In un’ala dello splendido castello di Rivara è allestito il primo appuntamento di un percorso d’indagine artistica dedicato alla Repubblica Ceca e a quella Slovacca, in occasione della Biennale di Praga.
Fragments.cz è il titolo della rassegna, in cui sono presenti opere di giovani artisti e, a voler sottolineare l’intento diacronico dell’evento, la “stanza” dedicata a
Vratislav Hlavaty (Nachod, 1934). Un autore significativo, attraverso le cui opere ci si può addentrare nello spirito extra-europeo di un Paese da noi geograficamente poco distante, ma che ha visto alternarsi importanti sconvolgimenti socio-politici, fin in tempi recenti.
La curatela incrociata di Franz Paludetto e Victor Cech presenta un campione variegato di artisti, il cui cuore è costituito dalle opere di Hlavaty.
Pomnenky stestí (
Felicità di margherite) è il titolo di un lavoro che si articola tra pittura, illustrazione, disegno e video, ricalcando le fasi che hanno segnato la sua produzione. L’
imprinting è rappresentato dall’occupazione russa, che Hlavaty visse in gioventù: il suo lavoro come illustratore di locandine cinematografiche, che gli diede la prima notorietà all’arrivo a Praga a quattordici anni, col tempo ha assorbito i tratti della polemica contro il regime. La “Primavera di Praga”, che aveva restituito un volto umano alle manifestazioni più ostili e opprimenti dell’occupazione, aveva agevolato la nascita di movimenti artistico-culturali come la F.A.M.U., l’Accademia del Cinema che coinvolse personaggi del calibro di Kundera e Kusturica.
Come tanti artisti militanti nell’area del blocco sovietico, Hlavaty usò l’arte come strumento di denuncia. Le sue opere assunsero le caratteristiche vignettistiche mutuate dalla cartellonistica giovanile, ma il tratto predominante della sua produzione divenne il gioco ambivalente con l’erotismo. Come illustrazioni di un fumetto, caricature del sistema politico, i personaggi che animano le sue scenette sono impegnati in un concitato gioco sessuale. Sono icone di disagio, strumento a volte blasfemo di un ritmo interiore profondamente alterato dalla repressione e, in ultimo, secca risposta alla censura.
A Rivara sono presenti anche alcuni video, prodotti fra il 1969 e il 2006, che ripercorrono le tematiche predominanti nel lavoro dell’artista, metafore sull’ostilità e sul conflitto armato e fantasie erotiche.
Ma come conciliare l’ambivalenza di queste associazioni? Che sia davvero una rivisitazione erotico e tragicomica del
memento mori dell’arte nello spirare della creatività? Dando un’occhiata alle foto esposte sul grande tavolo al centro della sala si può forse comprendere come, nello spasmodico anelito a un
“orgasmo cosmico”, si celi la volontà di perpetrare il seme della vita. Anche quando l’idea stessa di esistenza diventa fonte di angoscia e spinta all’abbandono.