Se non siete mai stati in una fabbrica abbandonata, vi siete persi un’occasione per vivere un’esperienza particolare. Non starò qui ad analizzare i motivi per cui questi reperti di archeologia industriale siano in grado di esercitare tanto fascino ma posso affermare che essi, ben si sposano con l’arte nelle sue varie forme – installazioni, performance, azioni e rappresenatzioni teatrali – e la mostra in corso presso le ex Ferriere Fiat di corso Mortara 7 a Torino ne è un’evidente dimostrazione.
Per un artista, chiaramente, i motivi sono innumerevoli: i grandi spazi gli permettono libertà di movimento e di espansione dell’opera mentre illuminazione particolare e scenografie “naturali”, creano automaticamente una cornice d’effetto che diventa quasi complementare all’opera stessa.
In effetti, le 24 installazioni realizzate dagli artisti in questa sede, sono tutte di dimensioni ragguardevoli e in alcuni casi, sfruttano e si integrano con le strutture esistenti nell’edificio come colonne, pareti, lunghe travi, ganci e grate o inferriate. Tra i tanti lavori presenti, tutti molto interessanti a livello propositivo e per la concettualità legata al discorso ecologico, basato sull’utilizzo di materiali riciclabili, non nocivi all’ambiente, ce ne sono alcuni che personalmente ho trovato emotivamente coinvolgenti e altri, in grado di stimolare la fantasia e l’immaginazione dell’osservatore malgrado siano basati su strutture semplici e non troppo elaborate.
Nel lavoro di Angelo Grassi, un muro costruito con assi di legno è in grado di trasmettere una sensazione di calore e di solidità in contrasto con il forte disagio provocato dalla visione di tre ceppi sradicati, appesi sulla sottostante distesa di terra. La sensazione di natura violentata è molto forte e quasi fastidiosa.
Evocativa e molto suggestiva, nonostante la sua apparente semplicità, “Chylonenge”, l’installazione di Lorenza Capitano e Cesare Catena (Gruppo RottamAzione). Le strutture verticali in Chylon, un nuovo materiale composto dall’unione di legno e plastica, sono posizionate a formare un circolo totemico al centro del quale è posta la “Chyloise longue”, sorta di scranno per la meditazione o forse, seggio sacrificale.
Poi il grande portale di Nespolo fatto con carta riciclata, il “racconto” di Marco Gastini che su grandi fogli di carta d’alghe sovrapposti, pone segni, disegni e i materiali consueti del suo tipico operare, il gigantesco origami tridimensionale di Kimitake Sato che rappresenta una rana gialla adagiata alla parete, il vascello di Casorati, composto da reti in cartone riusato, ….
Non me ne vogliate se lo spazio a disposizione non permette di descriverle tutte. Chi può recarsi a visitare questa mostra, avrà l’occasione per vedere il lavoro di molti artisti italiani ormai conosciuti a livello internazionale e di altri meno noti ma non meno interessanti e la possibilità di migliorare le proprie conoscenze rispetto al discorso ecologico e ambientale, ai materiali riciclabili, con l’ausilio dei pannelli didascalici posti al fianco di ogni installazione. Buona visione.
Bruno Panebarco
Mostra visitata l’1.06.2001
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