Il nome
di
Bruce Nauman (Forth Wayne, Indiana, 1941) è fondamentalmente associato ai lavori realizzati
negli anni ’60 con video e tubi al neon.
In
realtĂ , la sua ricerca spazia in diversi ambiti, dalla scultura
all’installazione, dal disegno al film, ed è contrassegnata da una forte
matrice concettuale, che mira a una realizzazione “noetica”. Il suo percorso
procede per trasversalità , così che è difficile individuarvi un filo conduttore
univoco. Sono piuttosto presenti diverse articolazioni, che mirano a porre in evidenza
la complessità dei significati latenti dell’esistenza.
L’opera
è per l’artista americano un progetto aperto, che cresce e diviene dentro la
realtà . L’attenzione dev’essere rivolta alle relazioni fra interno ed esterno,
privato e pubblico, ai messaggi sociopolitici che sono implicati dal contesto
nel quale l’individuo è collocato. Basti pensare ad alcuni lavori degli anni
’70, quali
Eat/Death, dove la contrapposizione dura dei termini evoca la violenza insita
nella societĂ , per rendersi conto della forza del suo messaggio.
Riproporre
lavori storici di Nauman significa dunque sottolineare a distanza l’attualitĂ
della sua intuizione, in una società , qual è quella contemporanea, stravolta da
una comunicazione omologata e superficiale.
In
mostra è presentata un’ampia rassegna di lavori grafici, alcuni disegni
propedeutici a installazioni, e un video.
Il
disegno non è solo un appunto di lavoro; rappresenta un vero e proprio
progetto, un complemento dell’opera, vive di un’autonomia intrinseca, come
dimostrano
Study for Diamond Mind II e
Study for Consumate Mask of Rock, preparatori a un’installazione
di gruppi di scultura in pietra, di forma romboidale, dove vengono analizzati i
possibili equilibri tra elementi geometrici e spazialitĂ .
Le
opere grafiche sono “fogli” di un diario interiore, volto a captare indizi
dalla realtĂ : il segno possiede una forza coinvolgente. Fra i lavori proposti,
si evidenziano quelli caratterizzati da dicotomie lessicali, quali
Pearl Masque.
Il
video
Sound for Mapping the Studio Model (The video) (2001) propone una mappa
dell’atelier dell’artista, esaminato da sette punti di vista differenti, a
seconda dello spostamento della macchina da presa. Sono soprattutto le
relazioni mentali che s’instaurano fra oggetti e spazio, spazio fisico e suono,
a catalizzare la scena.
A
Nauman interessa in prima istanza evidenziare, ripetiamo, le relazioni fra
esterno e interno. In questo modo, anche i dettagli minimi – quali una colonia
di scarafaggi, un topo che attraversa la stanza, la polvere accumulata sugli
oggetti – acquistano una rilevanza peculiare.