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Tutto fuorché mere cartoline turistiche in bianco e nero.
Merce in vendita per adornare spoglie pareti. La contemplazione placida e umile
della natura solletica i ricettori emozionali, stimola con suoni inudibili e
ammiccamenti impercettibili un processo d’indagine interiore regressiva che –
come per magia – fa affiorare preziose memorie ancestrali, beltà genuine,
bisogno di libertà. Restituisce consapevolezza, pace, semplici incanti perduti
che gli occhi alienati dagli eccessi della contemporaneità non sanno più cogliere.
Dopo aver documentato, attraverso i suoi celebri
reportage, la realtà cruda e fredda delle interminabili aree devastate dagli
orrori di Cernobyl, nonché di ospedali e penitenziari, questo è l’inebriante e
corroborante humus che nutre la solitaria ricerca ultima sul paesaggio di Jean
Gaumy
(Pontaillac, 1948; vive a Fécamp), acclamato fotografo appartenente alla
storica agenzia Magnum fondata nel ’47 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodge e David Seymour.
Alcuni pensatori asseriscono che gli oggetti, o più
semplicemente la materia, conservano all’interno della loro struttura
molecolare le tracce del passato che li ha circondati. Nel caso della natura
vergine immortalata da Gaumy, questo assunto non potrebbe essere più calzante.
Gli scatti presenti in mostra, circa quaranta, infondono profumo di betulle e
cascate (Febbraio 2007. Valle Varaita, sotto Sampeyre), di vento, radici, tetti di
“lose”, fieno e foschie, terra viva, legno umido, massi intiepiditi dal sole.
L’allestimento – integrato da poetiche note estrapolate
dai diari di viaggio dell’artista – fornisce almeno due chiavi di lettura ben
definite, seppur non antitetiche. Da un lato, come diapositive proiettate
lentamente in sequenza o appetibili molliche di pane lasciate cadere lungo un sentiero,
le stampe indicano un percorso da seguire atto a svelare habitat intimistici e
piccoli tesori silenti fatti di immagini senza tempo.
Dall’altro, le opere deliziano e sorprendono i cultori più
esigenti in virtù delle loro proprietà squisitamente artistiche, dovute a
un’eccellente tecnica votata alla cura del dettaglio e palesata da delicati
equilibri, forti contrasti cromatici, inquadrature e tagli atipici, frutto di
una paziente e mai pretenziosa attesa di apparizioni spontanee e inaspettate. Ghiaccio
abbacinante e misteriose zone d’ombra, linee e composizioni naturali che
strizzano l’occhio ai più seducenti lasciti di Pollock, e altresì paiono geometrie
dipinte, incisioni accurate, mosaici palpabili anziché lontani scenari.
Un gruppo di alberi con i rami ricoperti di neve sembra
quasi un argenteo soffione o una sconfinata e brulicante galassia. Lampi
elettrizzanti rimandano alla genesi di ogni forma di vita, prima di qualsiasi
tipo di avvelenamento, infezione e contaminazione, oppure a una suggestione che
rievoca fantasmi bonari, nostalgie individuali e collettive, antiche credenze e
superstizioni. Visioni dietro e dentro altre visioni.
articoli correlati
Gaumy
e l’Agenzia Magnum
Erwitt
in mostra a Roma
Suoni
e monti
sonia gallesio
mostra visitata il 27 marzo 2010
dal 20 marzo al 16 maggio 2010
Jean
Gaumy – Piemonte. La tentazione del paesaggio
Il Filatoio
Via Matteotti, 40 – 12023 Caraglio (CN)
Orario: da giovedì a sabato ore 14.30-19; domenica ore 10-19
Ingresso: intero € 4; ridotto € 2
Cataloghi D’aprés Nature
Info: tel. +39 0171618260; fax +39 0171610735; info@marcovaldo.it; www.marcovaldo.it
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