Di
Paolo Grassino (Torino, 1967) ci viene alla mente un progetto di forte impatto, realizzato alcuni anni fa in una ex fabbrica di rotative. Il titolo,
Fresh Kills, era prelevato direttamente dal nome del deposito di rifiuti newyorchese, riaperto per far spazio alle macerie delle Torri gemelle. Grassino voleva porre in evidenza il fatto che da âogni fine nasce sempre qualcosaâ. La realtĂ appare dunque segnata da trasformazioni incessanti, che prevedono complesse combinazioni di elementi naturali e artificiali. Il suo è un lavoro che spiazza lo spettatore: non vi è mai nulla di statico, il cambiamento è colto nella dimensione dellâeffimero, del transitorio, con unâaggressivitĂ visiva che costringe a far parte del gioco.
Queste sensazioni si manifestano anche addentrandosi nel percorso della mostra
SemilibertĂ . Il titolo stesso allude a una condizione indefinita, segnata dallâambiguitĂ , e induce a riflettere sulla situazione dellâuomo contemporaneo, il cui modo di comunicare, di rapportarsi con la realtĂ , è caratterizzato proprio da una âsemilibertĂ â che si palesa nel dominio della ridondanza e dellâeccesso, nei continui compromessi. Dallâingresso, su una parete del quale è disposta una
Gabbia che assomiglia a un intrico di vegetazione, lo spettatore vede, nella sala centrale, tubi tesi orizzontalmente, ed è catturato da un sottofondo sonoro penetrante. Avvicinandosi, si rende conto di come la stanza sia attraversata da sbarre in alluminio: tese in parallelo da una parete allâaltra, costituiscono una vera e propria barriera che costringe a tornare indietro e a trovare un percorso alternativo. Ci si sente in trappola ed è necessario rimettersi in gioco.
Nella sala a destra ci sâimbatte in due corpi disposti parallelamente, a breve distanza, trapassati da tubi di alluminio: quel che può apparire un sostegno, in realtĂ trafigge lâuomo, bloccandolo in una situazione statica, paralizzante. La stessa che si percepisce osservando la
Madre, disposta sul pavimento, in un groviglio di ramificazioni proliferanti, di colore rosso, in cera (a differenza delle ramificazioni a parete, in metallo) come il sangue che è sintomo di vita e energia; ma che, in questo caso, pare essere completamente uscito dal corpo per avvolgerlo in una spira mortale. Nellâultima sala si è posti a confronto con
Travasi. Due figure, lâuna eretta, lâaltra seduta, paiono svuotate della linfa vitale, ridotte a presenze fatiscenti, nere come la voragine dellâassenza; sul loro volto fiorisce una corolla di piccoli imbuti: un travaso di pensieri, una mancanza di immaginazione e di fantasia, lâinanitĂ della comunicazione.
Completano la mostra alcuni acrilici su carta:
Cuore,
Mani,
Braccia, un viluppo di segni che si accartocciano, sâintrecciano, si saturano, suggerendo lâidea di apertura e chiusura al contempo. Paradossi sui quali Grassino solleva ipotesi inquietanti.