L’anno dedicato alla donna prosegue alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con la rassegna D-segni a cura di Ilaria Bonacossa in cui la tecnica del disegno nella sua valenza progettuale o autonoma diventa il punto focale e di condivisione per riunire, in quattro mostre, altrettante giovani artiste emergenti.
Si parte con l’americana, ma ormai eporediese d’adozione, Marguerite Kahrl che utilizza eterogenee tecniche (inchiostro, acquerello, gouache, olio) per realizzare i suoi universi figurativi popolati da futuristiche architetture pseudo-industriali e da surreali personaggi antropo/zoo-morfi. In questo mondo rievocante la pittura di Bosch, si materializzano alcuni cerchi disegnati come una sorta di fumetto. Servono ad illustrare il pensiero fugace delle diverse figure; ed è proprio l’elemento cerchio che diventa per la Kahrl un modulo costruttivo privilegiato su cui sviluppare la sua opera: non esiste, anche nei disegni più piccoli e semplici presenti in mostra, una finalità preparatoria. Tutta la produzione è legata ad un ampio sviluppo modulare di una composizione che si potrebbe definire “diagrammatica”. Ne scaturisce una realtà figurata in cui convivono greggi di pecore e industrie, foreste popolate da svariate figurine, paesaggi di antenne che cedono il passo a dirigibili dal volto umano. L’allusione ecologica nei disegni dell’americana è assai palese, ma in questo caso non si esprime un giudizio negativo nei confronti dell’umanità, ma si propone una convivenza pacifica tra uomo e natura simboleggiata da questi personaggi ibridi, seppur, in virtù della loro natura, inquietanti.
La rassegna D-segni riprenderà con la romana Micol Assaël (gia presente alla mostra Exit di Bonami) più conosciuta al pubblico per le sue installazioni, in particolar modo per l’ultimo lavoro alla Biennale di Venezia nel Padiglione Zona. A Torino presenterà i suoi libri scientifici disegnati; seguiranno i lavori della giapponese Tabaimo (già presente a How latitudes become forms, sempre alla Sandretto) raffiguranti le icone della cultura giapponese realizzate con un tratto fumettistico lungi dalla realtà dei manga, ma più legato alla tradizione culturale nipponica. Si concluderà con i villaggi raffigurati dall’islandese Sigurdardottir realizzati come una sorta di complesso e labirintico grafico-scientifico.
Questa serie di mostre, insieme all’ottima video-rassegna “Visioni in viaggio” e alla prossima retrospettiva su Carol Rama, sembra far ben sperare sulle prossime attività culturali della Fondazione, dopo una serie di mostre poco incisive.
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pietro bussio
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