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04
giugno 2009
fino al 14.VI.2009 André Bortoli Ivrea (to), Museo Civico
torino
Quando l’arte si lega al territorio. Un’occasione per parlare di cultura contemporanea fra vette internazionali e meditazioni locali. Fra ritorni modernisti al Rinascimento e incisori surrealisti...
Il merito della mostra in corso al Museo Garda di Ivrea è quello di guardare all’arte contemporanea attraverso il suo legame con il territorio, riscoprendo l’opera di artisti che in anni recenti hanno operato nel contesto locale. Un merito significativo, in un momento in cui i musei civici nazionali si preoccupano di costruire collezioni analoghe a Roma come a Dubai, con opere minori di artisti internazionali spesso interscambiabili.
In Italia ogni provincia vanta almeno un futurista o un novecentista specchio dell’eterogeneità che ha permesso alle città italiane di mantenere un patrimonio diffuso e originale, unica chiave per poter raccontare il percorso culturale di territori vissuti, nonostante crisi e fervori.
Il caso di Ivrea risulta in quest’ottica uno dei più interessanti, perché la città è stata il cuore negli anni ’60 e ’70 delle più significative ricerche sociali e architettoniche del Novecento: l’utopia olivettiana. Le importanti collezioni d’arte degli uffici personale e delle officine avevano portato alla città un aggiornamento intellettuale che la poneva in stretto legame con la rombante Milano del boom economico.
L’opera di André Bortoli (Parigi, 1929 – Ivrea, Torino, 1998) s’inserisce in questo contesto, poco conta se vissuto direttamente o indirettamente, ma sicuramente beneficiato attraverso un clima diffuso fin nella vita quotidiana.
Il suo lavoro porta i segni della ricerca di Guttuso e Vedova, maestri – anche se tardivi – celebrati in quegli anni dalle cronache, ma sorprende soprattutto notare il legame con l’arte classica e rinascimentale, vero tema topico della cultura locale degli anni ’60.
La progettazione della città moderna, Ettore Sottsass in primis, doveva ricalcare la configurazione urbanistica rinascimentale, ed è impressionante notare come negli archivi video Olivetti una buona parte delle ricerche su temi artistici sia dedicata allo studio di Urbino o di altre corti quattrocentesche. Il modernismo viene a essere declinato a Ivrea come ritorno sentimentale al Rinascimento, come mostrano i manifesti pubblicitari di Milton Glaser. Un legame, quello tra modernismo e Quattrocento, da poco rivalutato, ma che sicuramente deve aver ampiamente influenzato André Bortoli.
Questi rilegge in chiave astratta grandi lavori dell’arte classica italiana, e sorprende la finezza di rielaborazione della battaglia di Costantino di Piero della Francesca, o gli studi astratti sulle vetrate della cattedrale di Chartres, resi attraverso coloratissimi collage.
Tale sensibilità dev’essersi sviluppata durante la sua formazione presso l’Atelier 17 di Stanley William Hayter, uno dei più importanti incisori del Novecento, centro del Surrealismo e degli studi di Chagall, Ernst e Giacometti. La mostra diventa così occasione per riflettere sul senso della cultura contemporanea anche in contesti locali.
In Italia ogni provincia vanta almeno un futurista o un novecentista specchio dell’eterogeneità che ha permesso alle città italiane di mantenere un patrimonio diffuso e originale, unica chiave per poter raccontare il percorso culturale di territori vissuti, nonostante crisi e fervori.
Il caso di Ivrea risulta in quest’ottica uno dei più interessanti, perché la città è stata il cuore negli anni ’60 e ’70 delle più significative ricerche sociali e architettoniche del Novecento: l’utopia olivettiana. Le importanti collezioni d’arte degli uffici personale e delle officine avevano portato alla città un aggiornamento intellettuale che la poneva in stretto legame con la rombante Milano del boom economico.
L’opera di André Bortoli (Parigi, 1929 – Ivrea, Torino, 1998) s’inserisce in questo contesto, poco conta se vissuto direttamente o indirettamente, ma sicuramente beneficiato attraverso un clima diffuso fin nella vita quotidiana.
Il suo lavoro porta i segni della ricerca di Guttuso e Vedova, maestri – anche se tardivi – celebrati in quegli anni dalle cronache, ma sorprende soprattutto notare il legame con l’arte classica e rinascimentale, vero tema topico della cultura locale degli anni ’60.
La progettazione della città moderna, Ettore Sottsass in primis, doveva ricalcare la configurazione urbanistica rinascimentale, ed è impressionante notare come negli archivi video Olivetti una buona parte delle ricerche su temi artistici sia dedicata allo studio di Urbino o di altre corti quattrocentesche. Il modernismo viene a essere declinato a Ivrea come ritorno sentimentale al Rinascimento, come mostrano i manifesti pubblicitari di Milton Glaser. Un legame, quello tra modernismo e Quattrocento, da poco rivalutato, ma che sicuramente deve aver ampiamente influenzato André Bortoli.
Questi rilegge in chiave astratta grandi lavori dell’arte classica italiana, e sorprende la finezza di rielaborazione della battaglia di Costantino di Piero della Francesca, o gli studi astratti sulle vetrate della cattedrale di Chartres, resi attraverso coloratissimi collage.
Tale sensibilità dev’essersi sviluppata durante la sua formazione presso l’Atelier 17 di Stanley William Hayter, uno dei più importanti incisori del Novecento, centro del Surrealismo e degli studi di Chagall, Ernst e Giacometti. La mostra diventa così occasione per riflettere sul senso della cultura contemporanea anche in contesti locali.
alberto osenga
mostra visitata il 23 maggio 2009
dal 23 maggio al 14 giugno 2009
Andrea Bortoli – Percezioni d’artista. Luci dal profondo
a cura di Mariangela Di Liddo, Luca Diotto, Paola Mantovani e Alessia Porpiglia
Museo Civico P.A. Garda
Piazza Ottinetti – 10015 Ivrea (TO)
Orario: venerdì ore 15-19; sabato e domenica ore 10-12 e 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0125410311; segrcultura@comune.ivrea.to.it
[exibart]
ottimo articolo e buona mostra!