21 novembre 2007

fino al 19.I.2008 Fratelli Calgaro Torino, Dieffe

 
La galleria non è più bianca. Alle pareti si fanno largo scatti lucidi. Rebus senza soluzione. Rossi di panneggi teatrali. Bianchi vestiti di spose. Pellicce di animali impagliati. Facce umane dentro trofei di caccia. Una personale che apre la vista su un mondo. Sull’imprevisto della verità...

di

Osservate l’accento con cui un uomo pronuncia la parola verità. Giusto la verità è verità. L’inflessione di sicurezza, il fiato che spreca e come lo dosa quando vaneggia. Alitando in punta di piedi sulla ruvida vetrata della verità. Notate lo stato di riserva che ci mette, l’aria di chi ci crede o di chi ne dubita, e sarete informati sulla natura delle sue opinioni. Sarete immediatamente partecipi della qualità di quel che ormai non ha più nome. Del suo spirito. Eppure, non si trova parola più vuota, nonostante tutti ne facciano un ideale che legittima e suggella. La verità come significato univoco, vista verticale, onnipossente sulla realtà. Gli uomini ne trasformano il nonsenso in un criterio che diventa il fine ultimo del pensiero. È questa la sola superstizione che legittima la scelta più comune. Che la verità raminga, inaccessibile, irraggiungibile e per nulla servizievole sia comunque importante. Perché, a tutti i costi, da qualche parte e per qualche ragione, è necessario credere che la verità, se esiste, accada. Possibile e mai certa.
Alla Fratelli Calgaro (fondata da Beppe Calgaro nel 2003) la vera verità sono gli occhi chiusi. Fratelli Calgaro - Rosso Prealpi - 2006 - stampa fotografica su alluminio - cm 145x123Quel duo oculare che, instancabile, cerca proprio e soltanto in un punto. Laddove non c’è che buio. Quando poi si spalancano le ciglia, quando si decide di guardare davvero, allora la visione deve necessariamente ingannare la logica. Come a dimostrare che questo è il vero, in galleria compaiono una dozzina di scatti, di grandi dimensioni. Dentro ogni cornice, scura e spessa, si aprono, divaricate, finestre a metà. Mezze allucinazioni proiettate su set di moda e mezze parodie inscenate sugli stati di equilibrio.
Chi visita lo Slap Club (il “club dell’affronto”, da mettere forse in relazione con il primigenio Fight club) si tenga pronto a una serie di slice of (fake) life. Ogni immagine è un palco a sé, una quinta sottratta al bilico di sottili, borghesi, composti nonsense. È inutile affaticarsi a cercare la salvezza, quell’indulgenza prevista nella pace della soluzione (Rosso Prealpi). È impensabile cercare di raccapezzarsi nelle volute delle citazioni (si vedano i manierismi alla Guy Bordin in Weddingcrash II). È più semplice lusingarsi del fatto che la rivelazione del vero si trovi comunque fuoricampo (To our cousin Terry II). Al di là dei dettagli indagatori, ben oltre gli indizi seminati sulle scene del crimine dai Fratelli Calgaro.
Dunque, se vi venisse in mente qualche domanda, non lasciatevi ingannare da quello che troverete. Dai panneggi, rossi. Dalle ballerine di paillette, rosse anche loro. Dagli sguardi sardonici, lanciati da pelosi transgender. Dai mazzi di rose, a mazzi appassite. Dai trofei umani di caccia alla femmina. Dalle impiccagioni a brache calate o dalle tracce di sangue allo sciroppo d’amarena Fabbri.
Fratelli Calgaro - Wedding crash II - 2006 - c-print su alluminio - cm 99x121
Lasciatevi colpire dalla speranza dell’insensatezza. Dalla luce che affumica i primi piani. Dalla fragrante porosità dei tappeti di pelo bianco e da quella voce che urla ovunque. Dentro ogni personaggio ritratto dai Fratelli Calgaro. Una voce in segno di un qualcosa mai successo. Capitato, in fondo, per non essere ascoltato.

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ginevra bria
mostra visitata il 10 novembre 2007


dal 10 novembre 2007 al 19 gennaio 2008
Fratelli Calgaro – Slap Club
a cura di Luca Beatrice
Dieffe Arte Contemporanea
Via Porta Palatina, 9 (zona Duomo) – 10121 Torino
Orario: da lunedì a sabato ore 16-19.30
Ingresso libero
Catalogo Vanilla
Info: tel. +39 0114362372; info@galleriadieffe.com; www.galleriadieffe.com

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1 commento

  1. “Gli uomini ne trasformano il nonsenso in un criterio che diventa il fine ultimo del pensiero. È questa la sola superstizione che legittima la scelta più comune”.

    io rifletterei un po’ di più prima di scrivere,

    un vero delirio

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