Va detto senza alcun indugio: la personale di Pierre Huyghe (Paris 1962) è memorabile. A Rivoli era intervenuto nel 2001 nella collettiva Form Follows Fiction; quello stesso anno aveva rappresentato la Francia in Biennale, aggiudicandosi il Premio Speciale della Giuria. Nel 2002, per citare solo un paio di recenti successi, ha partecipato a Documenta X e vinto lo Hugo Boss Prize.
Comme d’habitude, al Castello ha ideato un percorso assai caratterizzato, stravolgendo gli ambienti che ospitano temporaneamente una selezione delle sue opere. La “relazionalità” del suo fare artistico – per utilizzare un concetto venuto alla ribalta grazie all’opera di Nicolas Bourriaud e splendidamente esemplificato nella mostra Le Château de Turing (2003) – si esplicita sin dalla prima sala, ove è possibile entrare solo indossando copriscarpe in plastica azzurra. Qui è installata Float (Struttura sospesa per processione) (2004), che avvolge lo spazio in un’atmosfera eterea. Procedendo con cautela, attenti a non calpestare 06.00 pm (2000), mosaico di moquette che proietta ombre di una finestra inesistente, si osserva Sleeptalking (1998), realizzato in due versioni, che mette a confronto Sleep di Andy Warhol, la voce del protagonista John Giorno e l’attuale volto di quest’ultimo.
Avvolge nel buio la grande sala che contiene quattro video. Blanche-Neige Lucie (1997) è un’intervista a Lucie Dolène, doppiatrice francese di Biancaneve e vincitrice di una causa intentata alla Disney Voice Characters. Les Grands ensembles (1994-2001, con musiche dei Pan(a)Sonic e di Cédric Pigot) mostra due palazzoni anni ’70 che dialogano mediante un codice luminoso espresso dalle finestre illuminate dai televisori. Qui sta l’esempio delle posizioni esplicitamente politiche di Huyghe, come quando ironizzò situazionisticamente sull’ossessione securitaria in Dévoler (1994), performance in cui un uomo entra in luoghi di consumo e, anziché compiere un furto, al contrario lascia per esempio un libro in libreria. No Ghost Just a Shell (1999-2003) è un progetto sviluppato con Philippe Parreno: i due hanno acquistato i diritti di un personaggio manga e ne hanno affidato la figura a 16 artisti, realizzando loro stessi due “episodi”, Two Minutes Out of Time (2000) e One Million Kingdoms (2001). Un notevole esempio di lavoro collettivo e copyleft, già avviato con Timekeeper (1999), quando Huyghe mostrò la coesistenza degli artisti sulle pareti della Secessione viennese.
Infine, L’Expédition scintillante, Act 2. Untitled – Light Show (2002), il secondo di tre atti. Apice del lavoro sui sensi e sulla loro interrelazione, sulla sinestesia. A proposito de L’Auditorium (1998), Huyghe scriveva: “È possibile entrare in un’esposizione e sentire quello che non si è ancora visto”. Qui si tratta di una “montagna senza nome la cui topografia produce una musica sincronizzata a un gioco di luci”, “Yn’esperienza psichedelica. Un arcobaleno notturno”. La musica che accompagna la resa visibile del visionario è Gymnopédies (1888) di Erik Satie, orchestrata da Claude Debussy. Conclusione poetica e sognante per fermarsi qualche manciata di minuti in un’atmosfera assolutamente avulsa dalla dromocrazia contemporanea.
articoli correlati
Intervista a Pierre Huyghe
L’evento inaugurale… rimandato
marco enrico giacomelli
mostra visitata il 19 aprile 2004
Un ponte tra Italia e Stati Uniti: c'è tempo fino al 30 gennaio 2025 per partecipare alla nuova open call…
Ci lascia uno dei riferimenti dell’astrazione in Campania, con il suo minimalismo, rigorosamente geometrico, potentemente aggettante nella spazialità e nell’oggettualità.…
Una mostra interattiva per scoprire il proprio potenziale e il valore della condivisione: la Casa di The Human Safety Net…
Al Museo Nazionale di Monaco, la mostra dedicata all’artista portoghese Francisco Tropa indaga il desiderio recondito dell’arte, tra sculture, proiezioni…
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Visualizza commenti
Ann Lee non è un personaggio MANGA ma un personaggio (scartato) di un videogioco giapponese.
Grazie per la segnalazione, Seto. Ann Lee, mi permetto di aggiungere, in effetti è un avatar pensato per l'animazione in genere. Ed è ispirata a un personaggio dei manga, come racconta Pierre in un testo che se non ricordo male è in catalogo.