Ispirata originariamente al
Viaggio in Italia (1984) di
Ghirri,
Leone e
Velati,
Da Guarene all’Etna 1999-2009 compie dieci anni. Non si tratta
però solo di un anniversario: la collettiva è infatti l’occasione per tracciare
una mappatura del panorama italiano, una rappresentazione del nostro paese
attraverso le immagini. Un viaggio che, da nord a sud, ripercorre quanto accade
in Italia: socialmente, politicamente o anche solo individualmente.
Non sono assunti indiscutibili quelli proposti dai 35
artisti presenti nella rassegna, poiché l’esplorazione del mondo e dei suoi
paradossi è sempre aperta alla sua stessa messa in discussione, alla
responsabilità dello spettatore di scegliere in cosa riconoscersi o cosa
condividere.
Il tentativo, ad esempio, di mettere in luce il tempo
della speranza è proprio del lavoro di
Pino Musi. Tre spaccati in bianco e nero di
sale operatorie immortalate a fine intervento, dove nulla è stato modificato,
rivelano quanto è accaduto prima, non determinando però nessuna possibile
progressione. Un tempo congelato, in cui non si ha la percezione del futuro.
L’assenza di certezze, quelle che non permettono di
pensare al domani, caratterizza anche le fotografie di
Francesco Zucchetti. Le immagini del progetto
The
summer of our discontent, infatti, descrivono il passaggio al mondo adulto. Trasmettendo tutta
la loro insicurezza, i ragazzi ritratti sono ancora troppo fragili per esporsi
al mondo e fare scelte da adulti, ma sono già troppo grandi per esser
considerati bambini. Altre generazioni in bilico sono quelle delle
mamme-sorelle raccontate da
Donatella Di Cicco. La serie
Like sisters è composta da ritratti, anche
video, di giovani donne messe a confronto, la cui differenza viene però
esplicitata solo dalla numerazione dei titoli, che riportano l’età anagrafica
dei soggetti.
Interrogandosi inizialmente su cosa sia cambiato nel
nostro paese,
Francesco Jodice presenta
The Room, un’installazione “letterale” dell’Italia e di
cosa – al posto del cambiamento, poiché nulla in realtà è mutato – sia per
contro mancato. Ed è la trasmissione di pareri e critiche a esser latitante, la
consapevolezza di ciò che ci accade intorno; tutto ciò, nel lavoro di Jodice,
viene riassunto in ritagli di giornali in parte anneriti, simbolo dell’umore
dell’Italia in uno dei suoi momenti più oscuri per quanto riguarda
l’informazione.
Mentre le immagini di
Maria Luisa Calosso (la più giovane tra gli artisti
in mostra e
new entry rispetto
ai 34 colleghi già presenti nelle passate edizioni) ritraggono i muri spogli di
un appartamento prima del definitivo trasloco, e dunque sinonimo di addio, il
progetto di
Sabine Delafon esplora i temi dell’attesa e dell’identità durante il
periodo di maternità dell’artista stessa. E l’identità indagata non è solo
quella di una ragazza che sta per mutare il suo ruolo da donna a madre, ma
anche quella dell’autorialità delle fotografie, in un gioco di rimandi tra chi
è il soggetto che guarda e chi, invece, è l’oggetto dello sguardo. In questo
clima di sospensione bisognerebbe forse iniziare a ricostruire dal passato: a
ciò sembrano invitare le immagini di
Silvia Camporesi.
In ogni caso, rovine o macerie che siano, la fotografia è a
tutti gli effetti documento del presente, testimonianza della necessità di
raccontare. Senza le parole.
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bella porcheria!
articolo bellisssssimmmmoooooo!!! bello davvero.