Non tutti sanno che
François-Xavier Fabre (Montpellier, 1766-1837) è l’autore di due ritratti molto noti. Quello di Vittorio Alfieri (1797), con lo sguardo concentrato, posa solenne, un gran mantello rosso, capolavoro di colorismo, e quello di Ugo Foscolo (1813), il cui viso mosso da un accentuato chiaroscuro emerge da uno sfondo tempestoso. Due opere diverse, dipinte a distanza di anni: neoclassico nel segno da
David il ritratto di Alfieri, già protoromantico -forse malgrado le intenzioni dell’autore- quello di Foscolo.
Meno conosciuto di alcuni dei suoi quadri è il nome di Fabre, che fu allievo di David e vinse nel 1787 il
Grand Prix, prestigiosa borsa di studio che apriva le porte dell’Accademia di Francia a Roma. La rivoluzione del 1789 e alcuni fortunati incontri (in particolare a Firenze quello con Alfieri e la sua compagna, la contessa d’Albany) cambiarono le carte del destino di Fabre. Non rientrò mai stabilmente a Parigi, rimase a lungo in Italia: Roma, Napoli e infine Firenze, dal 1793 al 1824, città cosmopolita, punto d’incontro di aristocratici, artisti e letterati europei che si rifugiavano nel moderato Granducato per sfuggire al caos della rivoluzione e della successiva restaurazione.
Non è stato un genio, Fabre, che si mosse nel solco tracciato da David, ma non fu neppure un “
pittore di poca importanza”, come lo definì Stendhal.
La rassegna, molto ben allestita, offre un’immagine completa dell’opera di quest’artista, che avrebbe voluto essere pittore di storia ma fu un dotato ritrattista e dipinse alcuni sorprendenti paesaggi:
Veduta di Firenze dalla riva nord dell’Arno è una delle più suggestive opere in mostra, con le colline velate di grigio e una luce trasparente e azzurrina.
La precisione del disegno e l’uso raffinato del colore sono le principali attrattive di Fabre. I quadri di storia sono solenni e teatrali; il pittore indulge nella descrizione delle anatomie (
La morte di Socrate) tipica dell’allievo d’Accademia e accentua gesti ed espressioni drammatiche (
Visione di Saul). Merita di essere citato
Il ritorno di Ulisse per il gioco di luci, il gesto semplice ed eloquente di Ulisse, lo sguardo intenso della nutrice.
Il meglio di sé lo dà nei ritratti: alla Gam si dispiega una galleria di aristocratici, generali, dame eleganti e bambini. Fabre ha quello stesso gusto per dipingere foulard annodati e colorate cravatte di seta che sarà di
Ingres, un’attenzione per i dettagli alla moda,
jabot pieghettati e stoffe preziose. La cravatta arancione di Canova -un ritratto incantevole, quello dello scultore-, il prezioso scialle della contessa Skotnicka, il
volant bianco su bianco della camicia di Foscolo sono solo alcuni esempi dell’abilità di Fabre. Che sa abbandonare la rigidità accademica e infondere intensità psicologica al soggetto; nel ritratto di Canova, vivacissimo, nel sorriso accattivante del commerciante Ferrandy, nello sguardo intenso di un giovane Alfieri dipinto nel 1793.
Di sé Fabre ha lasciato pochi autoritratti: due sono presenti in mostra. Nel primo, giovanissimo, ha uno sguardo diffidente e tenace; nell’altro è ormai anziano, con la stessa determinazione negli occhi ma un’espressione malinconica sullo sfondo di nuvoloni grigi. Una sorta di testamento artistico che spetta a noi interpretare.