Lacrimogeni: dispositivi esplosivi, inducenti la lacrimazione. Attraverso il pianto istigato e obbligato, metaforicamente invitano alla riflessione, alla presa di coscienza. Di una realtà sociale ormai alienata, attaccata con violenza, trasversalmente, da decine di fronti percepibili ma al contempo nebulosi, semi-oscuri rispetto alle loro minacciose potenzialità d’impatto. Virus brulicanti attecchiscono nella psiche individuale e collettiva: massificazione, distruzione generata dal progresso, incertezza economica, religiosità utopistica, arroganza, scetticismo. Ma anche indifferenza fra le mura domestiche, solitudine, disagio emotivo, malattia (
Gaudium et Spes).
Francesco Lauretta (Ispica, Ragusa, 1964; vive a Firenze), sempre traendo ispirazione dalla sua terra d’origine, traspone in arte tutto questo, utilizzando ogni mezzo espressivo a sua disposizione: pittura, video, installazioni, performance.
Circondata da una nutrita serie di piccole tavole illustranti geometrie piramidali su fondi rossi, ocra, blu e neri, dedicata al significato intrinseco della preghiera (
Disegni dell’Ave Maria), su parete si staglia, pacifica e destabilizzante al tempo stesso, una delle ampie tele a olio quasi iperrealiste selezionate per l’evento torinese. Una Madonna si erge come un totem, filiforme collo d’imbuto catalizzatore, sopra un altarino circondato da fiori. Al centro di una porzione di carreggiata di periferia desolante, silente, delimitata da un muro con scritte e graffiti, con a lato cartelli stradali e alla base mucchietti di rifiuti. Una collina di vegetazione giallastra sotto un cielo terso fa da sfondo all’intero scorcio.
La figura sacra ed emblematica della Vergine viene riproposta più volte, sia sotto forma di scultura di cioccolato costellata di
Codette zuccherine multicolori, sia circonfusa da un’aura barocca, con il volto paffuto di giovane incoronata e riccioluta, dipinta in splendide varianti di grigio (
Carillon). A terra, sotto di essa, tutt’altro che minaccioso nonostante il significato iconografico scivola un serpente tentatore, intessuto a maglia. Una sorta di oblunga calza che termina con una confortevole babbuccia. Un lascito in loco verosimilmente scherzoso, divertito e divertente, ludico, smitizzante, similmente ai due grandi palloncini trasparenti, tenuti ancorati al suolo da nastri vermigli.
Per contro, melanconica e rarefatta è l’atmosfera che si respira osservando
Paesaggio rosa con nuvole, un angolo cittadino all’alba, spoglio e decadente come se fosse appena avvenuta una retata, con alcune sagome che, in sordina, accennano a riemergere dagli interni delle loro case.
Per Lauretta questa è una mostra rivolta a chi possiede
Occhisenzasonno, occhi che non riescono ad abbandonarsi al riposo per tutto ciò che hanno visto ma che, nonostante tutto, devono perseverare, continuare a rimanere aperti, per mantenere il contatto con la realtà. Con coraggio, autocritica, ironica saggezza.