Kate Gilmore (Washington, 1975; vive a New York) si esprime attraverso il linguaggio del video e della performance per focalizzare la complessità delle situazioni esistenziali che pongono l’individuo a confronto con ostacoli, imprevisti, rischi. A questo scopo, idea e realizza ambienti la cui struttura genera difficoltà.
Nulla è semplice. Elementi grotteschi caratterizzano lo scenario reale: quanto più il soggetto si prefigge un obiettivo, tanto più si scontra con ostilità, chiamato a una sfida. Il corpo dell’artista diventa il fulcro di una lotta ardua, assume una fisicità pugnace, che contrasta in modo stridente con la ricercatezza dell’abbigliamento “bon ton”.
La mostra si articola in sette video, alcuni dei quali completati da un’installazione a pavimento. Il visitatore è accolto da
Come around (2009), lavoro realizzato per lo spazio e intitolato solo dopo la performance dell’inaugurazione. Gilmore ha aperto una breccia nella parete di cartongesso che ha costruito per dividere due ambienti: sul pavimento sono visibili macerie colorate di giallo e un paio di scarpe dal tacco alto, oggetto-residuo cultuale. In un angolo sono impilate balle di fieno, elemento ricorrente nella sua ricerca, che – attraverso questa installazione, documentata anche da un video – pone in primo piano il rapporto fra esterno e interno, invitando lo spettatore, come suggerisce il titolo, a superare l’ostacolo.
Nel video
Progress (2008), con un gesto estenuante l’artista dispone su una mensola calchi di secchi in gesso, tutti uguali, realizzati in una gamma cromatica che trascorre dal bianco al rosso, con un effetto intenso. In
Higher Horse (2008), Gilmore sta su un cumulo di mattoni di gesso, che vengono distrutti da due uomini provvisti di martello, in modo da costringerla a cercare continuamente un diverso equilibrio. Le macerie sono ammassate sul pavimento della galleria, come se fossero state catapultate fuori dallo schermo.
Nel secondo spazio,
Wallflower (2008) propone il rapporto tra piano superiore e piano inferiore, visualizzato attraverso una catasta di mobili che viene spostata da sopra a sotto, attraverso un buco. La provvisorietà dell’equilibrio è palesata da
Down the House (2008), dove un cumulo di mattoni e mobili è distrutto dai colpi di un martello; e da
Blue Ribbon (2008), balle di fieno impilate e fissate in modo provvisorio con un nastro blu per capelli.
Il lazo è, inizialmente, l’unico protagonista di
Before Going Under (2008): una corda che si muove vibrando e che lascia lo spettatore in sospeso. Fino a quando, inesorabile, trascina via Gilmore, nonostante il suo sforzo di sottrarvisi.