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È una
pittura densa e raffinata quella che propone Andrew Dadson (White Rock, 1980; vive a
Vancouver), rivelativa di un sostrato profondo che si cela dietro l’esistente.
È costruita sulla stratificazione del colore, sempre rigorosamente a olio,
metafora delle sovrapposizioni della realtà, dove nulla è esplicitamente detto
e dove tutto allude all’ineffabile.
L’azione
di aggiungere indefinitamente strato a strato coinvolge Dadson in modo totale,
trasformando la sua metodica di lavoro in un fare inesausto, mai compiuto. Si
genera infatti una relazione sinergica fra artista, opera e spazio: il dipinto
finito evoca una condizione alla quale si anela, nello sforzo di una
completezza che può esistere solo nella mente.
In
questo processo, il tempo assume un valore formativo: gli strati di pittura che
si consolidano e si asciugano trasformano l’opera in un organismo vivo.
Osservando i dipinti si è posti a confronto con l’infinito, che si rivela poco
alla volta, attraversando diversi stati cromatici. Sotto la superficie del
quadro s’intuiscono atmosfere di luci e purezza.
Le tele
proposte nella mostra torinese, tutte realizzate nel 2009 e di grande formato
(alcune di più ridotte dimensioni sono esposte nello spazio-ufficio), sono
ideate in modo da interagire con le peculiari architetture della galleria,
superando la bidimensionalità e assecondando equilibri armonici anche
nell’alternanza del colore: l’ultimo strato è sempre nero, tranne che in un
caso, dove la superficie appare bianca.
La
raschiatura verso i bordi della tela ha un effetto percettivo importante,
perché consente di individuare i diversi elementi cromatici, e funge altresì da
appoggio del dipinto alla parete, così che l’insieme acquista una
tridimensionalità che ne costituisce il dato caratterizzante.
Lo
spettatore è accolto, al piano terra, da Untitled Lean Painting Right e Untitled Lean Painting Left, ambedue dalla superficie nera, poggiati
alle pareti in modo da creare un forte effetto ottico. La raschiatura, in
questo caso, è orientata verso la parte posteriore della tela, sulla quale,
talora, sedimentano grumi di colore. In Frame Painting, al piano superiore, l’effetto si
evidenzia invece “verso” la tela, così da definire una sorta di cornice.
Untitled
(Window Painting),
al quinto piano,
richiama in modo
efficace l’architettura della stanza, in particolare di un balconcino, mentre
al piano superiore la superficie di White Lean Painting With Colour è bianca: in questo caso la
monocromia lascia intravedere barlumi cromatici sotto la superficie.
Chiudono
il percorso Plank Painting e Untitled
(Vertical Painting),
l’uno appeso, l’altro appoggiato a una parete, che dialogano idealmente, a
distanza, con i due dipinti posti al piano terra.
Per la
project room, Dadson ha realizzato l’installazione The End of the Beginning: sessanta tubi al neon sono
disposti sulla parete di fronte all’ingresso, in modo da costituire un grande
pannello. La pittura nera che li ricopre oscura la luce, generando un effetto
di contrasto, ma lascia tuttavia trasparire qui e là piccole strie luminose,
cui il ronzio del neon fa da sottofondo.
pittura densa e raffinata quella che propone Andrew Dadson (White Rock, 1980; vive a
Vancouver), rivelativa di un sostrato profondo che si cela dietro l’esistente.
È costruita sulla stratificazione del colore, sempre rigorosamente a olio,
metafora delle sovrapposizioni della realtà, dove nulla è esplicitamente detto
e dove tutto allude all’ineffabile.
L’azione
di aggiungere indefinitamente strato a strato coinvolge Dadson in modo totale,
trasformando la sua metodica di lavoro in un fare inesausto, mai compiuto. Si
genera infatti una relazione sinergica fra artista, opera e spazio: il dipinto
finito evoca una condizione alla quale si anela, nello sforzo di una
completezza che può esistere solo nella mente.
In
questo processo, il tempo assume un valore formativo: gli strati di pittura che
si consolidano e si asciugano trasformano l’opera in un organismo vivo.
Osservando i dipinti si è posti a confronto con l’infinito, che si rivela poco
alla volta, attraversando diversi stati cromatici. Sotto la superficie del
quadro s’intuiscono atmosfere di luci e purezza.
Le tele
proposte nella mostra torinese, tutte realizzate nel 2009 e di grande formato
(alcune di più ridotte dimensioni sono esposte nello spazio-ufficio), sono
ideate in modo da interagire con le peculiari architetture della galleria,
superando la bidimensionalità e assecondando equilibri armonici anche
nell’alternanza del colore: l’ultimo strato è sempre nero, tranne che in un
caso, dove la superficie appare bianca.
La
raschiatura verso i bordi della tela ha un effetto percettivo importante,
perché consente di individuare i diversi elementi cromatici, e funge altresì da
appoggio del dipinto alla parete, così che l’insieme acquista una
tridimensionalità che ne costituisce il dato caratterizzante.
Lo
spettatore è accolto, al piano terra, da Untitled Lean Painting Right e Untitled Lean Painting Left, ambedue dalla superficie nera, poggiati
alle pareti in modo da creare un forte effetto ottico. La raschiatura, in
questo caso, è orientata verso la parte posteriore della tela, sulla quale,
talora, sedimentano grumi di colore. In Frame Painting, al piano superiore, l’effetto si
evidenzia invece “verso” la tela, così da definire una sorta di cornice.
Untitled
(Window Painting),
al quinto piano,
richiama in modo
efficace l’architettura della stanza, in particolare di un balconcino, mentre
al piano superiore la superficie di White Lean Painting With Colour è bianca: in questo caso la
monocromia lascia intravedere barlumi cromatici sotto la superficie.
Chiudono
il percorso Plank Painting e Untitled
(Vertical Painting),
l’uno appeso, l’altro appoggiato a una parete, che dialogano idealmente, a
distanza, con i due dipinti posti al piano terra.
Per la
project room, Dadson ha realizzato l’installazione The End of the Beginning: sessanta tubi al neon sono
disposti sulla parete di fronte all’ingresso, in modo da costituire un grande
pannello. La pittura nera che li ricopre oscura la luce, generando un effetto
di contrasto, ma lascia tuttavia trasparire qui e là piccole strie luminose,
cui il ronzio del neon fa da sottofondo.
tiziana conti
mostra visitata il 7 novembre 2009
dal 7 novembre 2009 al 14 gennaio 2010
Andrew Dadson
Galleria Franco Noero
Piazza Santa Giulia, 16/d (zona corso San Maurizio) – 10124 Torino
Orario: da giovedì a sabato ore 15-19 solo su prenotazione
Ingresso libero
Info: tel. +39 011882208; fax +39 01119703024; info@franconoero.com; www.franconoero.com
[exibart]
Ragazzi, che sforzo e che fatica. Ma possibile che l’unica strada a 29 anni sia un certo nichilismo astratto?
Luca, se conoscessi la storia dell’arte contemporanea (e non), soprattutto quella nord-americana, non faresti queste domande!!!
Mi piace il lavoro di Dadson perchè è omaggio alla vera pittura, dimenticata da tempo da molti artisti….
Il Luca Rossi di prima non ero io, comunque condivido in parte.. Direi nichilismo installativo visto che in galleria i dipinti poggiano su i sedimenti pittorici dei bordi..comunque non male.