Phillip Lai (Kuala Lumpur, 1969) pone al centro della sua ricerca la provvisorietà, lo scarto. La possibilità di invertire i punti di vista abituali permette di esaminare l’esistente sotto un diverso profilo, palesando la dimensione dell’effimero, segnata da dinamiche aleatorie. Lai afferma di “
essere interessato alle indeterminazioni dello spazio collettivo, dove le relazioni tra il soggetto e gli oggetti devono essere continuamente riconfigurate”. Nel suo lavoro, la componente concettuale si salda con una valenza sociale: nel passaggio dall’ideazione alla concretezza tangibile dell’opera vi è la ricerca di una consapevolezza insieme fisica e mentale, che si scontra con l’indeterminabile.
In questa prima personale presso la Galleria Franco Noero, Lai ha realizzato un’installazione site specific, il cui titolo
A Metal Bar Fell On Someone’s Head Or Something evidenzia l’idea della caduta come movimento che rende impossibile un equilibrio definitivo e individua nella barra metallica l’elemento ponderale. Lo spazio diventa una sorta di scenografia: nel momento in cui la percezione si fissa su un lavoro, ecco che il senso ultimo sfugge, viene sospinto verso una dilatazione semantica che porta a un cambiamento di ruolo.
Keynote è una costruzione realizzata con tubi in alluminio, rifiniti a mano dall’artista con grande precisione, montati come se si dovesse approntare un palcoscenico. Avvicinandosi si scoprono dettagli minimi: tra due morsetti è impigliato un brandello di stoffa, due strisce di gommapiuma sono imprigionate fra due tubi. La struttura è ideata pensando a un’azione performativa in cui l’attore reciti a testa in giù, in una forma di estremizzazione e di sfida alla legge gravitazionale. Un video documenta la performance realizzata in uno spazio londinese: lo sforzo si palesa in movimenti impercettibili, quasi raggelati, del viso.
Frontalmente rispetto a
Keynote è disposta la stampa fotografica
Untitled: un uomo e una donna sono ripresi all’interno di uno spazio pubblico, forse una palestra, le cui pareti sono rivestite di abiti e lenzuola; capi di abbigliamento giacciono sparsi a terra. Un luogo di frequentazione pubblica evidenzia, nella postura delle figure, riprese da tergo, solitudine e straniamento. Sul pavimento della sala, le lastre di compensato e la sabbia fine di
Find Random Places scandiscono lo spazio, offrendo un’idea di leggerezza e di impalpabilità. Il contrasto di levità e peso è evidente anche in
Untitled, costituito da barre di metallo di diverso spessore e dimensione poggiate su gommapiuma.
Sulla parete in fondo al corridoio di ingresso, lo spettatore è posto a confronto con
Untitled, un barile troncato che contiene il sedile di una nota sedia disegnata da
Robin Day, funzionale a un utilizzo di massa. Anche in questo caso, Lai evidenzia l’inversione dei ruoli, togliendo alla sedia la sua abituale connotazione e attribuendole una diversa funzione- non funzione all’interno di un contenitore industriale.
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confusi sarete voi, io la mostra l'ho vista. perciò, 2 palle voi, e moltiplicato x 2!
concordo, non confondete il lavoro con la recensione.
che due palle!
Non confonderei il lavoro con la recensione.
che palle! che moda! un altro artista dell'evanescenza che toglie funzionalità al prodotto/balocco modernista. e poi, eccolo ad evidenziare lo scarto, l'impalpabilità, evviva l'indeterminato, il fugace, la traccia. e che 2 palle, di nuovo!