organo composito e organizzato. Pedina di un macrosistema sociale. La vicenda in atto è incontrollabile.
La liquidità che pervade le tele fa pensare a Zygmunt Bauman: ciò che è liquido non ha e non può avere la stessa forma per lungo tempo ed è soltanto il passaggio da un recipiente all’altro che ne ridetermina la forma. E questo si applica a tutte le situazioni che viviamo.
Un grande polittico fa capolino su una parete della prima sala. L’iconografia semplice si sposa con la sua resa elementare. La serie di piccole tele l’una accanto all’altra riflette il panorama visivo intorno a noi. L’energia vitale sprigionata è frutto dell’assemblaggio apparentemente casuale di segni e segnali codificati del vivere contemporaneo. Dal rumore prettamente visivo si passa infine a quello sonoro prodotto da
Riccardo Mazza, image e sound designer, per l’installazione
Inside. Uno spettacolo di
son et lumière si riflette su una grande ampolla, contenitore di ogni cosa: pensieri, ricordi e, perché no, desideri dell’uomo d’oggi. Vittima e artefice di una sempre più agguerrita ricostruzione del pianeta, basata su principi biotecnologici ed elettronici, cerca forse di ergersi a Demiurgo di un nuovo modo d’essere? L’opera non ha un centro. È aperta,
in fieri, e pare contenere processi formativi autoproducenti. Che si sviluppano idealmente grazie all’interazione con lo spettatore.
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Enrico, che bello leggere di te e del tuo lavoro!!
Grandi complimenti, spero di vedere presto la mostra!