L’interesse per i fenomeni astrali era già stato al centro della prima personale di Pablo Vargas Lugo (Mexico City, 1968) da Maze nel 2002. E questa volta ritorna in un progetto articolato che punta a risolvere, attraverso l’osservazione e l’analisi della materia, l’aspirazione di ciò che è terreno a ricongiungersi alla grande costellazione dei misteri universali. Immaginando i desideri degli esseri umani come creature nascoste negli anfratti rocciosi della terra, possiamo avvicinarci alle tele di Lugo lasciandoci trasportare da un flusso che va dalla materia all’energia cosmica degli astri. In quest’ottica di superamento della forma e di ricerca “oltre la materia”, anche i crateri ombrosi della luna diventano custodi di fantasie e sogni. Come quando si fanno testimoni di quel gioco, che forse tutti hanno fatto una volta nella vita, di vedere disegnato, nelle notti di plenilunio, un pallido volto umano sulla superficie lunare.
Le opere in mostra a Torino presentano una varietà di approcci all’osservazione dei fenomeni naturali e astrali. Lugo propone un passaggio tra la realtà fisica della galleria e l’esplorazione un po’ fantastica e un po’ mistica di luoghi che sono -almeno ai più- sconosciuti. Ad aprire il percorso troviamo le tele sull’indagine della materia, un esperimento di ricerca paesaggistica che fa oscillare l’immaginazione tra una minuziosa resa naturalistica di massicci alpini sospesi nell’azzurro sordo dello sfondo, quasi a simulare una ripresa satellitare, e uno sguardo più ampio, che bruscamente stacca dal particolare e ci fa intuire la forma. Quest’ultima diventa contenitore, funge da espediente, crea ambiguità (figure astratte, antropomorfe). Lo stesso principio, questa volta però assecondato dalla tridimensionalità, domina la serie Sombras para cràteres, una riproduzione di ombre proiettate dai crateri
A sottolineare la stratificazione dei livelli di lettura di questa ricerca c’è un ulteriore oggetto, l’elemento che spezza il ritmo oscillatorio di proiezione dentro e fuori che domina il percorso. Una lavatrice blu si proietta fino al soffitto, in corrispondenza dello spazio vetrato che buca la continuità del tetto, metafora anche sonora, dettata dal ritmo incessante dell’oblò in funzione, che scandisce il tempo meccanico, terreno, e poi va oltre, fondendosi con l’eterno equilibrio astrale.
Il viaggio al centro della Terra non può concludersi se non nel cuore della galleria. Il mandala di sabbia, polvere modellata dal vento, è una morbida interpretazione sospesa tra scienza e ricerca spirituale del luogo dove un cuore palpita. Nel cratere di un vulcano come nella incessante ricerca di ricongiunzione col tutto.
elena ientile
mostra visitata il 2 maggio 2007
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