La parola è ingannevole, più di ogni altra cosa. Dietro le parole, le belle parole, si nasconde un’insidia che quasi mai da subito si avverte. La mente si abbandona al suono affascinante del loro incedere inesorabile, mentre il cuore si riempie di significati fasulli se a quelle stesse parole, che siano orali o scritte, non seguono le azioni tanto decantate. Rischiando di procurare dolente sfiducia, livida frustrazione e senso di perenne inadeguatezza. Questo slittamento tra il piano puramente visivo (e quindi immediatamente percepibile) di un elemento testuale e quello semantico direttamente corrispondente (responsabile di produrre un’aspettativa sovente delusa), è la materia su cui ruota la mostra Memory Now di Arnold Dreyblatt (New York, 1953, vive a Berlino). Con l’aggiunta di una riflessione sui temi della memoria e dell’archiviazione così ben sintetizzati nella fotografia-manifesto Memory Lost, posta all’ingresso di questo nuovo spazio espositivo di Carlo Fossati. Fossati, già direttore di E/static, associazione culturale con sede in via Parma 31, ha voluto con la recente avventura di Blank ampliare gli orizzonti di “uno spazio per l’arte del tempo presente”, come tuttora recita lo slogan di fianco al logo di E/static, per continuare a dedicarsi ad un certo tipo di ricerca in bilico fra arti visive e suono, ma senza porre alcun veto nei confronti di altre esperienze. Come dimostra il lavoro qui presentato da Dreyblatt (conosciuto ai più come musicista e compositore sperimentale), che ritorna a Torino in veste di artista visivo della seconda generazione minimalista dopo l’intervento nella collettiva Découpage (f d), ospitata a febbraio in questo stesso luogo, con due opere già esistenti (The T Documents del 1992 e Flashbulb Memory del 2002) e con una creata appositamente per l’occasione.
Senza contare la già citata Memory Lost (che ricorda tanto il Paradise Lost di miltoniana memoria evocato con cognizione di causa dall’artista), nata in seguito ad un viaggio in Sicilia nel 2002 e conservata per tutto questo tempo fino a maturare la convinzione che fosse arrivato il momento giusto e un contesto consono per esporla.
In questa fotografia (prima in assoluto della propria carriera artistica), Dreyblatt immortala in uno scorcio assolato di Sciacca (Agrigento) il freddo tabellone elettronico momentaneamente fuoriuso che dovrebbe indicare la retrostante casa di riposo per anziani. Creando un potente contrasto tra il violento cromatismo del paesaggio siciliano e la sintetica luminosità del display, nonché un chiaro parallelismo tra blackout della memoria umana e malfunzionamento di quella informatica, l’artista statunitense introduce l’altro tema della mostra, espresso dal nuovo lavoro site specific Speak Stones. E, precisamente, quello che riguarda l’impossibilità della mente di archiviare un numero sempre più insostenibile di informazioni (a cui si tende sempre più spesso dare credito quasi indistintamente) reso attraverso la cosiddetta tecnologia “lenticolare”, in uso presso le aziende produttrici di cartellonistica pubblicitaria. Una tecnica congeniale al suo scopo di visualizzare questa costante perdita di dati da parte di un cervello affaticato e trasformato in docile e innocuo consumatore di messaggi subliminali.
L’installazione consiste di cinque testi (tratti da un antico trattato di Cicerone sui processi mnemonici utilizzati nell’arte oratoria) sovrapposti su nove fregi lapidei e scritti in latino che, pur sforzandosi di leggerli con attenzione e abnegazione, annebbiano la vista annullandosi vicendevolmente e vanificando ogni tentativo di comprensione. Il testo diventa così un’immagine, una superficie animata, una proiezione dei desideri e soprattutto della volontà del singolo fruitore di vederci chissà quale verità. Pura illusione.
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www.dreyblatt.net
claudia giraud
mostra visitata il 7 giugno 2007
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