La mostra a Palazzo Bricherasio non va assolutamente persa. Per i contenuti, certo, ma soprattutto per l’organizzazione, le finalità , la capacità di catalogare e smembrare grandi quantità di materiale, per la chiarezza espositiva come fine per una comprensione semplice e diretta che, da sempre, distingue l’allestimento del museo-fondazione diretto da Daniela Magnetti.
La serietà dei curatori -Giuseppe Dardanello e Rosa Tamborrino- e l’indiscutibile team scientifico schierato nelle prime pagine del ricco catalogo si affiancano ad autorevoli testi che, qualora ce ne fosse bisogno, avvalorano la ricchezza dei disegni degli architetti che hanno reso unica una città che appare improvvisamente rinata a miglior destino, nonostante gli edifici in questione e gli studi urbanistici siano presenti all’appello solo da qualche secolo.
In effetti, non si può che concordare con il Presidente del XXIII Congresso Mondiale di Architettura UIA, Riccardo Bedrone, quando scrive che Torino non è mai stata improvvisata. E c’è da crederci, di fronte alle miriadi di tavole e progetti diligentemente suddivise in aree tematiche in questa mostra: un panorama denso e preciso che delinea una storia e una volontà sola,
quella di definire una volta per tutte che Torino è sempre stata una città degna di una capitale (di qualunque genere), ordinaria neppur nel pensiero, semmai un poco trascurata nell’immagine.
Si immagini la gioia di questi insuperabili architetti nel veder riunita una grande quantitĂ dei loro virtuosi sforzi progettuali:
Guarini, impegnato a creare geometrie impossibili in cielo;
Juvarra, che schizzerĂ sui suoi improbabili taccuini meravigliosi capitelli e timpani spezzati di nuvole;
Antonelli, che davvero non crede che l’incredibile spaccato della Basilica di San Gaudenzio di Novara non possa far invidia ai cittadini della Mole. Ma non trascuriamo
Vittone, insieme ad altri autorevoli protagonisti, che hanno trascorso intere notti a disegnare sezioni e dettagli di planimetrie che ora ci aiutano a comprendere le diverse fasi di un progetto urbanistico piĂą volte ampliato e rivisto secondo uno stile militare, monarchico e semplicemente geniale.
Geniale nell’inserire gioielli unici in un tessuto regolare, disegnati da architetti in grado di gestire autentiche visioni. Visioni in alzato, visioni in prospettiva, da Superga al primo Teatro Regio, dai dettagli sui cantieri agli ornati dei pavimenti, dalla Palazzina di Stupinigi alle infinite chiese e ai deliziosi giardini. Progetti schizzati a penna o assolutamente simmetrici nella loro fantasia di decori, con impossibili ombre in acquarello che ora fanno apparire decisamente “tristi” gli impersonali progetti ottenuti con quello strumento, l’Autocad, che tutti gli studenti di architettura usano e che dovrebbero un po’ trascurare. In memoria di chi ha stracciato un’infinità di fogli macchiati di onorevole inchiostro.