Nella mostra
Akhenaton si rilevano molti motivi di interesse, non solo di carattere artistico, ma anche storico. Primo fra tutti, la volontà di far luce su uno dei periodi più misteriosi della cultura egizia, il regno di Amenofi IV, che scelse di mutare il proprio nome in Akhenaton, consegnato alla storia come sovrano maledetto.
L’indagine mette a fuoco la sua epoca, ponendola in relazione con quella che precede, in particolare con il regno di Amenofi III, e individuando la sua eredità spirituale, che risulta cospicua nonostante i tentativi di discredito. La ricostruzione si preoccupa di fornire, con un ampio apparato critico, una chiave di lettura atta a porre in evidenza la complessità e la modernità delle innovazioni che segnarono l’epoca del faraone.
Attraverso i reperti proposti, la mostra sottolinea il carattere innovativo del regno di Akhenaton, che emerge soprattutto nel ridimensionamento dello strapotere della chiesa a favore della centralità del ruolo del sovrano, intermediario tra l’umano e il divino.

In questo senso il culto di Aton, il disco solare i cui raggi terminano con mani che distribuiscono il segno della vita, introdotto da Akhenaton, è una tappa fondamentale nel percorso di recupero di un potere via via indebolito.
È importante sottolineare come le innovazioni permearono diversi ambiti della cultura e della vita; in particolare, l’acquisizione della lingua volgare come lingua letteraria, la modernità dell’iconografia pittorica, l’utilizzo dei
talatat, blocchi di arenaria volti a velocizzare la costruzione dei templi.
Lo spettatore è posto a confronto con circa duecento reperti, da esaminare con estrema attenzione, in modo da ricostruire il percorso complesso che inizia con il regno di Amenofi III e che si conclude con statuine funerarie e reperti dell’epoca del successore Tutankhamon, con il quale iniziò l’operazione detrattoria nei confronti di Akhenaton.
Tutti gli oggetti in mostra, di straordinario valore artistico e culturale, provengono essenzialmente da musei di diverse città europee, quali Parigi, Basilea, Bolton, Copenhagen, Friburgo, Firenze, Losanna, Leida, Londra e Ginevra, con un nucleo forte dal museo egizio di Berlino. In una rassegna tanto ampia appare fondamentale la chiarezza dell’apparato didattico-didascalico, che vanta altresì immagini astronomiche del sole dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio Astronomico di Torino, di notevole profilo scientifico.

L’universo che si spalanca allo spettatore è costituito da frammenti di steli e di pittura parietale, figure funerarie, statue votive, ciotole, ornamenti, frammenti di mattonelle, elementi architettonici,
talatat, amuleti, intarsi, stoffe tessute, fusi e fusaioli, oggetti in legno grezzo, papiri, utensili da bottega e altro ancora, esposti in diverse “sezioni” – una delle quali dedicata a Nefertiti, sposa di Akhenaton – così da rendere più agevole la comprensione della mostra.