Albert è il nome del primo essere che volò nello spazio. Non un uomo, ma il primo dei quindici macachi che dal 1948 furono sparati in cielo dal poligono americano di White Sands. A chi ricorda a
Trevor Gould (Johannesburg, 1951) che i primi pionieri dello spazio furono proprio le scimmie, lui risponde con un sorriso divertito.
L’artista sudafricano ama gli esploratori e i nostri antenati tanto da farne i protagonisti delle sue opere, per cui trae spunto dalle scoperte geografiche e scientifiche degli esploratori nell’Africa ottocentesca. Le scimmie sono immancabili: “
Sono presenti nei miei lavori da molti anni. Rappresentano un modo diretto per discutere di razzismo, di evoluzione e della nostra idea di natura”, spiega. Lo dice indicando
Fantoccio Albino, la scultura che è il fulcro di
Four Rooms, questa personale a cura di Monica Trigona.
Fantoccio Albino è una scimmia albina esposta come un
freak nel mezzo di una sala. Co
me se il deficit genetico non fosse sufficientemente stravagante, il corpo è attraversato da un buco. “
Tutti si preoccupano dei suoi peli bianchi e di come questo buco sia stato fatto, nessuno si chiede come questa mancanza sarà riempita”, continua l’artista. “
Questa è la mia visione dell’evoluzione, un buco che viene riempito da qualcosa di nuovo”.
Pionieri, evoluzione, cultura e ibridazione sono le parole chiave dell’arte di Gould. Le prime due sono evidenti in
Fantoccio Albino, la terza è protagonista dei cinque dipinti della serie
L’ultimo scontro delle filosofie. Cinque personaggi, tratteggiati in un acquarello dai contorni instabili, che portano i nomi di altrettanti pianeti. “
Ho tratto spunto dagli affreschi di Tiepolo a Würzburg”, dice Gould. “
Ogni pianeta ha un risvolto metaforico, quindi Marte è un ragazzo con il passamontagna, riferimento al dio della guerra e all’attualità. Questi disegni indagano la costruzione delle convinzioni, frutto di una banalizzazione di concetti, che però assumiamo come verità assolute”.
L’ibridazione è l’altra tematica fondante delle opere di Gould. Gli sguardi dei suoi personaggi umani sono molto lontani dall’acume che dovrebbe distinguere la nostra specie dagli animali. Gli stessi che, nelle opere dell’artista, sembrano decisamente più intelligenti dell’
homo sapiens. Non a caso Gould inverte spesso i ruoli, ibridando l’uomo con caratteristiche e comportamenti animali e dando ai primati atteggiamenti umani.
La sua visione pessimistica sulla specie umana emerge anche da
Il complesso dei pagliaccio: la prudenza. Un uomo dal triplice volto in costume da Arlecchino, simbolo di chi possiede una maschera per ogni occasione ma anche di chi è ancora alla ricerca di quella definitiva.
Chiudono la mostra i
wall painting creati ad hoc per gli spazi della galleria e i modelli in scala ridotta degli
Elefanti da Parata.