Da sempre rivolta alla ricerca di nuove generazioni di artisti, la galleria Francosoffiantino rimane fedele alla propria linea espositiva e scommette una volta di più sul talento di due giovani promettenti. Il primo, di ritorno dalla recentissima Art Basel a Basilea, si chiama Michael Beutler (Oldenburg, Germania, 1976) e, sulla scia di istanze concettuali ambientali, realizza un lavoro installativo vicino alla resa visiva dei Wall Drawings di Sol LeWitt. Dai quali si distingue indubbiamente per una minore vivacità cromatica e per una totale mancanza d’interesse nei confronti dei meccanismi combinatori, tanto cari invece all’artista americano. L’interesse di Beutler gravita invece intorno al concetto di funzionalità dello spazio architettonico, spazio che reinventa, adeguandosi ogni volta alla morfologia del luogo. Così, nel caso specifico di questa galleria, riduce il suo open space in blocchi compartimentati, innalzando delle pareti effimere che s’incastrano perfettamente al soffitto in modo da creare dei nuovi ambienti.
Ai quali accedere per mezzo di aperture via via più basse e quindi poco confortevoli per i visitatori, che si trovano costretti a piegarsi –non solo metaforicamente– alle condizioni imposte dall’artista. Pareti neanche troppo effimere, che richiedono lunghi tempi di preparazione, resi necessari dall’impasto di polvere di gesso e acqua per ottenere la scagliola. Su cui stendere, prima che il tutto s’indurisca, fogli di carta crespa imbevuti di colori acquerellati. E giungere al risultato finale di uno spazio completamente rinnovato e multicolore.
Petra Lindholm (Karis, Finlandia, 1973) ha invece a disposizione due grandi sale di un locale seminterrato. Nelle quali proietta dei video capaci di affondare lo spettatore in un pantano emotivo. Perché la visione di quelle immagini, supportate da musiche di cui è lei stessa autrice, comporta una discesa nelle terre remote del proprio io. Dove si rimane piacevolmente invischiati. Niente di trascendentale. Solo scene di una semplicità disarmante e proprio per questo incantevoli. Che mostrano dei gesti tanto quotidiani, come l’intimità di un abbraccio o la complicità di una carezza, in un modo tale da coinvolgere empaticamente. In un crescendo visivo che si adegua ritmicamente al salire della musica, ossessiva e dolcemente ipnotica, creatrice di sognanti paesaggi sonori alla maniera dei Goldfrapp.
Gruppo inglese appartenente alla scena musicale trip-hop, come anche Portishead, Massive Attack, Tricky, che unisce l’elettronica al canto jazzy di una fascinosa voce femminile. E qui, nei video della Lindholm quelle sonorità così silenziose non fanno altro che accentuare l’estrema poeticità delle immagini.
claudia giraud
mostra visitata il 15 giugno 2005
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